Ricercatori della University of Florida e della The Johns Hopkins University segnalano sull'ultimo numero di The Journal of Neuroscience che hanno sviluppato una linea di topi geneticamente modificati che modellano le prime fasi dell'Alzheimer.
Questo modello può aiutare gli scienziati a identificare nuove terapie per fornire sollievo ai pazienti che stanno cominciando ad avere sintomi.
"Lo sviluppo di questo modello potrebbe aiutare gli scienziati a identificare nuovi modi per migliorare le funzioni cerebrali dei pazienti nelle fasi iniziali della malattia", scrive David Borchelt, professore di neuroscienze al "F. Evelyn e William L. McKnight" Brain Institute della UF e direttore del SantaFe HealthCare Alzheimer Disease Research Center. "Queste terapie potrebbero preservare la funzione cerebrale più a lungo e ritardare la comparsa di sintomi più gravi che lasciano i pazienti incapaci di badare a loro stessi".
Nelle fasi iniziali dell'Alzheimer, le persone lottano, e non riescono a imparare, nuovi giochi, regole o tecnologie in quanto diminuisce la loro flessibilità cognitiva. La malattia degenerativa continua con la perdita di memoria e il declino di altre funzioni cerebrali.
I ricercatori hanno lavorato con topi con frammenti genici appositamente progettati, derivati da batteri e da esseri umani, che hanno permesso agli investigatori di controllare la produzione di un piccolo peptide, l'amiloide-beta, una catena corta di amminoacidi. Accumuli di questo peptide particolare nel cervello, lesioni chiamate placche, sono presenti molto presto nella progressione dell'Alzheimer e sembrano innescare i primi problemi di memoria.
Il team ha regolato l'espressione del peptide utilizzando antibiotici: quando gli animali smettono di prendere l'antibiotico, il gene che produce il peptide si attiva e induce i topi a sviluppare le placche tipiche dei pazienti di Alzheimer. Dopo che i topi avevano sviluppato la patologia di Alzheimer, i ricercatori hanno rispento il gene e hanno osservato che i topi mostrano problemi di memoria persistenti che ricordano le fasi iniziali della malattia. "Questo modello può essere utile ai ricercatori per testare farmaci contro i sintomi dell'Alzheimer iniziale", conclude Borchelt.
La ricerca è stata finanziata dal National Institute of Neurological Disease and Stroke del National Institutes of Health, e dal SantaFe HealthCare Alzheimer's Disease Research Center della University of Florida.
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Fonte: University of Florida. Articolo originale scritto da Melissa Blouin.
Riferimento: T. Melnikova, S. Fromholt, H. Kim, D. Lee, G. Xu, A. Price, BD Moore, TE Golde, KM Felsenstein, A. Savonenko, DR Borchelt. Reversible Pathologic and Cognitive Phenotypes in an Inducible Model of Alzheimer-Amyloidosis. Journal of Neuroscience, 2013; 33 (9): 3765 DOI: 10.1523/JNEUROSCI.4251-12.2013.
Pubblicato in ScienceDaily il 28 Febbraio 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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