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Il punto sullo sviluppo dei farmaci per l'Alzheimer

L'Alzheimer è un ladro. Ruba agli anziani una vita di esperienze e ricordi e toglie anche ai loro figli e agli altri cari i benefici della loro saggezza. Snerva i portafogli delle famiglie, e lascia molte persone emotivamente svuotate nel vedere i propri anziani scomparire lentamente in se stessi.

Secondo la Alzheimer's Association, i decessi attribuiti alla malattia sono aumentati di oltre il 46 per cento tra il 2000 e il 2006. Oggi, solo negli Stati Uniti, hanno l'Alzheimer 5,3 milioni di persone, con un costo annuale di 172 miliardi di dollari. E' la sesta causa di morte e il tasso di mortalità aumenterà con l'invecchiamento della popolazione dei baby boomers [nati negli anni 50'/60']. Ora, che risposte nuove vengono dalla scienza medica? In realtà, ci sono buone e cattive notizie.

Prima la cattiva notizia: non esiste una cura. Non c'è nemmeno un completo accordo circa la sua causa. Vi è un consenso generale che sono da biasimare le placche extracellulari di beta-amiloide (Aß) e i grovigli intraneuronali nel cervello. I farmaci in via di sviluppo puntano a queste placche. Ma, nella migliore delle ipotesi, tengono a bada i sintomi temporaneamente.

Ora, la buona notizia: la ricerca sui biomarcatori sta rendendo sempre più possibile determinare se una persona può sviluppare l'Alzheimer, forse anche con decenni di anticipo. Quanto prima la malattia è diagnosticata, migliore è la probabilità di ritardarne i sintomi, o almeno di prepararsi. Si potrebbe controbattere tuttavia, che questa capacità di rilevarla è di per sé uno scenario sia di buone che di cattive notizie.

Ma, questioni filosofiche appiccicose a parte, il progresso della medicina marcia nel suo solito modo barcollante: molti errori mescolati con qualche progresso. Ecco una carrellata di quello che c'è sul mercato, i fallimenti recenti della ricerca sui farmaci, le prospettive degli sviluppi e le ricerche più recenti dalla trincea del laboratorio.

Già nel mercato

  • Galantamina (Razadyne, Nivalin)
    Questo farmaco fa parte della classe di farmaci di Alzheimer chiamati inibitori della colinesterasi, che sono prescritti per sintomi da lievi a moderati. Il Razadyne è commercializzato dalla Ortho-McNeil Janssen Pharmaceuticals. La Sopharma, con sede in Bulgaria, commercializza il Nivalin soprattutto in Europa orientale. L'azienda farmaceutica indiana Sun Pharmaceutical Industries ha recentemente ricevuto l'OK della FDA per vendere una versione generica di galantamina negli Stati Uniti. Il farmaco aiuta a ritardare i sintomi, o impedisce loro di peggiorare, per un tempo limitato.
  • Rivastigmina (Exelon)
    L'Exelon è commercializzato dalla Novartis, anche se ci sono equivalenti generici, compresi quelli commercializzati da Sandoz e Sun Pharmaceuticals. E' usato per il trattamento di demenza da lieve a moderata dovuta ad Alzheimer. Anche la Rivastigmina è un inibitore della colinesterasi. Una delle tante cose che l'Alzheimer fa al cervello è diminuire i livelli di acetilcolina, un messaggero chimico legato alla memoria. Gli inibitori delle colinesterasi migliorano l'efficacia dell'acetilcolina. Sfortunatamente, dato che il cervello produce meno acetilcolina con l'aggravamento dell'Alzheimer, i farmaci come la Rivastigmina possono perdere la loro efficacia con il tempo.
  • Donepezil (Aricept)
    Secondo la Mayo Clinic, il Donepezil è uno dei più prescritti inibitori della colinesterasi e è stato il primo ad offrire il dosaggio unico giornaliero. E' anche quello che offre la minore probabilità di produrre gravi effetti collaterali, dice la Mayo Clinic, e sembra essere in grado di rinviare temporaneamente lo sviluppo dell'Alzheimer nelle persone con decadimento cognitivo lieve (MCI), una condizione della memoria che può precedere l'Alzheimer. Il Donepezil è commercializzato con il nome Aricept dalla casa farmaceutica giapponese Eisai e dal partner Pfizer. La FDA sta ora esaminando una forma per applicazione esterna dell'Aricept da parte della Teikoku Pharma USA. L'Aricept è tra i maggiori brevetti scaduti nel 2010, e Roxane, Apotex e Aurobindo hanno presentato alternative del farmaco.
  • Memantina (Namenda)
    La Memantina, commercializzata con il marchio Namenda, aiuta a ritardare la progressione di alcuni sintomi associati con la forma moderata-grave di Alzheimer, permettendo ai pazienti di mantenere alcune funzioni - come usare da soli il bagno - un po' più a lungo. Il Namenda opera regolando il glutammato, una sostanza chimica cerebrale che può uccidere le cellule del cervello, se si accumula in quantità eccessiva. Poiché funziona in modo diverso rispetto agli inibitori delle colinesterasi, i due tipi di farmaci possono essere prescritti insieme. In generale, il Namenda è prescritto nelle fasi successive dell'Alzheimer. Il farmaco è commercializzato negli Stati Uniti da Forest Laboratories e Merz Pharmaceuticals. Una versione generica di Namenda è commercializzato negli Stati Uniti da Sun Pharmaceuticals.

Fallimenti

  • Semagecestat
    La Eli Lilly ha iniettato un sacco di risorse per il farmaco dell'Alzheimer semagacestat fino a quando sono arrivati i risultati degli studi clinici di Fase III. A quanto sembra, il farmaco ha peggiorato la condizione dei pazienti che lo assumeva. Così, nell'agosto 2010, la Lilly ha scritto il necrologio per il semagacestat e bloccato ogni sviluppo.
  • Dimebon
    La società biofarmaceutica Medivation è arrivata alla fase III con il suo farmaco di Alzheimer, Dimebon, prima che fallisse, rendendolo uno dei maggiori 10 fallimenti in Fase III del 2010. Il trattamento era in realtà un vecchio farmaco usato per trattare la febbre da fieno in Russia. La Medivation ha annunciato che il Dimebon non è riuscito a dimostrare una risposta statisticamente significativa rispetto al placebo. Il fallimento è stato una delusione per la comunità di Alzheimer e anche per la Pfizer, che aveva investito 115 milioni dollari in anticipo per avere la licenza della terapia.

In fase di test

  • Bapineuzumab
    Il Bapineuzumab è un anticorpo delle placche di beta-amiloide ritenute corresponsabili dell'Alzheimer. Il farmaco è co-sviluppato da Elan, Johnson & Johnson e Pfizer. Ci sono state alcune segnalazioni di edema cerebrale durante gli studi. Tuttavia, ci sono in corso 14 studi di Fase III con più di 10.000 pazienti e i risultati di alcuni studi completati potranno essere disponibili verso la fine del 2012.
  • Solanezumab
    Nonostante il fallimento del Semagacestat, la Eli Lilly sta esplorando un altro farmaco per l'Alzheimer, il solanezumab. Il farmaco è un altro anticorpo del beta-amiloide studiato come potenziale trattamento per rallentare la progressione della malattia nella fase lieve-moderata. La Eli Lilly ha segnalato che un paziente coinvolto in uno studio del solanezumab ha mostrato gonfiore temporaneo del cervello; tuttavia, non è ancora chiaro se al soggetto era stato somministrato il farmaco o un placebo. Il paziente è stato in grado di riprendere il trattamento dopo che il problema è scomparso.
  • Gantenerumab
    Le società tedesche Morphosys AG e Roche hanno utilizzato gli Morphosys HuCAL (Human Combinatorial Antibody Library) per isolare uno specifico anticorpo umano che potrebbe colpire e sciogliere le placche Aß. Gli studi preclinici mostrano che l'anticorpo gantenerumab di Morphosys/Roche ha la capacità di sciogliere queste placche in vitro. Ed è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica negli animali da laboratorio. Il Gantenerumab è attualmente nei trial clinici di Fase I, e si prevede che gli studi di fase II comincieranno a reclutare i pazienti nella prima metà del 2011.
  • Immunoglobuline
    La Baxter BioScience sta conducendo test per determinare se le immunoglobuline per via endovenosa (IGIV) possono rallentare la velocità o impedire il declino dei sintomi della demenza in individui con Alzheimer lieve-moderato. 
  • CERE-110
    La Ceregene sta facendo uno studio della capacità di trasporto del gene CERE-110 nei soggetti con Alzheimer lieve-moderato.

Ultime ricerche

Gran parte della ricerche correnti sull'Alzheimer è dedicato alla ricerca di biomarcatori per la diagnosi precoce. Capire le patologie che sottostanno all'Alzheimer, come la formazione delle placche amiloidi, significa acquisire un vantaggio di dieci anni nei confronti della malattia prima che inizi ad interessare la memoria.

  • GE Healthcare e Johnson & Johnson stanno collaborando a un nuovo progetto volto a trovare i biomarcatori pre-sintomatici per l'Alzheimer.
  • Nuove linee guida sono state sviluppate per identificare i biomarcatori attraverso scansioni cerebrali, MRI e prelievi spinali.
  • Takeda Pharmaceuticals e Zinfandel Pharmaceuticals si stanno mettendo insieme per vedere se si può convalidare un biomarcatore, chiamato TOMM40, come test per l'Alzheimer negli anziani con cognizione normale. Le due società studieranno il pioglitazone, un principio attivo della consociata Actos di Takeda (pioglitazone HCl), in connessione con il biomarcatore TOMM40 e l'Alzheimer.
  • L'Agenzia europea dei medicinali sta ora prendendo i commenti sul primo biomarcatore clinico che l'agenzia ha approvato per l'uso nell'uomo. L'EMA ha risposto favorevolmente sull'uso di due biomarcatori del liquido spinale cerebrale in studi clinici di pre-demenza di Alzheimer. I commenti, richiesti dalla Bristol-Myers Squibb, possono essere inviati fino al 23 marzo. I bassi livelli della proteina Aβ1-42 e gli alti livelli della proteina T-tau nel liquido cerebrospinale dei pazienti con lieve compromissione cognitiva sembrano legati ad un rischio maggiore di sviluppare demenza correlata all'Alzheimer.
  • E un nuovo marcatore per l'Alzheimer potrebbe indicare la strada ad un trattamento più efficace. Ricercatori del Gladstone Institute of Neurological Disease di San Francisco si sono concentrati su un neurotrasmettitore chiamato EphB2, che risulta impoverito nei pazienti. I ricercatori hanno scoperto che, quando tagliano il livello di EphB2 nei topi, questi sviluppano rapidamente il genere di problemi di memoria che affliggono i pazienti. E quando ripristinavano i livelli precedenti, i sintomi scomparivano.
  • E infine, poiché le cellule staminali fanno costantemente notizia in questi giorni in molti contesti, la versione per l'Alzheimer della storia arriva dalla Northwestern University Feinberg School of Medicine di Chicago, dove i ricercatori stanno studiando come utilizzare cellule staminali per sostituire i neuroni persi con l'Alzheimer. Una delle prime cose a andarsene nei malati di Alzheimer sono i neuroni colinergici del prosencefalo basale (BFCN), associati al deficit nell'apprendimentdo spaziale e di memoria. La morte di questi neuroni porta a problemi di recupero della memoria. Così, gli scienziati stanno osservando da vicino come sostituire i BFCN persi. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Stem Cell guarda al potenziale delle cellule staminali embrionali umane di essere trasformate in BFCN. Questi neuroni fatti in casa potrebbero essere utilizzati per testare eventuali farmaci per l'Alzheimer o potrebbero potenzialmente sostituire le cellule perse con l'Alzheimer.

 


Pubblicato su FierceBiotechResearch.com il 15 marzo 2011 Traduzione di Franco Pellizzari.

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Liberatoria: Questo articolo non si propone come terapia o dieta; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer Riese. I siti terzi raggiungibili dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente; in particolare si segnala la presenza frequente di una istituzione medica con base in Germania (xcell-Center) che propone la cura dell'Alzheimer con cellule staminali; la Società Tedesca di Neuroscienze ha più volte messo in guardia da questa proposta il cui effetto non è dimostrato. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

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