Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Tante 'scoperte', ma nessuna cura. Dove sono i farmaci per la demenza?

Spesso sentiamo parlare nei media di 'svolta nella demenza': nuovi geni scoperti, nuovi esami del sangue in fase di sviluppo, nuovi farmaci che vengono testati. Però, non c'è ancora una cura efficace o accessibile per la demenza. Questo è di grande frustrazione per le persone che hanno la malattia, per i loro caregiver e le persone care.


Due nuovi farmaci 'di svolta' sono apparsi nella stampa. Anche se oggi potrebbero non portare molto sollievo a chi ha la malattia, stiamo imparando di più sulla demenza e ci avviciniamo a un trattamento.

 

Qualche informazione sulla demenza

'Demenza' è un termine ombrello che descrive un gruppo di condizioni caratterizzate dalla perdita di funzione cerebrale. Ciò include la capacità di ricordare, pianificare e prendere decisioni. In Australia, è la seconda causa di morte e, per le donne, è la prima. L'età avanzata è il suo più grande fattore di rischio, ma la demenza non è una conseguenza inevitabile o normale dell'invecchiamento.


Fino al 70% di tutti i casi di demenza è attribuito al morbo di Alzheimer (MA). Altri tipi di demenza includono quella vascolare, la frontotemporale e quella da corpi di Lewy. Poiché il MA ne è la forma più comune, la maggior parte delle 'svolte sulla demenza' spesso si riferiscono a 'scoperte' per il MA.

 

Alla ricerca di trattamenti

Il MA impiega molto tempo per svilupparsi, fino a 30 anni o più. Per molto tempo, gli scienziati hanno capito poco della malattia, ma per sviluppare i farmaci giusti, è fondamentale avere gli strumenti giusti per capire come la malattia avanza. Negli ultimi 20 anni, le scoperte con le scansioni cerebrali, l'analisi dei fluidi cerebrali e, più di recente, gli esami del sangue, ci hanno permesso di misurare le proteine chiave del MA (amiloide e tau) nelle persone viventi. Ciò ha permesso agli scienziati di capire come si sviluppano queste proteine nel tempo. Siamo riusciti anche a chiarire quali fattori di rischio (età, sesso, genetica, ambiente, stile di vita) contribuiscono allo sviluppo del declino cognitivo e del MA. Ciò fornisce importanti approfondimenti su chi e cosa puntare.


Gli studi ora suggeriscono che il MA inizia con l'accumulo di amiloide nel cervello. Man mano che l'amiloide si accumula, inizia a svilupparsi la tau (ndt: per la precisione, a 'fosforilarsi' e poi a raggrupparsi, o 'accumularsi', all'interno dei neuroni). I ricercatori pensano che sia questo accumulo di tau che porta alla morte delle cellule cerebrali e al declino cognitivo. Alcuni scienziati si riferiscono all'amiloide come 'grilletto', poiché una volta che si tira il grilletto, parte il 'proiettile' tau. Fermare l'accumulo di amiloide o rimuoverla è diventato una strategia chiave nei tentativi di sviluppare farmaci per MA.

 

Due nuovi farmaci

Due farmaci che hanno ricevuto molta attenzione nelle ultime settimane sono l'aducanumab (Aduhelm) e il lecanemab. Entrambi i farmaci hanno mostrato una sostanziale riduzione dell'amiloide nel cervello. Ma è molto meno chiaro se questa riduzione dell'amiloide ha dato un beneficio significativo alla memoria e al pensiero. In due studi sull'aducanumab, i pazienti non hanno mostrato alcun beneficio significativo. Ma sei mesi dopo, il suo produttore Biogen ha rilasciato e successivamente pubblicato nuovi dati secondo i quali i partecipanti con la dose più alta hanno avuto un declino cognitivo più lento del 22% rispetto a qualli sul placebo. La FDA ha concesso l'approvazione accelerata all'aducanumab per gli USA, poiché pensava che il farmaco avrebbe migliorato o rallentato i sintomi di MA.


Di recente, le compagnie farmaceutiche Eisai e Biogen hanno annunciato i risultati di una sperimentazione sul lecanemab. Circa 1.800 partecipanti con i MA iniziale hanno avuto il farmaco o un placebo per 18 mesi. C'è stata una riduzione dei livelli di amiloide cerebrale e tau in coloro che hanno assunto il farmaco rispetto ai partecipanti sul placebo. È importante sottolineare che il lecanemab ha provocato un calo più lento del 27% nella memoria e nella capacità di pensiero, accompagnato da una maggiore qualità della vita, come riportato dai partecipanti e dai loro caregiver.


Ciò si traduce in un beneficio di circa 6 mesi nella memoria e nella capacità di pensiero. Questo non è molto. Inoltre, sono state sollevate domande sul fatto che il farmaco possa essere meno efficace per le persone con un rischio maggiore di MA, comprese quelle con certi geni, le donne e le popolazioni diverse per cultura e lingua. Ci sono anche sostanziali effetti collaterali legati a entrambi i farmaci. Di maggior preoccupazione sono il gonfiore del cervello e i piccoli sanguinamenti cerebrali rilevati sulle scansioni cerebrali. Questi sono stati osservati nel 21-40% dei partecipanti. Il rischio di questi effetti collaterali dovrà essere oggetto di discussione importante tra i pazienti, le loro famiglie e i loro medici.


Un'altra considerazione è il costo. Il prezzo del lecanemab non è ancora stato annunciato, ma l'aducanumab costa 28.200 U$D per paziente all'anno, con altri costi per le scansioni del cervello che monitorano gli effetti collaterali. Ciò rende inaccessibile, senza rimborso pubblico, la terapia alla maggior parte delle persone. Dobbiamo considerare anche le conseguenze derivanti dall'eventuale disponibilità del farmaco nell'ambito del sistema sanitario australiano: circa 150.000 persone con MA lieve sarebbero attualmente idonee per l'aducanumab, se fosse disponibile. Se tutte queste persone ricevessero il farmaco, la spesa per la sanità pubblica aumenterebbe del 50%.


Le aziende che sviluppano farmaci devono fornire prove della loro efficacia alle autorità sanitarie del governo in ogni paese in cui intendono renderlo disponibile. L'organo di governo in Australia è la Therapeutic Goods Administration, che non ha ancora preso in considerazione alcuno dei due farmaci.

 

Allora perché tutte le scoperte, e ancora nessuna cura?

Da quando Alois Alzheimer ha descritto per la prima volta nel 1906 una "malattia insolita della corteccia cerebrale", abbiamo imparato molto sulla malattia e sulla sua progressione. Ma resta ancora molta strada da fare. Poiché i sintomi di MA richiedono decenni per svilupparsi, studiare e monitorare i cambiamenti cerebrali e cognitivi dall'inizio della malattia è stato difficile. Oltre all'amiloide e alla tau, una serie di altri fattori biologici, genetici, di vita e ambientali possono contribuire alla malattia.


È improbabile che uno di questi fattori da solo possa spiegare completamente perché qualcuno sviluppa la malattia. È probabile che la malattia si manifesti quando molti di questi fattori di rischio si uniscono. Ad esempio, qualcuno con una predisposizione genetica può avere maggiori probabilità di sviluppare la malattia di fronte a una cattiva salute cardiovascolare. Sbrogliare il contributo di questi fattori di rischio può essere impegnativo. Questo è il motivo per cui un gran numero di persone è spesso tenuto a partecipare alla ricerca. Data la prevalenza della malattia nella comunità, ogni progresso è visto come degno di nota. E da un punto di vista scientifico, lo è.


Tuttavia, questi risultati, o 'scoperte', non sono stati sufficienti per offrire sollievo alle persone con MA o alle loro famiglie, per le quali la vita diventa ogni giorno più dura. Le loro speranze sono frustrate quando le 'scoperte' segnalate non si traducono in una cura o in un trattamento efficace.


Ora abbiamo più farmaci che mostrano un certo effetto nel rallentare il deterioramento della memoria, ma gli effetti sono piccoli. I risultati di altri studi sui farmaci saranno annunciati nei prossimi anni. Sebbene questi progressi potrebbero non arrivare abbastanza velocemente per aiutare le persone che hanno ora la malattia, sono un'importante incursione nella guerra contro questa malattia devastante. Mostrano che ci stiamo avvicinando.

 

 

 


Fonte: Yen ying lim (prof.ssa associata) e Emily Rosenich (ricercatrice in neuropsicologia), Monash University

Pubblicato in The Conversation (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 



Notizie da non perdere

Rivelato nuovo percorso che contribuisce all'Alzheimer ... oppure al canc…

21.09.2014 | Ricerche

Ricercatori del campus di Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto...

A 18 come a 80 anni, lo stile di vita è più importante dell'età per il ri…

22.07.2022 | Ricerche

Gli individui senza fattori di rischio per la demenza, come fumo, diabete o perdita dell...

Nuova terapia che distrugge i grovigli di tau si dimostra promettente

30.09.2024 | Ricerche

Degli scienziati hanno sviluppato potenziali terapie che rimuovono selettivamente le proteine ​​t...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024 | Annunci & info

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee guida...

'Ingorgo' di proteine nei neuroni legato alla neurodegenerazione

12.09.2022 | Ricerche

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'EPFL rivela che un complesso proteico malfunzionante pu...

Nuovo metodo di selezione farmaci spiega perché quelli di Alzheimer falliscono…

31.01.2022 | Ricerche

Analizzando i meccanismi di malattia nei neuroni umani, dei ricercatori dell'Università del...

Identificazione dei primi segnali dell'Alzheimer

7.03.2022 | Ricerche

Un team multidisciplinare di ricerca, composto da ricercatori del progetto ARAMIS, dell...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

L'Alzheimer è composto da quattro sottotipi distinti

4.05.2021 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato dall'accumulo anomale e dalla diffusione del...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Scoperto nuovo colpevole del declino cognitivo nell'Alzheimer

7.02.2019 | Ricerche

È noto da tempo che i pazienti con morbo di Alzheimer (MA) hanno anomalie nella vasta re...

Accumulo di proteine sulle gocce di grasso implicato nell'Alzheimer ad es…

21.02.2024 | Ricerche

In uno studio durato 5 anni, Sarah Cohen PhD, biologa cellulare della UNC e Ian Windham della Rockef...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Proteine grumose induriscono i capillari del cervello: nuovo fattore di rischi…

11.09.2020 | Ricerche

I depositi di una proteina chiamata 'Medin', che è presente in quasi tutti gli anziani, ...

Dosi basse di radiazioni possono migliorare la qualità di vita nell'Alzhe…

6.05.2021 | Ricerche

Individui con morbo di Alzheimer (MA) grave hanno mostrato notevoli miglioramenti nel co...

Fruttosio prodotto nel cervello può essere un meccanismo che guida l'Alzh…

29.09.2020 | Ricerche

Una nuova ricerca rilasciata dalla University of Colorado propone che il morbo di Alzhei...

Perché il diabete tipo 2 è un rischio importante per lo sviluppo dell'Alz…

24.03.2022 | Ricerche

Uno studio dell'Università di Osaka suggerisce un possibile meccanismo che collega il diabete all'Al...

L'esercizio fisico dà benefici cognitivi ai pazienti di Alzheimer

29.06.2015 | Ricerche

Nel primo studio di questo tipo mai effettuato, dei ricercatori danesi hanno dimostrato che l'ese...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.