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L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

"Circa il 15% del deterioramento cognitivo o del morbo di Alzheimer (MA) potrebbe essere prevenuto se si implementano interventi efficaci per ridurre i disturbi del sonno": questa la conclusione di un gruppo di scienziati pubblicata sulla rivista Sleep. Le loro scoperte sono particolarmente inquietanti, considerando che le statistiche del 2023 mostrano che il sonno compromesso sta raggiungendo proporzioni epidemiche negli USA.


Le statistiche del Center for Advancement of Health (CFAH) indicano che fino a 70 milioni di americani adulti lottano con un qualche tipo di disturbo del sonno, come l'insonnia, l'ipersonnia (affaticamento diurno), l'apnea notturna e le anomalie del ritmo circadiano. L'insonnia è tra i disturbi del sonno più comuni, con il 30-40% degli adulti che riporta sintomi. In effetti, gli studi collegano l'insonnia, contrassegnata da difficoltà ad addormentarsi o a rimanere addormentati, a vari problemi cognitivi e psichiatrici, che includono depressione e ansia.


I numeri del CFAH non includono i milioni di americani che sono regolarmente privati del sonno, principalmente perché non dedicano ore sufficienti al sonno e subiscono gli stessi effetti a lungo termine sul cervello e sulla salute generale di quelli con sonno disordinato.

 

Serie di studi mostrano che sonno e declino cognitivo sono collegati

Nel loro studio del 2017 su Sleep, gli scienziati hanno avvertito di "prove crescenti" che confermano che il "sonno disturbato o la mancanza di sonno sono un fattore di rischio [grave] per il morbo di Alzheimer". Il gruppo ha eseguito una 'meta-analisi' dei risultati di 27 studi osservazionali sul sonno, che avevano coinvolto oltre 69.000 partecipanti tra 40 e 91 anni di età, e ha determinato che il rischio relativo di sviluppare il MA, o altre forme di compromissione cognitiva, è più alto di una volta e mezza tra coloro che non riescono ad avere un sonno di buona qualità.


Una ulteriore conferma del legame tra sonno e declino cognitivo proviene da una serie di studi pubblicati di recente. In effetti, gli autori di una ricerca del 2020 apparsa sul Journal of American Medical Association hanno chiamato l'«associazione tra durata del sonno e la funzione cognitiva ... uno degli argomenti più studiati, seppure controversi».


Un progetto dei National Institutes of Health del 2018 ha determinato che il sonno compromesso porta a un accumulo di rifiuti metabolici (proteine amiloide-beta e tau) nel cervello. Queste proteine hanno un ruolo significativo nello sviluppo del MA. In uno degli ultimi rapporti di ricerca, apparso proprio l'anno scorso (2022) su Sleep, gli investigatori del Massachusetts General Hospital hanno scoperto che i modelli di onde cerebrali presenti durante il sonno sono associati con forza alla cognizione.


La ricerca ha anche dimostrato che anche una singola notte di sonno perso o negato può comportare un accumulo di amiloide-beta nel cervello. Quindi, perché c'è una connessione tra sonno e cognizione?

 

Il sonno deterge il cervello

Il noto neuroscienziato Maiken Nedergaard chiama il sonno un detergente per il cervello. Ha scoperto e studiato il sistema glinfatico, un percorso che consente al liquido spinale cerebrale di entrare nel cervello e di toglierne i prodotti di scarto, inclusa l'amiloide-beta, durante il sonno profondo (onda lenta) e quello non-REM (movimento oculare rapido). Questo è lo stadio del sonno quando decade il volume del flusso sanguigno cerebrale.


Altri ricercatori, scrivendo sulla rivista Neurology, riportano che una percentuale complessiva inferiore di sonno REM e di sonno REM di durata più lunga, è connessa con una maggiore incidenza di demenza. Gli autori hanno affermato che:

"Ogni riduzione percentuale del sonno REM [nello studio] si è associata ad un aumento di circa il 9% del rischio di demenza incidente (hazard ratio 0,91; 95% confidence interval 0,86, 0,97)".


Secondo i numeri 2023 del CFAH, circa 6,5 milioni di americani over-65 hanno il MA, che contribuisce in modo preponderante a ciò che i professionisti della salute chiamano 'demenza', perché la malattia porta al deterioramento della cognizione, della memoria, della concentrazione e dell'attenzione.


Non sorprende che gli individui sviluppino il MA e altre varianti di demenza nelle ultime fasi della vita, considerando la connessione tra sonno e declino neurologico. Mentre invecchiamo, cambiano gli schemi di sonno: la durata si accorcia e diminuisce la quantità del sonno profondo a onda lenta.


In un numero del 2019 di Science Translational Medicine, i ricercatori hanno stabilito che gli individui più anziani, ancora "cognitivamente normali in prevalenza", ma che hanno meno sonno a onda lenta, non-REM, hanno concentrazioni più elevate di tau nel cervello. Gli autori hanno notato che tali cambiamenti nei modelli di sonno potrebbero rivelarsi biomarcatori di MA insorgente e consentire un intervento di trattamento "prima, o durante le prime fasi sintomatiche del MA".

 

Dovremmo essere più preoccupati della qualità o della quantità?

Naturalmente, tutta questa discussione sul sonno pone la domanda: quanto sonno è necessario all'individuo medio? Nella ricerca pubblicata in Aprile 2022 su Nature Aging, gli scienziati hanno concluso che 7 ore di sonno quotidiano sono ottimali per una vita sana, superando le convinzioni precedenti che l'ideale è dormire 8 ore, e fino a 9 per quelli tra 26 e 64 anni.


Ma piuttosto che concentrarci sul numero di ore di sonno, dovremmo essere più preoccupati per la qualità della nostra architettura del sonno? Un individuo passa attraverso 4/6 fasi durante un periodo normale di sonno. Ma, mentre la persona invecchia, trascorre più tempo in un sonno più leggero piuttosto che più profondo.


La qualità può sostituire la quantità se è necessario il sonno profondo non-REM (non le fasi più leggere) per un funzionamento ottimale del sistema glinfatico di pulizia dei rifiuti cerebrali? Studi futuri potrebbero fornire più risposte.

 

Suggerimenti per un sonno sano

Nel frattempo, la National Science Foundation e altri esperti offrono questi consigli generali per un riposo sano:

  • Mantieni un programma di sonno regolare; vai a letto e alzati alla stessa ora ogni giorno.
  • Smetti di controllare continuamente il tempo passato da quando ti sei coricato e di preoccuparti di addormentarti; l'ansia non farà che ostacolare il sonno, quindi gira la sveglia a faccia in giù o coprila.
  • Migliora il tuo igiene del sonno; oscura la stanza, abbassa la temperatura, butta la televisione fuori dalla camera da letto, metti giù il cellulare prima di coricarti e mettilo o collegalo dove non puoi vederlo e, se necessario, acquista un nuovo materasso.
  • Fai esercizio fisico regolare.
  • Evita l'alcol e le bevande caffeinate diverse ore prima di coricarti.
  • Resta lontano da luci intense poco prima di andare a letto: le luci brillanti promuovono solo la veglia.
  • Se riscontri difficoltà ad addormentarti, alzati dal letto e leggi o fai qualche altra attività rilassante fino a sentirti assonnato.
  • Dipendi dal sonno naturale piuttosto che dai farmaci; alcuni esperti sostengono che l'uso di sonniferi è associato a rischi più elevati di mortalità e cancro.


Infine, contatta uno specialista in medicina del sonno o uno psichiatra per chiedere aiuto se hai un disturbo del sonno. Come dice la giornalista/scrittrice Arianna Huffington: "La strada per una vita più produttiva, più ispirata e più gioiosa è dormire a sufficienza".

 

 

 


Fonte: Alex Dimitriu MD in Psychology Today (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

 

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