Un team di neuroscienziati e chimici degli Stati Uniti e della Cina pubblica oggi una ricerca che suggerisce che una classe di farmaci anti-cancro attualmente utilizzati, così come molti composti sintetici non testati in precedenza, si dimostrano efficaci nell’invertire la perdita di memoria in due modelli animali di Alzheimer.
Il professore Yi Zhong, Ph.D. (foto qui sotto a sinistra), del Cold Spring Harbor Laboratory, che ha guidato la ricerca condotta sul moscerino della frutta e sui topi, dice che lui e i suoi colleghi sono stati sorpresi dai risultati che, come ha sottolineato, "convergono chiaramente", pur utilizzando due approcci sperimentali indipendenti.
In particolare la ricerca riguardava ciò che la squadra di Zhong suggerisce sia un "bersaglio preferito" per il trattamento della perdita di memoria associata alle placche di beta-amiloide (Aβ) osservate in pazienti con Alzheimer avanzato. Quell’obiettivo è il recettore del fattore di crescita , spesso chiamato con il suo acronimo, EGFR. La sovraespressione dell’EGFR è una caratteristica di alcuni tipi di cancro, in particolare un sottoinsieme di tumori polmonari. Due trattamenti mirati, erlotinib (Tarceva) e gefitinib (Iressa), possono invertire drasticamente, anche se transitoriamente, i tumori EGFR-positivi, bloccando il recettore EGFR e quindi prevenendone l’attivazione.
La ricerca appena pubblicata dal team di Zhong suggerisce che la segnalazione all'interno delle cellule indotta dall’attivazione dell’EGFR svolge un ruolo anche nella patologia - ancora poco conosciuta - coinvolta nella perdita di memoria associata all’Aβ osservata nei pazienti di Alzheimer. Zhong e colleghi avevano precedentemente studiato la perdita di memoria associata all’Aβ nel moscerino della frutta dove le cellule del cervello esprimono il peptide Aβ-42 (una versione specifica della proteina, costituita da 42 aminoacidi, vista nelle placche di Alzheimer).
Questi moscerini della frutta sono considerati come modelli di malattia, in parte perché l'Aβ-42 che in loro si manifesta è codificata da un gene umano, inserito nel loro genoma. In esperimenti comportamentali, i moscerini hanno dimostrato di soffrire carenze di memoria analoghe a quelle osservate nell’Alzheimer umano.
L’ attivazione avanzata diell’EGFR aggrava la perdita di memoria nei moscerini
In questo ciclo di esperimenti, il team di Zhong ha dimostrato che l'attivazione migliorata dell’EGFR nelle cellule cerebrali aggrava la perdita di memoria nel modello di moscerino della frutta di Aβ-42 dell’Alzheimer. Questo li ha portati a dosare nello stesso tipo di moscerini di tre giorni di età due inibitori antitumorali dell’EGFR per una settimana, cosa che ha dimostrato di impedire la perdita di memoria nei test comportamentali del giorno 11.
I risultati sono stati poi confermati in modelli murini dell’Alzheimer, anch’essi basati sul gene Aβ-42 umano. Questo è notevole, ma lo è ancora di più, dice Zhong, per merito di un processo sperimentale parallelo ma indipendente che ha anche indicato l’EGFR come bersaglio di farmaci per l'Alzheimer. Questo processo parallelo consisteva nell’individuazione da parte dei collaboratori di Zhong in Cina, di circa 2.000 composti sintetici attivi contro la perdita di memoria indotta dall'Aβ nel modello di moscerini della frutta.
Tra questi, 45 composti hanno mostrato risultati positivi nei moscerini della frutta , dopo due mesi di somministrazione. Nove di questi sono stati selezionati per la prova in modelli di topo, e quattro hanno mostrato risultati positivi dopo due mesi. "Siamo stati sorpresi di scoprire che tre di questi composti (JKF-006, JKF-011 e JKF-027) non solo hanno mostrato l’efficacia nel recuperare la perdita di memoria nei topi, ma hanno anche impedito l’Aβ-42, attivando EGFR umana, in esperimenti in provetta", riferisce Zhong.
Bloccare la segnalazione dell’EGFR sembra prevenire la perdita di memoria
È importante sottolineare che non si è potuto dimostrare in modo conclusivo un meccanismo preciso dai questi esperimenti e altri connessi. Ma le prove disponibili portano gli scienziati a proporre in un articolo che appare oggi online in Proceedings of the National Academy of Sciences, che l'inversione della perdita di memoria si verifica quando i grumi di proteine beta-amiloide sono impediti direttamente dall’"aggancio" con il recettore EGF umano, o si impedisce ai gruppi di fosfato di attaccarsi al recettore, un processo chiamato fosforilazione.
Entrambi i processi ipotizzati impedirebbero l'inizio della cascata di segnalazione intracellulare EGFR. Zhong e colleghi notano l'incertezza della patologia di Alzheimer. La perdita della memoria derivante dall'attivazione di EGFR indotta da Aβ "può riflettere gli effetti tossici acuti dell’Aβ, che possono essere indipendenti della degenerazione sinaptica e neuronale", notano. Per avere un quadro più chiaro, il team ha testato il trattamento farmacologico su topi di mezza età (8 mesi), con perdita di memoria avanzata, nel corso di 18 giorni (circa sei settimane meno del periodo di somministrazione che inizialmente ha dimostrato di essere efficace). "Diciotto giorni - il periodo più breve di dosaggio che abbiamo provato - è stato sufficiente a invertire la perdita in questi topi, anche se dobbiamo notare che questi animali avevano pochi cambiamenti morfologici nel cervello nonostante la grave perdita di memoria quando è cominciato il trattamento", dice Zhong.
Visti i risultati positivi ottenuti nell’invertire la perdita di memoria in modelli animali, il team suggerisce che siano condotti ulteriori test con inibitori dell’EGFR, nonché per valutare i "prodotti chimici individuati dal comportamento, come trattamento dei malati di Alzheimer".
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Fonte: Proceedings of the National Academy of Sciences e Cold Spring Harbor Laboratory
Riferimento: "Epidermal growth factor receptor is a preferred target for treating Aβ-induced memory loss".
Pubblicato in MedicalXpress il 24 Settembre 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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