E' stata spiegata per la prima volta l'origine della capacità innata del cervello di proteggersi dai danni che si verificano in caso di ictus. I ricercatori dell'Università di Oxford sperano che sfruttando questo meccanismo biologico integrato, identificato nei ratti, potrebbe aiutare nel trattamento di ictus e prevenire altre malattie neurodegenerative in futuro.
"Abbiamo dimostrato per la prima volta che il cervello ha dei meccanismi che può usare per proteggere se stesso e mantenere in vita le sue stesse cellule", dice il professor Alastair Buchan (nella foto), capo della divisione di Scienze Mediche e Preside della Facoltà di Medicina dell'Università di Oxford, che ha diretto il lavoro.
I ricercatori riferiscono i risultati sulla rivista Nature Medicine e sono stati finanziati dal Medical Research Council britannico e dall'Istituto Nazionale per la Ricerca Sanitaria.
L'ictus è la terza causa di morte nel Regno Unito, e colpisce circa 150.000 persone all'anno. Si verifica quando viene interrotto l'afflusso di sangue ad una parte del cervello. Quando questo accade, le cellule cerebrali sono private di ossigeno e delle sostanze nutritive di cui hanno bisogno per funzionare correttamente, e cominciano a morire. "Il tempo è importante per il cervello, e il cronometro parte subito dopo l'insorgenza di un ictus. Le cellule iniziano a morire in qualche punto, da pochi minuti fino ad un massimo di 1 o 2 ore dopo l'ictus", dice il professor Buchan.
Questo spiega perché il trattamento dell'ictus è così legato alla velocità. Prima si raggiunge l'ospedale, si esegue la scansione e si somministrano farmaci per sciogliere qualsiasi coagulo di sangue e indurre il riavvio del flusso sanguigno, meno danni ci sono alle cellule cerebrali. Questo ha anche motivato la ricerca, finora infruttuosa, di 'neuroprotettivi': farmaci che possono far guadagnare tempo e aiutare le cellule cerebrali, o neuroni, a far fronte ai danni e recuperare in seguito.
Il gruppo di ricerca della Oxford University ha ora identificato il primo esempio di una forma di neuroprotezione inglobata nel cervello, la cosiddetta 'neuroprotezione endogena'. Ci sono riusciti tornando ad una osservazione fatta per la prima volta oltre 85 anni fa. È noto dal 1926 che i neuroni in una zona dell'ippocampo, la parte del cervello che controlla la memoria, sono in grado di sopravvivere a un'ipossia, mentre quelli di aree diverse dell'ippocampo muoiono.
Ma cosa protegga quell'insieme di cellule dai danni è rimasto un enigma fino ad ora. "Gli studi hanno cercato di capire come muoiono le cellule dopo essere state impoverite di ossigeno e glucosio. Noi abbiamo adottato un approccio più diretto, indagando i meccanismi endogeni che si sono evoluti per rendere più resistenti queste cellule dell'ippocampo", spiega il primo autore dottor Michalis Papadakis, Direttore Scientifico del Laboratorio di ischemia cerebrale all'Università di Oxford.
Lavorando sui ratti, i ricercatori hanno scoperto che la produzione di una specifica proteina chiamata hamartin permette alle cellule di sopravvivere pur senza ossigeno e glucosio, come avverrebbe dopo un ictus. Essi hanno dimostrato che nell'altra parte dell'ippocampo i neuroni muoiono a causa di una mancanza di risposta dell'hamartin. Il gruppo ha potuto quindi dimostrare che la stimolazione della produzione di hamartin offre una maggiore protezione ai neuroni. Il Professore Buchan dice: "Questo è causalmente correlato alla sopravvivenza delle cellule. Se si blocca l'hamartin, i neuroni muoiono quando viene interrotto il flusso di sangue. Se re-immettiamo hamartin, le cellule sopravvivono ancora una volta".
Infine, i ricercatori hanno identificato il percorso biologico attraverso il quale l'hamartin lavora per attivare le cellule nervose ad affrontare i danni quando viene a mancare energia e ossigeno. Il gruppo sottolinea che conoscere il meccanismo naturale biologico che porta alla neuroprotezione apre la possibilità di sviluppare farmaci che mimano gli effetti dell'hamartin.
Il Professore Buchan dice: "C'è molto lavoro da fare per tradurre tutto questo nella clinica, ma ora, per la prima volta, abbiamo una strategia neuroprotettiva. I nostri prossimi passi saranno verificare se riusciamo a trovare candidati farmaci a piccoli molecole che imitano ciò che fa l'hamartin per mantenere in vita le cellule cerebrali. Anche se ora siamo concentrati sull'ictus, i farmaci neuroprotettivi possono interessare anche altre condizioni che vedono la morte precoce delle cellule del cervello, tra cui l'Alzheimer e la malattia dei motoneuroni".
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Fonte: University of Oxford, via EurekAlert!, a service of AAAS.
Riferimento: Michalis Papadakis, Gina Hadley, Maria Xilouri, Lisa C Hoyte, Simon Nagel, M Mary McMenamin, Grigorios Tsaknakis, Suzanne M Watt, Cynthia Wright Drakesmith, Ruoli Chen, Matthew JA Wood, Zonghang Zhao, Benedikt Kessler, Kostas Vekrellis, Alastair M Buchan. Tsc1 (hamartin) confers neuroprotection against ischemia by inducing autophagy. Nature Medicine, 2013; DOI: 10.1038/nm.3097.
Pubblicato in Science Daily il 24 Febbraio 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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