Ricercatori della Johns Hopkins hanno usato l'aspirazione per capire che singoli "muscoli molecolari" all'interno delle cellule rispondono a diversi tipi di forza, una scoperta che potrebbe spiegare come le cellule "sentono" l'ambiente e si adattano di conseguenza, per forma e attività.
Una sintesi della scoperta, pubblicata online il 20 ottobre sulla rivista Nature Materials, chiarisce in particolare il modo in cui le forze al di fuori delle cellule vengono tradotte in segnali interni.
Un modello al computer che i ricercatori hanno sviluppato, secondo loro, permette anche di prevedere ciò che una cellula farà in risposta ai livelli alterati di quei "muscoli", un evento comune in vari tumori.
"Ora possiamo cominciare a spiegare cosa succede in varie malattie, perché abbiamo capito i meccanismi fondamentali che permettono alle cellule di sperimentare forze diverse e di rispondere a loro", dice Douglas Robinson (Ph.D.), professore di biologia cellulare alla School of Medicine della Johns Hopkins University. "Per la prima volta siamo in grado di spiegare ciò che può fare una cellula attraverso i singoli meccanismi di proteine diverse, e perché tutte le cellule usano le informazioni sulle forze presenti nel loro ambiente per produrre decisioni sulla migrazione, la divisione e il destino della cellula; questo lavoro ha implicazioni in tutta una serie di disturbi cellulari, comprese le metastasi del cancro e le neurodegenerazioni".
La vita come cellula, annota Robinson, non è così facile. Ad esempio, la maggior parte delle cellule sono costantemente colpite da molecole d'acqua che si muovono a velocità di circa 2.000 km orari, circa sei volte la velocità dei venti di un uragano di categoria 5. I globuli rossi precipitano nei vasi sanguigni e si stringono nei piccoli capillari per portare ossigeno ad ogni parte del corpo. E le cellule ossee sentono il peso dell'organismo come non succede ad altre cellule. "Le cellule, come il nostro corpo, hanno una sorta di pelle attraverso la quale percepiscono il loro ambiente", spiega Robinson. "La durezza dei loro dintorni, varie pressioni, spinte e tensioni, tutte queste forze sono 'sentite' da diverse proteine sotto la 'pelle' delle cellule". Non si capisce ancora bene come le cellule percepiscono e reagiscono a queste forze, egli aggiunge.
I dettagli sono stati definiti dal loro nuovo modello di computer, sviluppato con l'aiuto di Krithika Mohan e Pablo Iglesias dalla Facoltà di Ingegneria Whiting della Johns Hopkins University. Per definirlo, il gruppo ha lavorato con le proteine che sentono l'ambiente, parte di una rete che avvolge il bordo interno della cellula, dandole forma e struttura e ispirando il nome di "citoscheletro." La più diffusa tra le proteine è l'actina, che forma aste corte tenute insieme in uno schema incrociato di proteine di tenuta.
Ci sono anche proteine di ancoraggio che fissano le aste di actina alla pelle della cellula, o membrana plasmatica. Insieme, questi componenti agiscono da "muscoli molecolari", permettendo alla cellula di cambiare la sua forma quando necessario; per esempio, quando si comprime attraverso piccoli spazi per migrare verso una diversa parte del corpo, o quando si pizzica a metà per dividersi.
Il gruppo ha collegato ciascuna delle 37 proteine citoscheletriche a un marcatore fluorescente che segnava la sua posizione nella cellula. Poi hanno applicato una pressione alle cellule, usando un tubo di vetro molto piccolo che aspirava delicatamente sulle cellule, deformandole e creando un "collo", come potrebbe verificarsi con il tubo di un aspirapolvere posato sopra un palloncino gonfiato leggermente. Nel registrare i movimenti di una proteina al microscopio, ne analizzavano la risposta nella deformazione della cellula: dove si trasferiva ogni proteina, quanto di essa si trasferiva e quanto velocemente arrivava lì.
C'erano due tipi di forze in gioco durante gli esperimenti, dice Tianzhi Luo, il principale autore del rapporto. La punta del collo subiva una dilatazione: la forma generale era mantenuta mentre l'area si estendeva. La parte allungata del collo subiva un taglio: l'area era mantenuta, ma la forma cambiata, come dei blocchi di gelatina quando si stringono. Quello che il team ha scoperto erano tre diverse proteine di legame che rispondono a queste forze muovendosi nel collo. Inaspettatamente, ciascuna si sposta verso un'altra parte del collo in risposta alle diverse forze.
Una delle proteine leganti (la miosina II) agisce come una molla che può tirare insieme le aste di actina, riferisce il team. Essa risponde alla dilatazione e si sposta dentro generosamente per coprire la punta del collo (vedi il video), e aiutare a contrastare lo stiramento in quella zona. Anche l'alpha-actinina, che rafforza il citoscheletro formando fasci paralleli che si attaccano alle aste dell'actina, risponde alla dilatazione, ma limita la gittata fino alla punta del collo (vedi il video). Infine, la filamina, che agisce come una cerniera mobile per collegare le aste di actina negli angoli a forma di V, risponde alla forza di taglio e si trasferisce solo nella parte lunga del collo (vedi il video).
Armato di queste informazioni, il team ha creato una simulazione al computer di tutte le forze e dei "muscoli" molecolari coinvolti. Quando i ricercatori hanno creato mutanti genetici che mancavano di uno dei giocatori, le cellule si comportavano esattamente come prediceva il loro modello.
Questo lavoro è stato finanziato del National Institute of General Medical Sciences.
Fonte: Johns Hopkins Medicine, via Newswise.
Riferimenti: Tianzhi Luo, Krithika Mohan, Pablo A. Iglesias, Douglas N. Robinson. Molecular mechanisms of cellular mechanosensing. Nature Materials, 2013; DOI: 10.1038/nmat3772
Pubblicato in newswise.com (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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