Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Milioni di caregiver a rischio di dolori cronici e lesioni per aiutare familiari disabili

Per più di dieci volte al giorno, la 67enne Margie aiuta il marito ad alzarsi per andare in bagno, pranzare o entrare e uscire dal letto, e si sforza di spingere la sua sedia a rotelle sulla rampa che dà accesso alla loro casa.


Margie è uno dei circa 42,1 milioni di caregiver informali non pagati, che ogni anno forniscono supporto valutato oltre 450 miliardi di dollari a degli adulti, di solito famigliari, con disabilità fisiche e altre condizioni che impongono limitazioni nelle attività quotidiane. E come molti caregiver informali, lei soffre di dolori cronici alla schiena, alla spalla e al ginocchio per il lavoro fisicamente impegnativo, dolori che a volte le impediscono di prendersi cura di suo marito.


Secondo un nuovo studio condotto da ricercatori della Ohio State University, l'esperienza di Margie è comune, soprattutto tra i circa 14 milioni di caregiver «ad alto onere» (definiti dalla National Alliance for Caregiving e dalla AARP come persone che trascorrono più di 21 ore alla settimana ad assistere destinatari di cura per le attività della vita quotidiana).


"Quasi tutti i caregiver che hanno partecipato al nostro studio dicono di sperimentare un rilevante disagio muscolo-scheletrico connesso alle attività di caregiving, e che questo disagio può interferire con la loro capacità di fornire assistenza, lavorare e partecipare alle attività della vita", ha detto Amy Darragh, PhD, terapeuta professionale alla School of Health and Rehabilitation Sciences della Ohio State, che ha vinto una borsa di studio pilota del Center for Clinical and Translational Science della Ohio State per studiare le lesioni dei caregiver.


La ricerca, basata su questionari e interviste a 46 caregiver informali, ha dimostrato che, su 4 settimane, il 94% ha riferito di provare dolore muscoloscheletrico almeno in una parte del corpo, e i punti più comuni del disagio sono la parte bassa della schiena (76%), il ginocchio, la spalla e il polso (43% ciascuno). Più del 78% dei caregiver ha dichiarato che il dolore impatta la loro capacità di fornire assistenza, e il 66% ha detto che il dolore impatta la qualità complessiva della loro vita.


La Darragh ha condotto lo studio con Carolyn Sommerich, PhD, e Steve Lavanda, PhD, dei Dipartimenti di Sistemi Integrati di Ingegneria e di Ortopedia della Ohio State e Marc Campo, PhD, del Dipartimento di Terapia Fisica del Mercy College di Dobbs Ferry/NY. Il team di ricerca ha chiesto ai caregiver di identificare i compiti che ritenevano più impegnativi fisicamente: i caregiver hanno riferito che gli spostamenti, il bagno, il lavaggio, salire e scendere le scale, e il recupero dalle cadute erano le attività più difficili da eseguire.


"È da notare che i caregiver professionali segnalano esperienze simili, ma hanno accesso sia alla formazione che alla tecnologia che li aiutano a ridurre il rischio di lesioni. I caregiver informali possono non ricevere una formazione su come gestire i pazienti senza lesionare se stessi o il loro caro", ha detto la Darragh. "La nostra ricerca offre un primo sguardo a quali compiti possono avere il rischio più alto di lesioni, e può indirizzare lo sviluppo di interventi per proteggere questi caregiver ad alto onere".


I risultati dello studio, pubblicati sul Journal of Applied Gerontology, stanno aiutando la Darragh e il suo team a fare proprio questo. Usando i risultati dello studio pilota, e con un finanziamento della Cummins Endowment, il gruppo sta sviluppando e testando un protocollo di intervento che sia efficiente, conveniente e flessibile, e che possa essere usato su diagnosi e ambienti di cura diversi. Il team sta attualmente convalidando il protocollo e spera di testarlo in una popolazione più ampia nel 2015.


"Il nostro protocollo considera molteplici fattori per ridurre il rischio di lesioni al caregiver (il compito stesso, la frequenza dei compiti, l'ambiente domestico, il rapporto tra il caregiver e la persona assistita, l'accesso alle risorse) tutti fattori importanti da considerare insieme", ha dichiarato la Darragh. Che, come esperto riconosciuto a livello nazionale sugli infortuni del caregiver e per la manipolazione sicura del paziente, dà i seguenti suggerimenti ai caregiver informali, in particolare a quelli che danno assistenza ad alta intensità, che richiede compiti fisicamente impegnativi:

  1. Allenarsi. Risorse locali, compresi gli ospedali, la Croce Rossa e la agenzie di zona sull'invecchiamento offrono corsi di formazione per i caregiver. La National Alliance for Caregiving ha una biblioteca online di risorse che possono aiutare.
  2. Organizzarsi. Documentare tutto ciò che si sta facendo e tenere un elenco delle proprie attività. Registrare bene, tenere traccia delle persone a cui si parla. Archiviare note su risorse e gruppi di sostegno.
  3. Ottenere aiuto. Non avere paura di chiedere aiuto a familiari e amici. Essere disposti ad accettare aiuto quando è offerto. "Tenere vicino al telefono un elenco di piccole e grandi cose che si potrebbero usare, può essere utile, così che quando la gente si offre, è proprio lì", suggerisce la Darragh. Se ci si sente di non riuscire più a tenere se stessi o il proprio caro sani e sicuri, la Darragh suggerisce che è il momento di cercare risorse aggiuntive. "Il caregiving è duro, e le esigenze cambiano assieme ai cambiamenti della malattia. Va bene anche se non si è più in grado di farlo da soli".
  4. Prendersi cura. Prendersi cura di se stessi! Mantenersi sani. "I caregiver hanno difficoltà a mettere se stessi in primo piano a volte", ha detto la Darragh. Mangiare bene, dormire bene, vedere il proprio medico regolarmente. Essere sicuri di prendere piccole pause per se stessi ogni giorno.
  5. Informarsi. Saperne di più sulle risorse comunitarie disponibili come i diurni per adulti, i programmi di sollievo, i gruppi di sostegno e di volontari che possono aiutare. Anche se non si ha bisogno di risorse oggi, si può averne bisogno in seguito.


"Milioni di persone e il nostro sistema sanitario si basano su questi caregiver. Molti di loro si occupano di un amico o di un familiare, ma possono anche avere un rischio di dolori, di disagio o di lesioni nello svolgere attività di caregiving", ha dichiarato la Darragh. "Più sappiamo di quello che passano, migliori sono gli interventi, le risorse e le tecnologie che possiamo sviluppare per mantenere loro ed i loro cari sicuri e sani".

 

 

 

 

 


FonteOhio State University  (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:  A. R. Darragh, C. M. Sommerich, S. A. Lavender, K. J. Tanner, K. Vogel, M. Campo. Musculoskeletal Discomfort, Physical Demand, and Caregiving Activities in Informal Caregivers. Journal of Applied Gerontology, 2013; DOI: 10.1177/0733464813496464

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra:

 


 

 

Notizie da non perdere

Molecola 'anticongelante' può impedire all'amiloide di formare …

27.06.2018 | Ricerche

La chiave per migliorare i trattamenti per le lesioni e le malattie cerebrali può essere nelle mo...

A 18 come a 80 anni, lo stile di vita è più importante dell'età per il ri…

22.07.2022 | Ricerche

Gli individui senza fattori di rischio per la demenza, come fumo, diabete o perdita dell...

L'esercizio fisico genera nuovi neuroni cerebrali e migliora la cognizion…

10.09.2018 | Ricerche

Uno studio condotto dal team di ricerca del Massachusetts General Hospital (MGH) ha scop...

La lunga strada verso la demenza inizia con piccoli 'semi' di aggreg…

20.11.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) si sviluppa nel corso di decenni. Inizia con una reazione a c...

Svelati nuovi percorsi per la formazione di memoria a lungo termine

31.12.2024 | Ricerche

Ricercatori del Max Planck Florida Institute for Neuroscience hanno scoperto un nuovo percorso pe...

LipiDiDiet trova effetti ampi e duraturi da intervento nutrizionale all'i…

9.11.2020 | Ricerche

Attualmente non esiste una cura nota per la demenza, e le terapie farmacologiche esisten...

Sintomi visivi bizzarri potrebbero essere segni rivelatori dell'Alzheimer…

1.02.2024 | Ricerche

Un team di ricercatori internazionali, guidato dall'Università della California di San F...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

Un singolo trattamento genera nuovi neuroni, elimina neurodegenerazione nei to…

1.07.2020 | Ricerche

Xiang-Dong Fu PhD, non è mai stato così entusiasta di qualcosa in tutta la sua carriera...

Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

30.05.2018 | Ricerche

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hô...

Effetti della carenza di colina sulla salute neurologica e dell'intero si…

23.01.2023 | Ricerche

Assorbire colina a sufficienza dall'alimentazione è cruciale per proteggere il corpo e il cervello d...

Scoperto un fattore importante che contribuisce all'Alzheimer

22.08.2022 | Ricerche

Una ricerca guidata dai dott. Yuhai Zhao e Walter Lukiw della Luisiana State University ...

Scoperto perché l'APOE4 favorisce l'Alzheimer e come neutralizzarlo

10.04.2018 | Ricerche

Usando cellule di cervello umano, scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto la ...

Stimolazione dell'onda cerebrale può migliorare i sintomi di Alzheimer

15.03.2019 | Ricerche

Esponendo i topi a una combinazione unica di luce e suono, i neuroscienziati del Massach...

Dott. Perlmutter: Sì, l'Alzheimer può essere invertito!

6.12.2018 | Ricerche

Sono spesso citato affermare che non esiste un approccio farmaceutico che abbia un'effic...

Ritmi cerebrali non sincronizzati nel sonno fanno dimenticare gli anziani

18.12.2017 | Ricerche

Come l'oscillazione della racchetta da tennis durante il lancio della palla per servire un ace, l...

La scoperta del punto di svolta nell'Alzheimer può migliorare i test di n…

20.05.2022 | Ricerche

 Intervista al neurologo William Seeley della Università della California di San Francisco

...

Variante della proteina che causa l'Alzheimer protegge dalla malattia

15.02.2021 | Ricerche

Le scoperte di un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA), guidato da ricercatori dell...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

L'invecchiamento è guidato da geni sbilanciati

21.12.2022 | Ricerche

Il meccanismo appena scoperto è presente in vari tipi di animali, compresi gli esseri umani.

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)