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Scoperta sul flusso ematico cerebrale dà speranza per una terapia di Alzheimer

Hai presente quelle vertigini che senti quando ti alzi un po' troppo in fretta dopo essere rimasto sdraiato per un lungo periodo? Quella sensazione è causata da un'improvvisa riduzione del flusso di sangue al cervello, una riduzione di circa il 30%. Ora immagina di vivere ogni minuto di ogni giorno con quel livello più basso di flusso sanguigno.


Le persone con morbo di Alzheimer (MA) non devono immaginarlo. L'esistenza della riduzione del flusso sanguigno cerebrale nei pazienti con MA è nota da decenni, ma non avevamo ancora capito la correlazione esatta con la compromissione della funzione cognitiva.


"Le persone probabilmente si adattano al flusso sanguigno più basso, così che non sentono continuamente vertigini, ma c'è una chiara evidenza che esso influisce sulla funzione cognitiva", ha detto Chris Schaffer, professore associato alla Facoltà di Ingegneria Biomedica.


Un nuovo studio del laboratorio congiunto di Schaffer e Nozomi Nishimura, professoressa associata, offre una spiegazione a questa drammatica diminuzione del flusso sanguigno: globuli bianchi bloccati all'interno dei capillari, i più piccoli vasi sanguigni nel cervello. E anche se solo una piccola percentuale di capillari subisce questo blocco, ogni vaso in stallo porta a una diminuzione del flusso sanguigno in più vasi a valle, amplificando l'impatto sul flusso totale di sangue nel cervello.


La loro ricerca, pubblicata l'11 febbraio su Nature Neuroscience, è stata anche inclusa in un gruppo ristretto di documenti messi in evidenza durante l'incontro annuale della Society for Neuroscience, tenutosi dal 3 al 7 novembre 2018 a San Diego. I primi coautori sono Jean Cruz-Hernandez PhD, ora ricercatore post-dottorato alla Harvard Medical School e Oliver Bracko, ricercatore associato nel laboratorio Schaffer-Nishimura.


La ricerca, ha detto Schaffer, è il culmine di circa un decennio di studi, raccolta di dati e analisi. Cominciò con uno studio in cui Nozomi stava tentando di inserire coaguli nelle vascolarizzazioni del cervello di un topo modello di MA per vederne l'effetto. "E' saltato fuori che ... i blocchi che stavamo cercando di indurre erano già lì", ha detto. "Ha trasformato la ricerca in giro: questo fenomeno stava già accadendo".


I ricercatori, tra cui l'allora studente Joan Zhou, ha determinato che solo circa il 2% dei capillari cerebrali aveva 'stalli' (blocchi), ma l'effetto cumulativo di quel piccolo numero di stalli era un calo del 20% circa del flusso ematico cerebrale, a causa del rallentamento dei vasi a valle dei capillari che erano in stallo. Studi recenti suggeriscono che i deficit del flusso sanguigno cerebrale sono uno dei primi sintomi rilevabili della demenza.


Per testare l'effetto degli stalli sull'esecuzione delle attività di memoria nei topi di Alzheimer, è stato somministrato un anticorpo che interferiva con l'adesione dei globuli bianchi alle pareti dei capillari, permettendo così di nuovo il flusso nei capillari in stallo e quindi aumentando il flusso sanguigno cerebrale complessivo. La funzione di memoria è stata migliorata in poche ore, anche nei topi anziani con stadi più avanzati di Alzheimer.


Schaffer e la Nishimura sono pronti a sottolineare, tuttavia, che l'anticorpo non è qualcosa che può essere usato negli umani. E poi comunque, interferire con l'adesione dei globuli bianchi potrebbe immuno-compromettere l'individuo. Schaffer ha detto:

"Quello che abbiamo fatto è identificare il meccanismo cellulare che causa un flusso ridotto di sangue nel cervello nei modelli di MA, che sono i neutrofili [globuli bianchi] che si attaccano nei capillari.

"Abbiamo dimostrato che quando blocchiamo il meccanismo cellulare [che causa gli stalli], otteniamo un flusso sanguigno migliorato, e associato a quel miglioramento del flusso sanguigno c'è il ripristino immediato delle prestazioni cognitive dei compiti di memoria spaziale e di lavoro".

"Ora che conosciamo il meccanismo cellulare, identificare il farmaco o l'approccio terapeutico per trattarlo è un percorso molto più stretto".


Il team ha identificato circa 20 farmaci, molti dei quali già approvati dalla FDA per uso umano, che hanno un potenziale nella terapia della demenza. Alcuni di essi, tuttavia, sono stati progettati per essere somministrati in dosi elevate per brevi periodi di tempo per il trattamento della sepsi o nel periodo immediatamente successivo a un infarto o ictus. "Non sono destinati a essere presi per il resto della vita", ha detto Schaffer. Nondimeno, il laboratorio sta esaminando questi farmaci nei topi di MA proprio adesso.


Schaffer ha detto che è "super-ottimista" che, se lo stesso meccanismo di blocco dei capillari dei topi è in gioco anche negli umani, questa linea di ricerca "potrebbe essere un completo cambiamento di gioco per le persone con MA".

 

 

 


Fonte: Tom Fleischman in Cornell University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Jean C. Cruz Hernández, Oliver Bracko, Calvin J. Kersbergen, Victorine Muse, Mohammad Haft-Javaherian, Maxime Berg, Laibaik Park, Lindsay K. Vinarcsik, Iryna Ivasyk, Daniel A. Rivera, Yiming Kang, Marta Cortes-Canteli, Myriam Peyrounette, Vincent Doyeux, Amy Smith, Joan Zhou, Gabriel Otte, Jeffrey D. Beverly, Elizabeth Davenport, Yohan Davit, Charles P. Lin, Sidney Strickland, Costantino Iadecola, Sylvie Lorthois, Nozomi Nishimura, Chris B. Schaffer. Neutrophil adhesion in brain capillaries reduces cortical blood flow and impairs memory function in Alzheimer’s disease mouse models. Nature Neuroscience, 2019; DOI: 10.1038/s41593-018-0329-4

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