Uno studio clinico attivo alla University of Kentucky (UoK) sta indagando su una nuova strategia di trattamento del Parkinson che, in caso di successo, potrebbe cambiare radicalmente il futuro trattamento della malattia e, eventualmente, fermare o invertire la degenerazione cerebrale.
La UoK è la prima istituzione negli Stati Uniti a condurre la sperimentazione. Il dottor Craig Van Horne, professore associato di neurochirurgia alla Facolta' di Medicina e ricercatore principale dello studio clinico, è arrivato alla UoK solo due anni fa, ma sta già dando contributi significativi alla ricerca e alla cura dei pazienti di Parkinson.
Il Parkinson è una delle malattie neurologiche più comuni, che colpisce circa un milione di americani e 10 milioni di individui in tutto il mondo. La malattia è progressiva e degenerativa; la morte delle cellule cerebrali provoca una serie di sintomi motori e non motori, i più riconoscibili sono tremore, rigidità, lentezza nei movimenti e postura instabile.
Nonostante la sua prevalenza, non esiste attualmente alcuna cura, in parte perché le sue cause sono ignote. I sintomi sono inizialmente gestiti con farmaci, ma questi perdono efficacia nel tempo. La prossima linea di trattamento è una procedura chirurgica chiamata stimolazione cerebrale profonda (DBS), che ha ricevuto l'approvazione dalla Food and Drug Administration (FDA) nel 2002.
La DBS funziona come un "pacemaker cerebrale" attraverso elettrodi impiantati chirurgicamente in profondità nella parte malfunzionante del cervello dove sono morte le cellule. L'elettrodo quindi emette impulsi elettrici per regolare gli impulsi anormali del cervello. Per molti pazienti di Parkinson, la DBS può essere un trattamento che migliora notevolmente la qualità di vita, riducendo i sintomi e la dipendenza da farmaci, che possono avere effetti collaterali drastici anche quando la loro efficacia diminuisce. Ma mentre la DBS è efficace nella gestione dei sintomi, comunque non cambia il corso o l'esito della malattia.
Van Horne e il suo gruppo, finanziati dal programma pilota dal Centro UoK per la Scienza clinica e traslazionale (CCTS), stanno esplorando un opzione di trattamento aggiuntivo, e forse un modo per modificare il corso della malattia. Essi stanno conducendo uno studio clinico innovativo che si basa sulla procedura consolidata di DBS, aggiungendo un innesto di nervi presi da quelli periferici dei pazienti.
Come potrebbe dire ogni buon neurochirurgo, i nervi del cervello non si rigenerano quando sono danneggiati. Tuttavia i nervi periferici - quelli fuori del cervello e del midollo spinale - sono in grado di rigenerarsi rilasciando diversi fattori neurotrofici, molecole simili alle proteine che favoriscono la crescita e il mantenimento dei neuroni.
L'esperimento di Van Horne si propone di sfruttare la capacità di rigenerazione dei nervi periferici per consentire al cervello di auto-guarirsi. Nell'ambito del'esperimento, i pazienti donano un piccolo pezzo del loro tessuto nervoso periferico preso appena sopra la caviglia. Il tessuto nervoso è ottenuto e impiantato durante l'intervento di DBS, il che significa che i pazienti non hanno bisogno di un ulteriore intervento chirurgico per la procedura di innesto e continuano a ricevere tutti i benefici della terapia DBS.
I potenziali effetti clinici delle protesi possono quindi essere testati semplicemente disattivando lo stimolatore cerebrale profondo. La speranza è che i fattori neurotrofici del nervo periferico stimolino la rigenerazione nelle parti del cervello che sono state danneggiate dal morbo di Parkinson.
Anche se il trapianto dei nervi non è nuovo, l'esperimento di Van Horne è il primo del suo genere a trapiantare tessuto nervoso periferico nel cervello in concomitanza con la DBS. E' un'idea sulla quale sta lavorando da molti anni. "Sto affinando questo concetto da oltre 10 anni", ha detto. "Mentre osservavo il settore della ricerca, cosa funzionava e cosa no, pensavo sempre: 'Perché questa ricerca non è stata portata avanti?' Le persone cercano la bacchetta magica. Ma la biologia non funziona così. E quando guardo la capacità di rigenerazione di altri tessuti del corpo, penso "come possiamo approfittare di ciò che la natura ha già capito?' ".
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Fonte: University of Kentucky.
Pubblicato in ScienceDaily (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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