Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


La stimolazione mentale potrebbe posticipare la demenza di anni, secondo uno studio

 

Se sei intenzionato a tenere a bada la demenza, una nuova ricerca suggerisce che avrai bisogno di più che di cruciverba, esercizi aerobici e una vita sociale attiva. In uno studio pubblicato Domenica, i ricercatori hanno scoperto che gli anziani che si sono esercitati a migliorare la velocità con cui elaborano le informazioni visive sono riusciti a tagliare di quasi la metà la probabilità di declino cognitivo o demenza in un periodo di 10 anni.


I nuovi risultati dello studio clinico, presentati Domenica alla Conferenza Internazionale dell'Alzheimer's Association di Toronto, stabiliscono l'allenamento cerebrale specializzato come una strategia potenzialmente efficace per prevenire l'Alzheimer e altre afflizioni, compreso l'invecchiamento normale che mina la memoria e riduce le funzionalità.


Con molti milioni di persone che stanno raggiungendo l'età di massima vulnerabilità all'Alzheimer e senza trattamenti efficaci a disposizione per modificare la progressione della malattia, i ricercatori sono ansiosi di trovare il modo di prevenire o ritardare l'insorgenza della malattia che ruba la memoria. La nuova ricerca suggerisce che anche anni dopo che è stato somministrato, un intervento economico senza effetti collaterali indesiderati potrebbe prevenire i sintomi della demenza.


Questi ultimi risultati sono emersi da uno studio di 10 anni che ha confrontato gli effetti di tre forme di allenamento del cervello in un gruppo di 2.802 anziani cognitivamente sani. Lo studio ACTIVE (acronimo di Advanced Cognitive Training for Independent and Vital Elderly) è stato finanziato dal National Institute on Aging.


Un quarto dei partecipanti, che avevano un'età media di 73,4 anni all'inizio dello studio, non ha avuto alcuna formazione. I restanti partecipanti sono stati divisi in tre gruppi, e per più di 5 settimane ogni gruppo ha partecipato a 10 sessioni di formazione della durata di un'ora:

  1. un gruppo ha fatto un corso in aula studiato per conferire strategie volte a stimolare la memoria;
  2. il secondo un corso in aula progettato per affinare le capacità di ragionamento dei partecipanti;
  3. il terzo gruppo ha avuto un addestramento computerizzato progettato per aumentare la velocità con cui il cervello raccoglie ed elabora segnali nel campo visivo del soggetto; la velocità di elaborazione visiva è un'abilità cognitiva che diminuisce con l'età, una tendenza che alcuni neuroscienziati attribuiscono al crescente "rumore" nelle comunicazioni elettriche tra le cellule e tra le aree del cervello.


Nei 10 anni di studio il 14% dei partecipanti al gruppo di controllo ha subito un declino cognitivo significativo o una demenza, rispetto al 11,4% nel gruppo di formazione di strategie mnemoniche, al 11,7% nel gruppo di formazione in strategie di ragionamento e al 10,5% del gruppo velocità di elaborazione. Il declino cognitivo o la demenza non solo è stato minore in quelli del gruppo velocità-di-elaborazione; quando è apparso, è arrivato dopo.


Statisticamente, i quattro gruppi dell'esperimento hanno sperimentato differenze considerevoli nell'invecchiamento cognitivo. Per coloro che hanno fatto esercizi di allenamento del cervello disponibili in commercio, il rischio cumulato di sviluppare declino cognitivo o demenza nell'arco di 10 anni è stato del 33% inferiore rispetto ai partecipanti che non hanno fatto alcun allenamento.


Nel gruppo più ristretto di partecipanti all'allenamento computerizzato che ha fatto delle «sessioni di richiamo» (almeno un corso di aggiornamento 11 e/o 35 mesi dopo la formazione iniziale) il rischio di declino cognitivo o demenza si è abbassato ancora di più. Rispetto ai partecipanti allo studio che non hanno fatto alcuna formazione, gli iscritti che hanno eseguito più di 10 sessioni di «brain-training» computerizzato hanno avuto il 48% in meno di probabilità su 10 anni di sperimentare demenza o declino cognitivo.


I partecipanti che hanno preso parte gli altri due regimi di allenamento, che si erano concentrati su strategie di insegnamento per ricordare e per ragionare, nell'insieme del gruppo avevano un po' meno probabilità (rispetto al gruppo di controllo) di subire il declino cognitivo o la demenza nei 10 anni dello studio. Questo era particolarmente vero per coloro che hanno partecipato a 10 sessioni di strategie per migliorare il ragionamento. Ma i risultati di tali regimi di allenamento erano meno robusti rispetto a quelli della stimolazione computerizzata, e i ricercatori non hanno potuto escludere la possibilità che sono fossero causati per caso.


Nello studio ACTIVE, la salute cognitiva dei partecipanti è stata misurata a 1, 2, 3, 5 e 10 anni dopo la formazione iniziale, attraverso diverse batterie standardizzate. I ricercatori hanno misurato lo stato d'animo, la fiducia e la salute auto-valutata dei partecipanti, e hanno osservato la loro capacità di condurre attività quotidiane, come preparare i pasti, guidare e prendersi cura delle finanze.


L'esercizio computerizzato di formazione cerebrale è disponibile in commercio, come gioco "Double Decision", uno di una serie di esercizi cognitivi commercializzati on-line dalla Posit Science Corp di San Francisco. Il gioco esercita la capacità di un individuo di rilevare, ricordare e rispondere agli stimoli che appaiono e scompaiono rapidamente in varie posizioni su uno schermo di computer. Esso usa una grafica colorata e sfida i giocatori con crescente difficoltà, con l'aumento della loro competenza. [...]


Le asserzioni di benefici cognitivi delle società che vendono programmi di stimolazione cerebrale su computer, ormai un'industria multimilionaria, hanno generato critiche e polemiche. Nel 2014, neuroscienziati riuniti sotto l'egida del Stanford Center on Longevity hanno rimproverato l'industria della stimolazione cerebrale che i risultati cosiddetti promettenti erano "spesso esagerati e talvolta fuorvianti".


Anche se questi esercizi possono produrre miglioramenti delle prestazioni in laboratorio, hanno scritto, "questi progressi piccoli, limitati, e fugaci sono spesso definiti miglioramenti generali e duraturi della mente e del cervello". Nonostante le grandi affermazioni di marketing, "è rimasta finora inafferrabile una prova convincente di effetti positivi generali e duraturi sul modo in cui invecchiano mente e cervello delle persone", hanno scritto in una dichiarazione di consenso del dicembre 2014.


Jerri Edwards, professore associato della University of South Florida, primo autore del nuovo studio, ha detto che i risultati dello studio ACTIVE sembrano essere una pietra miliare: "La prima volta che un intervento di formazione cognitiva ha dimostrato di proteggere dal deficit cognitivo o dalla demenza in uno studio grande, randomizzato e controllato".


Tra i risultati più interessanti dello studio, ha detto Edwards, c'è il suggerimento che, con una continua formazione del cervello - un aumento del dosaggio - gli anziani potrebbero migliorare ulteriormente la loro protezione contro la demenza. "In seguito", ha detto, "ci piacerebbe capire meglio quale è esattamente la quantità giusta di formazione cognitiva per ottenere i benefici ottimali".


Lo studio ACTIVE è uno dei diversi svelati Domenica a Toronto, dove ricercatori e attivisti di Alzheimer si sono incontrati per esaminare i progressi della ricerca sulla malattia. Nei risultati presentati Domenica c'erano anche dati che suggeriscono che le persone il cui lavoro richiede un pensiero e/o un'attività complessi riescono a sopportare meglio l'insorgenza dell'Alzheimer.


In uno di questi studi, i ricercatori del Wisconsin Alzheimer Institute hanno scansionato il cervello di 284 persone di tarda mezza età cognitivamente sani, per cercare lesioni al tessuto connettivo, che è un marcatore dell'Alzheimer. Tra coloro che hanno mostrato prove di "materia bianca" malata, hanno scoperto che coloro che avevano lavorato principalmente con altre persone, piuttosto che con cose o dati, avevano mantenuto la funzione cognitiva più alta.


"Questi nuovi dati si aggiungono al crescente corpo di ricerca che suggerisce che gli stili di vita più stimolanti, compresi ambienti di lavoro più complessi con altre persone, sono associati a esiti cognitivi migliori in ​​età avanzata", ha detto Maria C. Carrillo, direttrice scientifica dell'Alzheimer's Association.

 

 

 


Fonte: Melissa Healy su Los Angeles Times (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Il caregiving non fa male alla salute come si pensava, dice uno studio

11.04.2019 | Ricerche

Per decenni, gli studi nelle riviste di ricerca e la stampa popolare hanno riferito che ...

Il sonno resetta i neuroni per i nuovi ricordi del giorno dopo

11.09.2024 | Ricerche

Tutti sanno che una buona notte di sonno ripristina l'energia di una persona; ora un nuo...

Sempre più giovani con Alzheimer e demenza: colpa delle tossine ambientali, me…

6.05.2020 | Denuncia & advocacy

È abbastanza straziante quando le persone anziane sviluppano condizioni di perdita di me...

Come dormiamo oggi può prevedere quando inizia l'Alzheimer

8.09.2020 | Ricerche

Cosa faresti se sapessi quanto tempo hai prima che insorga il morbo di Alzheimer (MA)? N...

Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

30.05.2018 | Ricerche

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hô...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

La nostra identità è definita dal nostro carattere morale

24.06.2019 | Esperienze & Opinioni

Ti sei mai chiesto cos'è che ti rende te stesso? Se tutti i tuoi ricordi dovessero svani...

Districare la tau: ricercatori trovano 'obiettivo maneggiabile' per …

30.01.2019 | Ricerche

L'accumulo di placche di amiloide beta (Aβ) e grovigli di una proteina chiamata tau nel ...

Cosa accade nel cervello che invecchia

11.03.2020 | Esperienze & Opinioni

Il deterioramento del cervello si insinua sulla maggior parte di noi. Il primo indizio p...

Variante della proteina che causa l'Alzheimer protegge dalla malattia

15.02.2021 | Ricerche

Le scoperte di un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA), guidato da ricercatori dell...

A 18 come a 80 anni, lo stile di vita è più importante dell'età per il ri…

22.07.2022 | Ricerche

Gli individui senza fattori di rischio per la demenza, come fumo, diabete o perdita dell...

Alzheimer e le sue proteine: bisogna essere in due per ballare il tango

21.04.2016 | Ricerche

Per anni, i neuroscienziati si sono chiesti come fanno le due proteine ​​anomale amiloid...

Pressione bassa potrebbe essere uno dei colpevoli della demenza

2.10.2019 | Esperienze & Opinioni

Invecchiando, le persone spesso hanno un declino della funzione cerebrale e spesso si pr...

Paesi asiatici assistono gli anziani in modo diverso: ecco cosa possiamo impar…

28.10.2020 | Esperienze & Opinioni

A differenza dei paesi occidentali, le culture tradizionali asiatiche mettono un forte a...

Il 'Big Bang' dell'Alzheimer: focus sulla tau mortale che cambi…

11.07.2018 | Ricerche

Degli scienziati hanno scoperto un "Big Bang" del morbo di Alzheimer (MA) - il punto pre...

L'invecchiamento è guidato da geni sbilanciati

21.12.2022 | Ricerche

Il meccanismo appena scoperto è presente in vari tipi di animali, compresi gli esseri umani.

Dana Territo: 'La speranza può manifestarsi da molte fonti nella cerchia …

14.01.2025 | Esperienze & Opinioni

Come trovi speranza nel nuovo anno con una diagnosi di Alzheimer?

Avere speranza...

Scoperta importante sull'Alzheimer: neuroni che inducono rumore 'cop…

11.06.2020 | Ricerche

I neuroni che sono responsabili di nuove esperienze interferiscono con i segnali dei neu...

Aumentano le evidenze di origini alternative delle placche di Alzheimer

13.06.2022 | Ricerche

I risultati di uno studio potrebbero spiegare perché i farmaci progettati per rimuovere i depositi d...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

Seguici su

 
enfrdeites

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.