Con lo stress normale aumenta l'invecchiamento ossidativo, coinvolto nelle malattie degenerative come l'Alzheimer. Un ictus ischemico aumenta in modo significativo lo stress ossidativo nel cervello, e questo può aumentare il tasso di degenerazione neuronale. Gli autori ipotizzano che il trattamento antiossidante nell'ictus ischemico acuto, diminuendo questo squilibrio ossidativo, può ritardare l'insorgenza della demenza clinicamente evidente. L'età (age) di insorgenza per (1) paziente con ictus ischemico, (2) paziente che soffre di un ictus ischemico e viene trattato con antiossidanti, (3) persona con invecchiamento normale.
Attualmente siamo di fronte ad un'epidemia di demenza, le stime mostrano che entro il 2050 circa 131 milioni di persone ne saranno colpite. Ogni 7 secondi un paziente viene diagnosticato in tutto il mondo.
Poiché le forme comuni di demenza si verificano negli anziani, ritardare l'insorgenza o il peggioramento del deficit cognitivo potrebbe tradursi in una significativa riduzione dell'incidenza della malattia. Le stime hanno dimostrato che dell'enorme numero di casi attesi entro il 2050, potrebbero esserne evitati circa 23 milioni se l'insorgenza della malattia potesse essere ritardata di 2 anni.
Nonostante l'ambizione di individuare una terapia modificante la malattia o una cura per la demenza entro il 2025, stabilita dal vertice del G8 sulla demenza nel 2013, i risultati finora non sono molto incoraggianti. Fino ad oggi c'è una crescente evidenza dell'associazione dei fattori di rischio vascolari (come ipertensione, colesterolo alto o diabete mellito) con il deterioramento cognitivo e il morbo di Alzheimer (MA).
Purtroppo, gestire semplicemente questi fattori di rischio ha poco effetto nel ridurre l'incidenza della demenza. Questi fattori, tuttavia, aumentano molto il rischio di subire un ictus ischemico, e l'ictus incidente raddoppia il rischio di demenza. Dallo studio di Saver pubblicato nel 2006 sappiamo che "per ogni ora in cui non c'è trattamento, il cervello perde lo stesso numero di neuroni che muoiono in 3,6 anni di normale invecchiamento".
Queste perdite neuronali avvengono grazie alla necrosi ischemica nel nucleo del miocardio, ma possono continuare fino a 2 settimane dopo l'insulto ischemico nell'area di penombra che circonda il nucleo ischemico, attraverso un altro tipo di perdita di cellule, cioè l'apoptosi.
Nell'avvio dell'apoptosi le specie ossidanti (ROS) hanno un ruolo importante. Diversi autori hanno dimostrato aumenti consistenti di stress ossidativo dopo un ictus ischemico. Come gli autori hanno sottolineato in uno studio precedente, lo stress ossidativo aumenta soprattutto dopo l'ictus cardioembolico, seguito dall'ictus lacunare, con uno scoppio meno prolungato di generazione di specie ossidanti dopo l'ictus trombotico.
C'è una notevole sovrapposizione tra la patogenesi indotta da stress ossidativo nell'ictus ischemico e il MA, che comprende la disfunzione mitocondriale (i mitocondri sono le principali fonti di energia nelle cellule), il sovraccarico di calcio delle cellule, l'attivazione di diversi enzimi distruttivi per mezzo dell'eccesso intracellulare di calcio, la trascrizione aberrante di espressione genica, l'induzione di autofagia (un processo mediante il quale le cellule degradano le loro proteine citoplasmatiche e gli organelli) e l'attivazione di una risposta infiammatoria.
Nonostante i risultati promettenti di molecole antiossidanti in modelli animali di ictus ischemico, gli studi clinici umani sono stati deludenti, probabilmente a causa del ritardo dell'amministrazione e della selezione errata dei pazienti. Tuttavia, in uno studio pubblicato nel 2019, l'edaravone (una molecola antiossidante) somministrato entro 48 ore dalla rivascolarizzazione endovascolare nell'ictus ischemico acuto, si è associato ad una maggiore indipendenza funzionale alla dimissione ospedaliera, mortalità ospedaliera più bassa e riduzione dell'emorragia intracranica dopo il ricovero, in uno studio che ha arruolato oltre 10.000 pazienti.
Più di recente, in una relazione presentata all'International Stroke Conference 2020, il nerinetide (NA1), una molecola che riduce l'ossido nitrico endogeno (anch'esso una specie ossidante) generato all'interno della cellula durante l'ischemia, ha migliorato la prognosi dei pazienti con ictus ischemico sottoposti a trombectomia endovascolare. Purtroppo, il NA1 interagisce con l'alteplase, limitando la sua efficacia nei pazienti che erano anche trombolizzati.
Anche gli antiossidanti sono stati valutati nelle malattie degenerative, compreso il MA, con risultati promettenti in modelli animali, ma con risultati inconcludenti negli studi clinici. Le strategie terapeutiche sono ostacolate dal doppio ruolo delle specie ossidanti nell'organismo. Da un lato, una maggiore produzione di ROS contribuisce a condizioni croniche legate all'età e dall'altro, le specie ossidanti funzionano come molecole di segnalazione in percorsi che sono critici per la sopravvivenza cellulare.
Tuttavia, sulla base delle prove convincenti sulle implicazioni dello stress ossidativo nella patogenesi del MA e del ruolo centrale dei mitocondri, le molecole che agiscono come antiossidanti che puntano i mitocondri sono promettenti in modelli animali di malattie neurodegenerative, migliorano la funzione mitocondriale dopo l'ischemia coronarica / riperfusione nei ratti, e alcune sono già diventate farmaci usati negli studi clinici su pazienti con diabete di tipo 2.
Considerando l'implicazione dello stress ossidativo nella genesi della patologia MA, gli autori ipotizzano che con l'invecchiamento, in presenza di fattori di rischio vascolari assodati, ed eventualmente con un contributo genetico, la patologia MA si sviluppa lentamente senza un deterioramento cognitivo clinicamente evidente.
Tuttavia, dopo un ictus c'è un improvviso scoppio di stress ossidativo che accelera la patogenesi della demenza e porta al deterioramento cognitivo clinicamente evidente. Se questa ipotesi fosse dimostrata, sarebbe rinforzata la ragione per eseguire il trattamento antiossidante nell'ictus acuto ischemico, richiedendo necessari ulteriori studi in questa direzione con lunghi periodi di studio.
Tuttavia, considerando l'elevata incidenza e prevalenza della malattia, i risultati potrebbero essere gratificanti.
Fonte: Bentham Science Publishers via EurekAlert! (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Anamaria Jurcau, Aurel Simion. Oxidative Stress in the Pathogenesis of Alzheimer’s Disease and Cerebrovascular Disease with Therapeutic Implications. CNS & Neurological Disorders - Drug Targets, 2020, DOI
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