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Invertita per la prima volta la perdita di memoria associata all'Alzheimer

Invertita per la prima volta la perdita di memoria associata all'AlzheimerLa paziente uno aveva avuto due anni di perdita progressiva di memoria. Stava pensando di rinunciare al suo lavoro, che coinvolgeva l'analisi di dati e la scrittura di rapporti, si trovava disorientata guidando l'auto, e mischiava i nomi dei suoi animali domestici.

Il paziente due ha cominciato a dimenticare i volti un tempo familiari al lavoro, dimenticava la combinazione dell'armadietto in palestra, e aveva bisogno che i suoi assistenti gli ricordassero costantemente il suo programma di lavoro.

La memoria della paziente tre era così deteriorata che usava un iPad per registrare tutto, finchè non ha dimenticato la password. I suoi figli hanno iniziato a notare che era diventato normale per lei perdere il filo del discorso a metà della frase, e chiedeva loro spesso se avessero svolto i compiti che lei pensava erroneamente di aver chiesto loro di fare.


Fin dalla sua prima descrizione fatta oltre 100 anni fa, l'Alzheimer manca di un qualsiasi trattamento efficace. Questo può finalmente essere destinato a cambiare: nel primo, piccolo studio su un programma innovativo, personalizzato e completo per invertire la perdita di memoria, nove dei 10 partecipanti, compresi quelli di cui sopra, hanno visto un miglioramento soggettivo o oggettivo della loro memoria a partire da 3 / 6 mesi dopo l'avvio del programma.


Dei sei pazienti che hanno dovuto interrompere il lavoro o che avevano difficoltà con il loro lavoro al momento in cui si sono uniti allo studio, tutti sono stati in grado di tornare a lavorare o continuare a lavorare con prestazioni migliorate. I miglioramenti sono stati sostenuti, e al momento di scrivere questa relazione il paziente che è stato seguito più a lungo ha iniziato il trattamento due anni e mezzo fa.


Questi primi dieci pazienti avevano perdita di memoria associata all'Alzheimer (AD), a decadimento cognitivo lieve amnestico (aMCI), o a deficit cognitivo soggettivo (SCI, quando un paziente riferisce problemi cognitivi). Un paziente, con diagnosi di Alzheimer in fase avanzata, non è migliorato.


Lo studio, eseguito congiuntamente dal «Mary S. Easton Center for Alzheimer’s Disease Research» e dal «Buck Institute for Research on Aging» della University of California Los Angeles (UCLA), è il primo a suggerire che la perdita di memoria nei pazienti può essere invertita, e il miglioramento può essere sostenuto, con un programma terapeutico complesso di 36 punti, che coinvolge cambiamenti globali nella dieta, nella stimolazione del cervello, nell'esercizio fisico, nell'ottimizzazione del sonno, con farmaci e vitamine specifiche, e altri passi aggiuntivi che influenzano la chimica del cervello.


I risultati, pubblicati nell'edizione corrente on line della rivista Aging, "sono molto incoraggianti. Tuttavia, al momento attuale i risultati sono aneddotici, e quindi si raccomanda uno studio clinico controllato più ampio", ha detto Dale Bredesen, Professore Ordinario «Augustus Rose» di Neurologia e Direttore dell'Easton Center dell'UCLA, professore del Buck Institute, e autore del documento.


Nel caso dell'Alzheimer, nota Bredesen, non c'è un farmaco che fermi, o che anche rallenti, la progressione della malattia, e le medicine hanno solo modesti effetti sui sintomi. "Solo nel decennio passato, sono stati condotti centinaia di studi clinici per l'Alzheimer ad un costo complessivo di oltre un miliardo di dollari, senza successo", ha detto.


Altre malattie croniche, come quelle cardiovascolari, il cancro, e l'HIV, sono state migliorate attraverso l'uso di terapie combinate, ha osservato. Ma nel caso dell'Alzheimer e di altri disturbi della memoria, non sono state esplorate terapie combinate complete. Eppure, negli ultimi decenni, la ricerca genetica e biochimica ha rivelato una vasta rete di interazioni molecolari coinvolte nella patogenesi. "Questo ha suggerito che un approccio terapeutico con una base più ampia, piuttosto che un singolo farmaco che mira a un solo bersaglio, può essere fattibile e potenzialmente più efficace per il trattamento del declino cognitivo causato dall'Alzheimer", ha detto Bredesen.


Mentre ampi studi preclinici di numerosi laboratori hanno identificato singoli obiettivi patogenetici per un intervento potenziale, negli studi sull'uomo tali approcci terapeutici a singolo bersaglio non hanno avuto conferme. Ma, ha detto Bredesen, è possibile che affrontare bersagli multipli all'interno della rete sottostante l'AD possa avere successo anche se ogni obiettivo è influenzato in modo relativamente modesto. "In altre parole", ha detto, "gli effetti dei vari obiettivi possono essere additivi, o addirittura sinergici".


Il fallimento uniforme dei test di farmaci di Alzheimer ha indotto la ricerca di Bredesen a cercare di capire meglio la natura fondamentale della malattia. Il suo laboratorio ha trovato prove che l'Alzheimer deriva da uno squilibrio nella segnalazione delle cellule nervose: nel cervello normale, segnali specifici favoriscono le connessioni nervose e il processo della memoria, mentre dei segnali di bilanciamento supportano la perdita di memoria, consentendo alle informazioni irrilevanti di essere dimenticate. Ma nell'Alzheimer, l'equilibrio di questi segnali opposti è disturbato, le connessioni nervose vengono soppresse, ed i ricordi si perdono.


Il modello a obiettivi multipli e uno squilibrio nella segnalazione va contro il dogma popolare che il morbo di Alzheimer è una malattia di tossicità, causata dall'accumulo di placche adesive nel cervello. Bredesen ritiene che il peptide amiloide-beta, l'origine delle placche, ha una funzione normale del cervello - nell'ambito di un più ampio insieme di molecole che promuove i segnali che inducono le connessioni nervose a venir meno. Così l'aumento del peptide che avviene nell'Alzheimer sposta l'equilibrio produzione-memoria vs rottura-memoria a favore della perdita di memoria.


Dato tutto questo, Bredesen ha pensato che, piuttosto che mirare un singolo agente, la soluzione potrebbe essere un approccio a sistemi, quello che è in linea con l'approccio adottato con altre malattie croniche: un sistema a componenti multipli. "I farmaci di Alzheimer esistenti influenzano un singolo bersaglio, ma la malattia di Alzheimer è più complessa. Immaginiamo di avere un tetto con 36 buchi, e il tuo farmaco ne copre uno molto bene; il farmaco può aver funzionato, un unico "buco" potrebbe essere stato riparato, ma ci sono ancora altre 35 perdite, e quindi il processo sottostante potrebbe non essere stato corretto del tutto".


L'approccio di Bredesen è personalizzato sul paziente, sulla base di numerosi test per determinare ciò che sta interessando la rete di segnalazione della plasticità del cervello. Come esempio, nel caso del paziente con il lavoro impegnativo che stava dimenticando la sua strada verso casa, il suo programma terapeutico consisteva di alcuni, ma non tutti, i componenti coinvolti nel programma terapeutico di Bredesen, e comprendeva:

  1. eliminati tutti i carboidrati semplici, portando ad una perdita di peso di 9 kg;
  2. eliminato il glutine e gli alimenti trasformati dalla dieta, con un aumento di verdure, frutta e pesce non d'allevamento;
  3. ridotto lo stress, iniziando a fare yoga;
  4. come seconda misura per ridurre lo stress del suo lavoro, ha cominciato a meditare per 20 minuti due volte al giorno;
  5. preso la melatonina ogni notte;
  6. aumentato il sonno da 4-5 ore per notte a 7-8 ore;
  7. preso metilcobalamina ogni giorno;
  8. preso la vitamina D3 ogni giorno;
  9. olio di pesce ogni giorno;
  10. CoQ10 ogni giorno;
  11. ottimizzato l'igiene orale con un flosser [getto d'acqua] elettrico e uno spazzolino da denti elettrico;
  12. dopo la discussione con il suo fornitore di cure primarie, ha reintegrato la terapia ormonale sostitutiva che era stata interrotta;
  13. digiunato per un minimo di 12 ore tra la cena e la colazione, e per un minimo di tre ore tra cena e prima di coricarsi;
  14. fatto esercizio per un minimo di 30 minuti, 4-6 giorni alla settimana.


L'aspetto negativo di questo programma è la sua complessità. Non è facile da seguire, il peso ricade sui pazienti e i caregiver, e nessuno dei pazienti è riuscito a rispettare l'intero protocollo. I cambiamenti significativi a dieta e stile di vita, e le diverse pillole necessarie ogni giorno, sono state le due lamentele più comuni. La buona notizia, però, ha detto Bredesen, sono gli effetti collaterali: "È interessante notare che il principale effetto collaterale di questo sistema terapeutico è una salute migliore e un indice di massa corporea ottimale, in netto contrasto con gli effetti collaterali di molti farmaci".


I risultati di nove dei 10 pazienti riportati nel documento suggeriscono che la perdita di memoria può essere invertita, e il miglioramento sostenuto, con questo programma terapeutico, ha detto Bredesen. "Questa è la prima dimostrazione di successo", ha osservato, ammonendo però che i risultati devono essere replicati. "I risultati attuali aneddotici richiedono uno studio più ampio, non solo per confermare o smentire i risultati qui riportati, ma anche per affrontare le questioni fondamentali sollevate, come il grado di miglioramento che può essere raggiunto regolarmente, quanto avanti nel corso del declino cognitivo può avvenire l'inversione, se un tale approccio può essere efficace nei pazienti con Alzheimer familiare, e per ultimo, per quanto tempo il miglioramento può essere sostenuto", ha detto.


Il declino cognitivo è una delle principali preoccupazioni della popolazione. Già ora l'Alzheimer colpisce circa 5,4 milioni di americani e 30 milioni di persone a livello globale. Senza la prevenzione e un trattamento efficace, le prospettive per il futuro sono tetre. Entro il 2050, si stima che 160 milioni di persone nel mondo avranno la malattia, compresi 13 milioni di americani, portando al potenziale fallimento il sistema sanitario. A differenza di molte altre malattie croniche, l'Alzheimer è in aumento; stime recenti suggeriscono che l'AD è diventata la terza causa di morte negli Stati Uniti dietro le malattie cardiovascolari e il cancro.

 

 

 

 

 


FonteUniversity of California, Los Angeles  (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:  Dale E. Bredesen. Reversal of cognitive decline: A novel therapeutic program. Aging, September 2014

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