Tutti noi ci mettiamo le dita nel naso, a qualsiasi età. Tuttavia, se i titoli avvincenti apparsi sui media di tutto il mondo sono un segno, questa abitudine potrebbe aumentare il rischio di morbo di Alzheimer (MA), la forma più comune di demenza.
Un giornale internazionale ha titolato: «Evidenza terribile: come un'abitudine comune potrebbe aumentare il rischio di MA e demenza». Un altro è uscito con: «Il rischio di MA aumenta mettendo le dita nel naso e strappandone i peli, avverte uno studio». Un giornale australiano non è riuscito a resistere a un gioco di parole: «Mettersi le dita nel naso porta alla demenza? I ricercatori australiani stanno scavando dentro».
Tuttavia, se guardiamo lo studio di ricerca che sta dietro questi titoli, potrebbe non essere necessario preoccuparci. Le prove che collegano le dita nel naso con il rischio di demenza sono ancora piuttosto inconcludenti.
Cosa ha suggerito questi titoli?
I ricercatori del Queensland hanno pubblicato il loro studio su Scientific Reports in febbraio 2022, ma i risultati sono stati riferiti ampiamente dai media solo circa otto mesi dopo, a seguito di un comunicato della Griffith University di fine ottobre, il cui titolo era: «Nuova ricerca suggerisce che mettere le dita nel naso potrebbe aumentare il rischio di Alzheimer e demenza».
Il comunicato dichiara chiaramente che la ricerca è stata condotta sui topi, non sull'uomo, ma ha citato un ricercatore che ha descritto le evidenze come "potenzialmente spaventose" anche per gli umani.
Cosa ha fatto lo studio
I ricercatori volevano saperne di più sul ruolo dei batteri della Chlamydophila pneumoniae (o Chlamydia) e sul MA. Questi batteri sono stati trovati nel cervello di persone con MA, sebbene gli studi siano stati completati più di 15 anni fa. Questa specie di batteri può causare infezioni respiratorie come la polmonite, ma non deve essere confusa con le specie di clamidia che causano infezioni trasmesse per via sessuale (che sono le C. trachomatis).
I ricercatori erano interessati a dove andavano i C. pneumoniae, la velocità con cui andavano dal naso al cervello e se i batteri creano un segno distintivo del MA presente nel tessuto cerebrale, la proteina amiloide-β. Quindi hanno condotto un piccolo studio sui topi.
I ricercatori hanno iniettato C. pneumoniae nel naso di alcuni topi e hanno confrontato i risultati con quelli di altri topi che avevano ricevuto solo acqua salata. Hanno quindi aspettato 1, 3, 7 o 28 giorni prima di eutanizzare gli animali ed esaminare ciò che stava accadendo nel loro cervello.
Cosa ha trovato lo studio
Non sorprende che i ricercatori abbiano rilevato più batteri nella parte del cervello più vicina al naso, nei topi che hanno ricevuto la dose infettiva. Questa era la regione cerebrale olfattiva (coinvolta nel senso dell'olfatto). I topi che avevano avuto l'iniezione di batteri nel naso avevano anche grumi di proteina amiloide-β attorno ai batteri.
Anche i topi che non hanno ricevuto la dose avevano la proteina presente nel cervello, ma era più distribuita. I ricercatori non hanno fatto confronti tra topi che avevano più o meno proteina. Infine, i ricercatori hanno scoperto che i profili genici relativi al MA nei topi erano più abbondanti 28 giorni dopo l'infezione rispetto a 7 giorni dopo.
Come dovremmo interpretare i risultati?
Lo studio in realtà non menziona mettersi le dita nel naso o strapparne i peli. Ma il comunicato ha riferito che uno dei ricercatori ha detto che questa non è una buona idea in quanto ciò potrebbe danneggiare il naso:
"Se danneggi il rivestimento del naso, puoi aumentare il numero di batteri che vanno al cervello".
Il comunicato ha suggerito che potresti proteggere il naso (non mettendoti dentro le dita) e quindi abbassare il rischio di MA. Ancora una volta, questo non è scritto nello studio stesso. Nella migliore delle ipotesi i risultati dello studio suggeriscono che l'infezione da C. pneuomoniae può diffondersi rapidamente al cervello ... nei topi.
Fino a quando non avremo studi più definitivi e robusti negli esseri umani, direi che il legame tra mettersi le dita nel naso e il rischio di demenza rimane basso.
Commento del revisore Mark Patrick Taylor
Mettersi le dita nel naso è una pratica umana comune per tutta la vita. Nove persone su 10 ammettono di farlo. A 20 anni di età, circa il 50% delle persone ha evidenze di C. pneumoniae nel sangue. Ciò sale all'80% nelle persone da 60 a 70 anni. Ma questi fattori sono collegati? Uno causa l'altro?
Lo studio alla base di questi resoconti giornalistici solleva alcuni punti interessanti sui C. pneumoniae nella cavità nasale e la sua associazione con depositi di proteina amiloide-β (placche) nel cervello dei topi ... non degli esseri umani.
Non possiamo supporre che ciò che accade nei topi si applichi anche agli umani, per una serie di motivi. Anche se i batteri di C. pneumoniae possono essere più comuni nelle persone con MA ad esordio tardivo, l'associazione con le caratteristiche placche amiloidi dello studio sui topi non implica necessariamente che uno causi l'altro.
I topi sono stati anche eutanizzati al più tardi 28 giorni dopo l'esposizione, molto prima che avessero il tempo di sviluppare una malattia risultante. Questo non sarebbe possibile in ogni caso, perché i topi non sviluppano naturalmente il MA. Anche se i topi possono accumulare le placche associate al MA, non mostrano i problemi di memoria osservati nelle persone.
Alcuni ricercatori hanno anche sostenuto che i depositi di proteine amiloide-β negli animali sono diversi dall'uomo e quindi potrebbero non essere adatti per il confronto. Allora qual è il verdetto?
È utile guardare ai fattori di rischio per lo sviluppo del MA. Ma suggerire che mettersi le dita nel naso, introducendo così i C. pneumoniae nel corpo, può aumentare il rischio di MA nell'uomo, in base a questo studio, è strafare.
Fonte: Joyce Siette (Research Theme Fellow, Western Sydney University), testo verificato da Mark Patrick Taylor (prof. scienze naturali, Macquarie University)
Pubblicato su The Conversation (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: A Chacko, ...[+10], JAK Ekberg. Chlamydia pneumoniae can infect the central nervous system via the olfactory and trigeminal nerves and contributes to Alzheimer’s disease risk. Scientific Reports, 17 Feb 2022, DOI
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