C’è anche la firma di Benedetta Nacmias e di Sandro Sorbi, docenti di Neurologia dell’Ateneo fiorentino, nello studio internazionale pubblicato su Nature Genetics che ha individuato due nuovi geni associati ad un maggior rischio di contrarre il morbo di Alzheimer (MA).
Si tratta del più grande studio mondiale di sequenziamento dell’esoma, cioè la parte del genoma che fornisce le indicazioni per la realizzazione delle proteine: sono stati confrontati più di 32.000 genomi di pazienti con MA e di individui sani (campioni di controllo).
Al lavoro – coordinato dall’University Medical Center (UMC) di Amsterdam, dall’Istituto Pasteur di Lille, e dall’Università di Rouen Normandie – hanno partecipato dieci istituti di ricerca e atenei italiani, fra cui Firenze.
Dall’analisi dei dati i ricercatori hanno scoperto due nuovi geni (ATP8B4 e ABCA1) in cui rare mutazioni genetiche dannose portano a un aumento del rischio di MA. Anche un altro gene, ADAM10, è stato individuato come possibile 'gene Alzheimer', ma l’analisi ha riguardato pochissimi casi con questa tipologia e i ricercatori si ripromettono di confermare l’ipotesi attraverso lo studio di un campione più ampio di pazienti, confrontati con individui sani.
I nuovi geni identificati sono coinvolti nel mantenimento della salute del cervello e la loro compromissione genetica è indicativa di processi patologici, come anche altri tre geni già associati al rischio di MA (SORL1, ABCA7 e TREM2), ristudiati nell’attuale indagine.
Il gene ATB8B4 è coinvolto nel trasporto dei fosfolipidi, principalmente nelle cellule immunitarie del cervello, e il gene ABCA1 mantiene livelli sani di colesterolo e fosfolipidi nelle cellule cerebrali ed è associato a livelli più bassi di proteina amiloide aggregata (alti livelli di questa proteina sono un segno distintivo del MA). ADAM10, infine, è anche coinvolto nell’elaborazione del precursore della proteina amiloide-β, ma in modo tale da impedire la formazione della proteina amiloide-β.
I geni identificati rappresentano i meccanismi molecolari maggiormente interessati nei malati di MA e forniscono obiettivi per la programmazione di possibili strategie terapeutiche.
Tenuto conto che il 60-80% del rischio di MA può essere spiegato da fattori genetici e che, in caso di esordio precoce della malattia (prima dei 65 anni), questa percentuale arriva al 90%, la lotta a questa patologia potrebbe in prospettiva consistere, attraverso il genoma unico di ogni persona, nell’identificare gli individui con un aumento del rischio di MA, prima che si manifestino i sintomi, per consentire l’applicazione tempestiva di strategie di trattamento personalizzate.
Fonte: Università di Firenze
Riferimenti: H Holstege, ...[+105], JC Lambert. Exome sequencing identifies rare damaging variants in ATP8B4 and ABCA1 as risk factors for Alzheimer’s disease. Nature Genetics, 21 Nov 2022, DOI
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