Secondo un nuovo studio, gli anticorpi sviluppati dai ricercatori del Rensselaer Polytechnic Institute sono insolitamente efficaci nel prevenire la formazione di particelle proteiche tossiche legate all'Alzheimer e al Parkinson, così come al diabete di tipo 2.
L'insorgenza di tali patologie devastanti è associato all'aggregazione di proteine in particelle dannose per le cellule del cervello (Alzheimer e Parkinson) e del pancreas (diabete di tipo 2). Gli anticorpi, di solito usati dal sistema immunitario per affrontare gli invasori estranei quali batteri e virus, sono armi promettenti per impedire la formazione di particelle di proteine tossiche.
Un limite degli anticorpi convenzionali, tuttavia, è che sono necessarie alte concentrazioni per inibire completamente la formazione di particelle di proteine tossiche nell'Alzheimer, nel Parkinson, e negli altri disturbi.
Per superare questa limitazione, un team di ricercatori guidati dal professor Peter Tessier del Rensselaer ha messo a punto un nuovo processo per la creazione di anticorpi che inibiscono la formazione di particelle di proteine tossiche. Mentre gli anticorpi convenzionali di solito si legano a una o due proteine bersaglio per ogni anticorpo, quelli creati con il metodo Tessier, si legano a 10 proteine per anticorpo.
La potenza maggiorata permette ai nuovi anticorpi, in concentrazioni insolitamente basse, di impedire la formazione di particelle di proteine tossiche. Questo è un passo importante verso la creazione di nuove molecole terapeutiche per la prevenzione di malattie come l'Alzheimer e il Parkinson.
"È estremamente difficile inviare anticorpi al cervello. Meno del 5 percento di una iniezione di anticorpi nel flusso sanguigno di un paziente entra nel cervello. Pertanto, occorre produrre anticorpi più potenti possibile, così la piccola frazione che riuscirà ad entrare nel cervello potrà prevenire completamente la formazione di particelle proteiche tossiche legate all'Alzheimer e al Parkinson", ha detto Tessier, professore assistente del Dipartimento P. Howard Isermann di Ingegneria Chimica e Biologica del Rensselaer. "La nostra strategia per progettare inibitori anticorpo sfrutta le stesse interazioni molecolari che causano la formazione di particelle tossiche, e gli anticorpi risultanti sono inibitori più potenti degli anticorpi generati dal sistema immunitario".
I risultati del nuovo studio, condotto nei laboratori del Centro per le Biotecnologie e Studi Interdisciplinari del Rensselaer, sono stati pubblicati online la scorsa settimana dalla rivista Proceedings of National Academy of Sciences (PNAS). La ricerca di Tessier rappresenta un nuovo modo di generare anticorpi terapeutici. Attualmente, la maggior parte anticorpi sono ottenuti sfruttando il sistema immunitario dei roditori. Nei topi viene iniettata una proteina bersaglio, per esempio proteine di Alzheimer, e il sistema immunitario dell'animale genera un anticorpo specifico per attaccare la proteina. Il metodo di Tessier è radicalmente diversa in quanto si basa su strategie di progettazione razionale per creare anticorpi in base alle proprietà delle proteine bersaglio.
Hanno collaborato allo studio Ali Reza Ladiwala, Moumita Bhattacharya, Joseph Perchiaccaa, laureati del Rensselaer; Ping Cao e Daniel Raleigh del Department of Chemistry della Stony Brook University; Andisheh Abedini e Ann Marie Schmidt del Diabetes Research Program della New York University School of Medicine; Jobin Varkey e Ralf Langen del Zilkha Neurogenetic Institute della University of Southern California, Los Angeles. Questo studio è stato finanziato con il supporto della American Health Assistance Foundation, della National Science Foundation, del Pew Charitable Trust, e del National Institutes of Health.
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Fonte: Materiale del Rensselaer Polytechnic Institute (RPI).
Riferimento: ARA Ladiwala, M. Bhattacharya, JM Perchiacca, P. Cao, DP Raleigh, A. Abedini, AM Schmidt, J. Varkey, R. Langen, PM Tessier. Rational design of potent domain antibody inhibitors of amyloid fibril assembly. Proceedings of the National Academy of Sciences, 2012; DOI: 10.1073/pnas.1208797109.
Pubblicato in ScienceDaily il 3 Dicembre 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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