Un team di ricercatori universitari ha messo in evidenza come la vitamina D3 e gli acidi grassi omega-3 possono aumentare la capacità del sistema immunitario di eliminare dal cervello le placche amiloidi, una delle caratteristiche dell'Alzheimer.
In un piccolo studio pilota pubblicato nel numero del 5 Febbraio del Journal of Alzheimer, gli scienziati hanno identificato i geni chiave e le reti di segnalazione regolate dalla vitamina D3 e dagli acidi grassi DHA (acido docosaesaenoico) omega-3, che possono aiutare a controllare l'infiammazione e a migliorare l'eliminazione della placca.
Il precedente lavoro di laboratorio dal gruppo ha contribuito a chiarire i meccanismi chiave che permettono alla vitamina D3 di eliminare l'amiloide-beta, la proteina anomala presente nella placca. Questo nuovo studio allarga i risultati precedenti alla vitamina D3 e sottolinea il ruolo dei DHA omega-3. "Il nostro nuovo studio getta nuova luce su un possibile ruolo delle sostanze nutritive, come la vitamina D3 e gli omega-3, per stimolare l'immunità che aiuta a combattere l'Alzheimer", scrive l'autore dello studio, il Dr. Milan Fiala, ricercatore della David Geffen School of Medicine alla UCLA.
Per lo studio, gli scienziati hanno preso campioni di sangue sia da pazienti di Alzheimer che da controlli sani, e hanno quindi isolato cellule immunitarie cruciali (macrofagi) nel sangue. I macrofagi sono responsabili dell'incorporazione dell'amiloide-beta e di altri i rifiuti nel cervello e nel corpo. Il gruppo ha messo le cellule del sistema immunitario nell'incubatrice con l'amiloide-beta di notte. Ed ha aggiunto ad alcune delle cellule una forma attiva di vitamina D3 chiamata 1alfa,25-diidrossivitamina D3 oppure una forma attiva di acido grasso DHA omega-3 chiamata D1 resolvin, per valutare l'effetto che facevano sull'infiammazione e sull'assorbimento di amiloide-beta.
Sia l'1alpha,25-diidrossivitamina D3 che la D1 resolvin hanno migliorato la capacità dei macrofagi dei pazienti di Alzheimer di fagocitare amiloide-beta, e hanno inibito la morte cellulare indotta dall'amiloide-beta. I ricercatori osservano che ogni molecola nutrizionale utilizza recettori diversi e vie di segnalazione comuni per fare questo.
Il precedente lavoro del gruppo, basato sulla funzione dei macrofagi dei pazienti di Alzheimer, aveva dimostrato che esistono due gruppi di pazienti e di macrofagi. In questo studio, i ricercatori hanno scoperto che i macrofagi dei pazienti di Alzheimer esprimono geni infiammatori in modo differenziale, rispetto ai controlli sani, e che ci sono due schemi di trascrizione diversi che distingono ulteriormente i due gruppi: il Gruppo 1 ha avuto un aumento della trascrizione dei geni infiammatori, mentre il Gruppo 2 ha avuto una monre trascrizione. La trascrizione è il primo passo che conduce all'espressione genica. "Ulteriori studi potrebbero aiutarci a capire se questi due schemi distinti di trascrizione dei geni infiammatori potrebbero distinguere due stadi oppure due tipi di Alzheimer", ha detto l'autore dello studio Mathew Mizwicki, ricercatore assistente della David Geffen School of Medicine alla UCLA.
Anche se l'1alpha,25-diidrossivitamina D3 e la D1 resolvin migliorano notevolmente l'eliminazione di amiloide-beta da parte dei macrofagi nei pazienti di entrambi i gruppi, i ricercatori hanno scoperto che ci sono delle sottigliezze negli effetti che le due sostanze hanno sull'espressione dei geni infiammatori nei due gruppi. Nel Gruppo 1, quello con maggiore infiammazione, i macrofagi mostrano una riduzione dell'attivazione infiammatoria; nel Gruppo 2, i macrofagi mostrano un aumento dei geni infiammatori IL1 e TLR con l'aggiunta di 1alfa,25-diidrossivitamina D3 o di D1 resolvin.
Fiala dice che, pur essendo necessari altri studi, queste differenze potrebbero essere associate alla gravità nei pazienti di carenze nutrizionali e/o metaboliche di vitamina D3 e DHA, nonché di acidi grassi EPA omega-3 (acido eicosapentaenoico). "Potremmo scoprire che abbiamo bisogno di bilanciare attentamente per ogni paziente l'integrazione con vitamina D3 e acidi grassi omega-3, per contribuire a promuovere sistemi efficienti di eliminazione dell'amiloide-beta. Questo è un primo passo per capire in quale forma e in quali pazienti queste sostanze nutrizionali potrebbero funzionare meglio", scrive Fiala.
Secondo Fiala, una forma attiva (non ossidata) di DHA omega-3, il precursore della D1 resolvin utilizzata in questo studio, può funzionare meglio di forme di DHA più diffuse sul mercato, che generalmente non sono protette dall'ossidazione che può rendere inattiva una molecola.
I ricercatori dicono che il passo successivo è uno studio più grande per confermare i risultati, così come uno studio clinico con DHA omega-3.
L'Alzheimer's Association ha contribuito alla fase iniziale dello studio. Fiala è consulente della Smartfish che produce una bevanda con una forma attiva di DHA omega-3 (immagine introduttiva). Hanno collaborato allo studio anche Guanghao Liu, Larry Magpantay, James Sayre, Avi Siani, Michelle Mahanian, Rachel Weitzman, Eric Hayden, Mark J. Rosenthal, Ilka Nemere, John Ringman e David B. Teplow.
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Fonte: Materiale della University of California, Los Angeles. Articolo originale scritto da Rachel Champeau.
Riferimento:Mathew T. Mizwicki, Guanghao Liu, Milan Fiala, Larry Magpantay, James Sayre, Avi Siani, Michelle Mahanian, Rachel Weitzman, Eric Hayden, Mark J. Rosenthal, Ilka Nemere, John Ringman, David B. Teplow. 1α,25-Dihydroxyvitamin D3 and Resolvin D1 Retune the Balance between Amyloid-β Phagocytosis and Inflammation in Alzheimer's Disease Patients. Journal of Alzheimer's Disease, Volume 34, Issue 1.
Pubblicato in Science Daily il 5 Febbraio 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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