Se si chiede a un topo se sa come ha avuto quell'ambito pezzo di cioccolato, i neuroscienziati dell'Università dell'Indiana diranno che la risposta, del topo, è un sonoro "sì".
Uno studio appena pubblicato sulla rivista Current Biology offre la prima prova della memoria di origine in un animale non umano.
I risultati hanno "implicazioni affascinanti", ha detto il ricercatore principale Jonathon Crystal, sia in termini evolutivi che per la ricerca futura delle basi biologiche della memoria, così come per il trattamento di malattie caratterizzate da perdita di memoria come l'Alzheimer, il Parkinson e la corea di Huntington, o disturbi come la schizofrenia, la PTSD e la depressione.
Lo studio apre inoltre la possibilità di creare modelli animali per i disturbi della memoria. "I ricercatori possono ora studiare negli animali quello si pensava fosse un dominio esclusivamente umano", dice Crystal, professore del Dipartimento di Scienze Psicologiche e del Cervello alla Facoltà di Arti e Scienze. "Se si possono esportare i tipi di comportamento, come gli errori di memoria di origine in modelli animali transgenici, si ha la possibilità di produrre modelli preclinici per il trattamento di malattie come l'Alzheimer".
Tra le varie forme di memoria identificate dagli scienziati, alcune sono da tempo considerate tipicamente umane. Tra queste c'è la memoria dell'origine. Quando qualcuno ripete una barzelletta alla persona che gliel'aveva detta, è un esempio quotidiano di avaria della memoria di origine. La persona che ripete la barzelletta ha dimenticato la fonte delle informazioni - come l'ha acquisita - ma non le informazioni ripetute. Le persone combinano le informazioni di origine per costruire i ricordi di eventi discreti e per distinguere tra vari eventi o episodi.
Gli animali non umani, al contrario, erano ritenuti in possesso di forme limitate di memoria, acquisite attraverso il condizionamento e la ripetizione; abitudini piuttosto che ricordi coscienti. Il tipo di errori di memoria più devastanti per coloro che sono direttamente colpiti dall'Alzheimer sono generalmente considerati oltre l'ambito delle menti non umane.
Lo studio deve molto a un'altra qualità che questi roditori condividono con gli esseri umani: essi amano il cioccolato. "Non c'è quantità di cioccolato che si può dare a un topo che lo faccia desistere dal mangiarne di più", dice Crystal. Usando il cioccolato come esca in un labirinto radiale a otto braccia, lo studio era composto da una serie di cinque esperimenti che, insieme, forniscono prove convergenti.
- Nei primi due, per ottenere il cioccolato, i ratti dovevano ricordare la sorgente da dove l'avevano preso, sia che fossero in prossimità del recipiente contenente il cioccolato, sia che avessero dovuto correre da soli per arrivarci. L'uso di diversi labirinti ha aiutato ad escludere la possibilità che l'eccessiva confidenza con un labirinto particolare portasse a risultati positivi.
- Un terzo esperimento ha dimostrato che la memoria di origine dei topi, il mezzo attraverso il quale recuperare il cioccolato, è durato una settimana invece del singolo giorno di durata di altre forme più comuni di memoria. Questo ha dato la prova convergente, dice Crystal, che i ratti si affidano alla memoria di fonte nella misura in cui i ricordi sorgente decadono più lentamente rispetto ad altri sistemi di memoria.
- Nel quarto esperimento, i ratti potevano ottenere il cioccolato quando il ricercatore li poneva sul trogolo. I ratti ricordavano anche questa regola.
- Infine, nel quinto esperimento, i ricercatori hanno disattivato temporaneamente l'ippocampo dei ratti, la regione del cervello ritenuta essenziale per una precisa memoria di sorgente. Se il compito richiede memoria di origine, disattivare quella zona potrebbe compromettere la capacità di ricordare informazioni di origine, e così è successo.
"Stiamo cercando di sviluppare approcci comportamentali con i roditori che attingano a questi tipi di sistemi di memoria" afferma Crystal. "Questo studio è la dimostrazione, la prova del concetto che la memoria di origine esiste negli animali. Ma il meccanismo che lo sostiene è aperto.
Ora siamo interessati a analizzare le sub-aree dell'ippocampo coinvolte nella memoria episodica, verificare ipotesi circa il coinvolgimento delle diverse regioni nella memoria episodica a breve e a lungo termine, capire le vie neuroanatomiche".
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Fonte: Indiana University, via EurekAlert!, a service of AAAS.
Riferimento: Jonathon D. Crystal, Wesley T. Alford, Wenyi Zhou, Andrea G. Hohmann. Source Memory in the Rat. Current Biology, 2013; DOI: 10.1016/j.cub.2013.01.023.
Pubblicato in Science Daily il 27 Febbraio 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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