Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Variante del gene ApoE può proteggere dall'Alzheimer

Essere portatori di una particolare versione del gene dell'apolipoproteina E (APOE) è il principale fattore conosciuto di rischio genetico per la forma ad esordio tardivo sporadica dell'Alzheimer, ma è controverso tra i ricercatori il modo esatto in cui questa variante aumenta il rischio.


Ora uno studio animale, condotto da ricercatori del Massachusetts General Hospital (MGH), dimostra che anche livelli bassi della proteina APOE4, quella associata all'Alzheimer, possono aumentare la quantità e la densità delle placche cerebrali di amiloide-beta (A-beta), il caratteristico danno neuronale, e la quantità di A-beta tossica e solubile nel cervello in modelli di topo della malattia.


L'introduzione di APOE2, una variante rara che è stata associata alla protezione dallo sviluppo dell'Alzheimer, nel cervello di animali con placche consolidate, ha ridotto efficacemente deposizione, ritenzione e neurotossicità dell'A-beta, suggerendo il potenziale del trattamento basato sulla terapia genica.


"Usando una tecnica sviluppata dai nostri collaboratori della University of Iowa, siamo riusciti ad ottenere l'espressione a lungo termine di queste varianti genetiche umane nel liquido che bagna l'intero cervello", dice Bradley Hyman, MD, PhD, del MassGeneral Institute for Neurodegenerative Disease (MGH-MIND), autore senior del rapporto apparso il 20 novembre su Science Translational Medicine. "Questi risultati suggeriscono che le strategie volte a ridurre i livelli di APOE4, la forma dannosa della proteina, e l'aumento della concentrazione della variante protettiva APOE2, potrebbero essere utili ai pazienti".


L'associazione tra la variante APOE4 e l'aumento del rischio di Alzheimer è stata formulata più di 20 anni fa. Ricerche successive hanno dimostrato che essere portatori di due copie della variante nociva aumenta di 12 volte il rischio, rispetto all'avere due copie della forma più comune, l'APOE3. Ereditare la variante APOE2, tuttavia, sembra ridurre il rischio a metà. Tutte le varianti estremamente rare del gene, che causano direttamente la forme familiari della malattia, partecipano alla produzione e alla deposizione di A-beta, ma non si sa ancora esattamente come le varianti di APOE contribuiscono al processo.


L'APOE è secreto da alcune cellule cerebrali, ed è noto per la regolazione del metabolismo del colesterolo nel cervello e perchè può legarsi ai peptidi di A-beta, suggerendo che le diverse forme della proteina possono influenzare se e come si formano le placche tossiche di A-beta. Mentre le precedenti ricerche sugli effetti della proteina hanno usato topi con l'espressione genica eliminata o animali transgenici che esprimevano le varianti genetiche umane per tutta la loro vita, lo studio guidato dal MGH-MIND ha usato un approccio diverso per studiare gli effetti dell'introduzione delle forme variate della proteina nel cervello, dove era già iniziata la formazione della placca.


Essi hanno iniettato vettori virali, contenenti geni di una delle tre varianti di APOE o una proteina di controllo, direttamente nel liquido cerebrospinale di un modello di topo di Alzheimer, animali adulti in cui le placche erano ben consolidate. Due mesi dopo che i vettori erano stati iniettati, circa il 10 per cento dell'APOE nel cervello degli animali che avevano ricevuto una delle varianti, è risultato essere la versione umana introdotta.


Cinque mesi dopo l'iniezione, l'esame del tessuto cerebrale ha rivelato che le placche di A-beta nei topi che avevano ricevuto le iniezioni di APOE4 erano più numerose e significativamente più dense rispetto a quelle dei topi che avevano avuto APOE2. La crescita delle placche negli animali che avevano ricevuto APOE3 era intermedia tra quella degli altri due gruppi e simile a quanto visto negli animali di controllo. Il livello di A-beta nel sangue dei topi che avevano ricevuto l'APOE2 era più alto che negli altri gruppi, suggerendo che la variante protettiva aveva aumentato l'eliminazione di A-beta dal cervello.


In un gruppo di animali a cui erano state impiantate piccole finestre, che permettevano di vedere direttamente il tessuto cerebrale, la progressione della deposizione di placca A-beta è risultata più veloce negli animali trattati con APOE4 e più lenta (a volte sembrava anche regredire) nei topi iniettati con APOE2. Anche i segni di danno neuronale intorno alle placche variavano a seconda della variante APOE ricevuta dagli animali, e gli esperimenti in un modello diverso di Alzheimer, in cui le placche appaiono più lentamente ha dimostrato che l'iniezione di APOE4 aumenta il livello di A-beta libero e solubile nel liquido che bagna il cervello.


"Questo studio ci ha permesso di capire, nei topi, quali effetti dei diversi tipi di APOE sono più importanti per la variazione di deposizione di placche amiloidi", dice Eloise Hudry, PhD, del MGH-MIND, autorice principale dello studio. "I nostri risultati implicano che gli approcci terapeutici basati sull'APOE possono aiutare ad alleviare la progressione dell'Alzheimer. Ulteriori studi sono necessari per perseguire tale possibilità e per studiare l'uso potenziale di questa tecnologia di trasferimento genico per introdurre altre proteine ​​protettive nel cervello".


La Hudry è istruttrice di Neurologia e Hyman è Professore John B. Penney Jr. di Neurologia alla Harvard Medical School. Ulteriori collaborautori sono stati Jonathan Dashkoff, Allyson Roe, Shuko Takeda, MD, PhD, Robert Koffie, MD, PhD, T. Hashimoto, PhD, T. Spires-Jones, PhD e Michel Arbel-Ornath, PhD, dell'MGH-MIND; Beverly Davidson, PhD, e Maria Scheel del Carver College of Medicine alla University of Iowa; e Rebecca Betensky, PhD, della Harvard School of Public Health. Il finanziamento per lo studio fornito dai National Institutes of Health e dal Dreyfoos Program.

 

 

 

 

 


Fonte: Massachusetts General Hospital.

Riferimenti: E. Hudry, J. Dashkoff, A. D. Roe, S. Takeda, R. M. Koffie, T. Hashimoto, M. Scheel, T. Spires-Jones, M. Arbel-Ornath, R. Betensky, B. L. Davidson, B. T. Hyman. Gene Transfer of Human Apoe Isoforms Results in Differential Modulation of Amyloid Deposition and Neurotoxicity in Mouse Brain. Science Translational Medicine, 2013; 5 (212): 212ra161 DOI: 10.1126/scitranslmed.3007000

Pubblicato in massgeneral.org (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra:

 


 

 

Notizie da non perdere

'Scioccante': dopo un danno, i neuroni si auto-riparano ripartendo d…

17.04.2020 | Ricerche

Quando le cellule cerebrali adulte sono ferite, ritornano ad uno stato embrionale, secon...

Fruttosio prodotto nel cervello può essere un meccanismo che guida l'Alzh…

29.09.2020 | Ricerche

Una nuova ricerca rilasciata dalla University of Colorado propone che il morbo di Alzhei...

Cibo per pensare: come la dieta influenza il cervello per tutta la vita

7.10.2024 | Esperienze & Opinioni

Una quantità di ricerche mostra che ciò che mangiamo influenza la capacità del corpo di ...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

Colpi in testa rompono i 'camion della spazzatura' del cervello acce…

5.12.2014 | Ricerche

Un nuovo studio uscito ieri sul Journal of Neuroscience dimostra che un...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

30.05.2018 | Ricerche

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hô...

Cerca il tuo sonno ideale: troppo e troppo poco legati al declino cognitivo

28.10.2021 | Ricerche

Come tante altre cose buone della vita, il sonno fa meglio se è moderato. Uno studio plu...

Paesi asiatici assistono gli anziani in modo diverso: ecco cosa possiamo impar…

28.10.2020 | Esperienze & Opinioni

A differenza dei paesi occidentali, le culture tradizionali asiatiche mettono un forte a...

Relazioni personali ricche migliorano il funzionamento del cervello

22.06.2020 | Ricerche

Come interagiscono gli individui, come si percepiscono uno con l'altro, e i pensieri e i...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

L'esercizio fisico dà benefici cognitivi ai pazienti di Alzheimer

29.06.2015 | Ricerche

Nel primo studio di questo tipo mai effettuato, dei ricercatori danesi hanno dimostrato che l'ese...

Che speranza hai dopo la diagnosi di Alzheimer?

25.01.2021 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia che cambia davvero la vita, non solo per la pe...

Ricercatori delineano un nuovo approccio per trattare le malattie degenerative

8.05.2024 | Ricerche

Le proteine sono i cavalli da soma della vita. Gli organismi li usano come elementi costitutivi, ...

Dott. Perlmutter: Sì, l'Alzheimer può essere invertito!

6.12.2018 | Ricerche

Sono spesso citato affermare che non esiste un approccio farmaceutico che abbia un'effic...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024 | Annunci & info

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee guida...

Gli interventi non farmacologici per l'Alzheimer sono sia efficaci che co…

19.04.2023 | Ricerche

Un team guidato da ricercatori della Brown University ha usato una simulazione al computer per di...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

2.03.2023 | Ricerche

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

"Ci...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)