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Studio rafforza il legame tra proteine malripiegate, carenza di sonno e invecchiamento

«Tirare una nottata" prima di un esame importante è praticamente un rito obbligato all'università. Di solito, non è un problema: si rimane svegli tutta la notte, si fa l'esame, e poi si dorme, recuperando rapidamente il sonno perduto.


Ma con l'età, i modelli di sonno cambiano, e diminuisce la nostra capacità di recuperare il sonno perduto.


Dei ricercatori della Scuola Perelman di Medicina all'Università della Pennsylvania, hanno studiato i meccanismi molecolari alla base del sonno. Ora riferiscono che i percorsi dell'invecchiamento e del sonno si intersecano nel circuito di un percorso di risposta allo stress cellulare, e che armeggiando con quelle connessioni, potrebbe essere possibile modificare i modelli di sonno negli anziani per migliorarli, almeno nei moscerini della frutta.


Nirinjini Naidoo, PhD, professoressa associata del «Center for Sleep and Circadian Neurobiology» e della Divisione di Medicina del Sonno, ha condotto con la collega di postdottorato Marishka Brown (PhD) lo studio, che è stato pubblicato online sulla rivista Neurobiology of Aging.


Si sa che l'aumento dell'età disturba il sonno in molti modi. Le persone anziane dormono di notte meno dei giovani e dormono anche meno bene. I soggetti più anziani tendono a appisolarsi di più durante il giorno. Il laboratorio della Naidoo aveva in precedenza riferito che l'invecchiamento è associato a livelli crescenti di malripiegamento [misfolding] delle proteine, un segno distintivo di stress cellulare chiamato «risposta della proteina non ripiegata».


Il misfolding è anche una caratteristica di diverse malattie neurodegenerative legate all'età, come l'Alzheimer e il Parkinson, e ora si scopre, è associato anche alla privazione del sonno. La Naidoo e il suo team volevano sapere se, recuperando il comportamento corretto di ripiegamento delle proteine, ​si ​possono contrastare alcuni dei modelli di sonno dannosi degli anziani.


Usando un sistema di monitoraggio video per confrontare le abitudini del sonno dei moscerini della frutta «giovani» (9-12 giorni) e «invecchiati» (8 settimane), hanno scoperto che i moscerini anziani hanno bisogno di più tempo per recuperare dalla privazione del sonno, dormono di meno in generale, e hanno un sonno interrotto più di frequente rispetto agli animali di controllo più giovani.


Tuttavia, l'aggiunta di una molecola che favorisce il corretto ripiegamento delle proteine ​​- un «chaperone», o guida, molecolare chiamato PBA - mitiga molti di questi effetti, dando effettivamente ai moscerini uno schema di sonno più giovane. La PBA (4-fenilbutirrato di sodio) è un composto usato attualmente per il trattamento di malattie da misfolding proteico, come il Parkinson e la fibrosi cistica.


Il team si è anche posto la domanda inversa: il misfolding può indurre il sonno alterato negli animali giovani? Un altro farmaco, la tunicamicina, induce misfolding e stress, e quando il gruppo l'ha dato ai moscerini giovani, i loro modelli di sonno si sono spostati verso quelli dei moscerini anziani, con meno ore di sonno in generale, sonno più interrotto durante la notte, e un recupero più lungo dalla privazione del sonno.


L'analisi molecolare dei moscerini privati del sonno, e trattati con PBA, suggerisce che la PBA agisce attraverso la «risposta della proteina non ripiegata». La PBA, secondo la Naidoo, ha due effetti sui moscerini anziani: «consolida» il sonno di base (aumentando la quantità totale di tempo dormito) e sposta il recupero di sonno, dopo la privazione del sonno, per avvicinarsi a quello di un moscerino giovane. "Recupera gli schemi di sonno dei moscerini anziani", spiega.


Questi risultati, spiega la Naidoo, suggeriscono tre messaggi chiave:

  1. Il primo è che la perdita di sonno porta al misfolding e allo stress cellulare, e invecchiando, diminuisce la nostra capacità di recuperare da quello stress.
  2. Il secondo è che invecchiamento e sonno formano apparentemente una sorta di circolo vizioso«uovo-gallina», per cui la perdita di sonno o il sonno frammentato portano allo stress cellulare, seguito da disfunzione neuronale, e infine ad un sonno di qualità più povera. Il sonno ricarica le batterie neuronali, spiega la Naidoo, e se una persona è costretta a rimanere sveglia, quelle batterie si scaricano. La diminuzione delle risorse fisiologiche deve essere destinata alle funzioni cellulari più critiche, che non comprendono necessariamente l'omeostasi proteica. "Rimanere svegli ha dei costi, e uno di questi è il problema del ripiegamento delle proteine".
  3. Infine, e soprattutto, lei dice che questi risultati suggeriscono - ammesso che possano essere replicati nei topi e nell'uomo - che potrebbe essere possibile utilizzare farmaci come la PBA per «correggere il sonno» negli animali anziani o mutanti. "Le persone sanno che il sonno si deteriora con l'invecchiamento", dice Naidoo, "Ma questo potrebbe essere fermato o invertito dai chaperoni molecolari".


Il suo team sta ora cercando di stabilire se nei mammiferi esiste una situazione simile e se il sonno migliore si traduce in una maggiore durata della vita.


Altri autori della Penn includono Marishka Brown, May Chan, John Zimmerman, Allan Pack, e Nicholas Jackson. Lo studio è stato finanziato dal National Heart, Lung and Blood Institute e dal National Institute on Aging.

 

 

 

 

 


FonteUniversity of Pennsylvania School of Medicine  (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Marishka K. Brown, May T. Chan, John E. Zimmerman, Allan I. Pack, Nicholas E. Jackson, Nirinjini Naidoo. Aging induced endoplasmic reticulum stress alters sleep and sleep homeostasis. Neurobiology of Aging, 2013; DOI: 10.1016/j.neurobiolaging.2013.12.005

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