Un nuovo studio eseguito da ricercatori del Massachusetts General Hospital (MGH) fornisce ulteriori prove che la proteina amiloide-beta (che si deposita sotto forma di placche di amiloide-beta nel cervello dei pazienti con Alzheimer) è un componente normale del sistema immunitario innato, prima linea di difesa dell'organismo contro le infezioni.
Il loro studio, pubblicato su Science Translational Medicine, ha trovato che l'espressione dell'amiloide-beta umana (A-beta) è protettivo contro le infezioni potenzialmente letali nei topi, nei nematodi e nelle cellule del cervello umano in coltura.
I risultati possono portare a potenziali nuove strategie terapeutiche e suggerire di limitare le terapie dirette ad eliminare le placche amiloidi dal cervello del paziente.
"Si è finora ritenuto che la neurodegenerazione dell'Alzheimer sia causata dal comportamento anomalo delle molecole A-beta, che sono note per raccogliersi in strutture dure simili a fibrille, chiamate placche amiloidi, all'interno del cervello dei pazienti", dice Robert Moir MD, dell'Unità Ricerca in Genetica e Invecchiamento del MassGeneral Institute for Neurodegenerative Disease (MGH-MIND), co-autore corrispondente della carta. "Questa visione ampiamente diffusa ha guidato le strategie terapeutiche e lo sviluppo di farmaci per più di 30 anni, ma i nostri risultati suggeriscono che questa visione è incompleta".
Uno studio del 2010, eseguito da Moir e Rudolph Tanzi PhD, direttore dell'Unità Genetica e Invecchiamento del MGH-MIND, e co-autore corrispondente dello studio, nasce dalla osservazione di Moir che l'A-beta ha molte delle qualità di un peptide antimicrobico (AMP), una piccola proteina del sistema immunitario innato che difende da un'ampia gamma di patogeni. Quello studio aveva confrontato forme sintetiche di A-beta con un AMP noto chiamato LL-37, scoprendo che l'A-beta inibisce la crescita di diversi agenti patogeni importanti, a volte come, o meglio del LL-37. In quello studio l''A-beta del cervello dei malati di Alzheimer aveva anche soppresso la crescita del lievito Candida di coltura e, successivamente, altri gruppi hanno documentato l'azione dell'A-beta sintetico contro i virus influenzali e l'herpes.
Quest'ultimo studio è il primo a esaminare l'azione antimicrobica dell'A-beta umana in modelli viventi. I ricercatori hanno dapprima scoperto che i topi transgenici che esprimono A-beta umana sono sopravvissuti molto più a lungo dopo l'induzione di una infezione da Salmonella nel loro cervello, rispetto a quanto sono sopravvissuti i topi senza alterazione genetica.
I topi privi della proteina precursore dell'amiloide sono morti ancora più rapidamente. L'espressione dell'A-beta transgenica sembra che abbia protetto anche i nematodi C.elegans dall'infezione da Candida o da Salmonella. Allo stesso modo, l'espressione dell'A-beta umana sulle cellule neuronali in coltura le ha protette dalla Candida. In effetti, l'A-beta umana espressa da cellule viventi sembra essere 1000 volte più potente contro le infezioni rispetto all'A-beta sintetica utilizzata negli studi precedenti.
Tale superiorità sembra riguardare le proprietà dell'A-beta che sono considerate parte della patologia di Alzheimer: la propensione delle piccole molecole di combinarsi in quelli che vengono chiamati oligomeri e poi di aggregarsi in placche di amiloide-beta.
Mentre gli AMP combattono le infezioni attraverso diversi meccanismi, un processo fondamentale comporta la formazione di oligomeri che si legano alle superfici microbiche e poi si aggregano assieme in aggregati che impediscono ai patogeni di attaccarsi alle cellule ospiti e permettono agli AMP di uccidere i microbi distruggendo le loro membrane cellulari.
Le preparazioni di A-beta sintetica usate in studi precedenti non includevano gli oligomeri; ma in questo studio, gli oligomeri di A-beta umana non solo hanno dimostrato un'attività antimicrobica ancora più forte, ma si è visto che la loro aggregazione nei tipi di fibrille che formano placche di amiloide-beta intrappola i microbi sia nei modelli di topo che nei nematodi.
Tanzi spiega: "Gli AMP sono noti per avere un ruolo nelle patologie di una gamma di malattie infiammatorie gravi e leggere; per esempio, l'LL-37, che è stato il nostro modello per le attività antimicrobiche di A-beta, è implicato in varie malattie della vecchiaia, compresa l'artrite reumatoide, il lupus e l'aterosclerosi. Il tipo di disregolazione dell'attività AMP che può causare infiammazione sostenuta in quelle condizioni potrebbe contribuire alle azioni neurodegenerative dell'A-beta nell'Alzheimer".
Moir aggiunge: "I nostri risultati sollevano la possibilità intrigante che la patologia di Alzheimer possa sorgere quando il cervello percepisce di essere sotto attacco da patogeni, anche se ulteriori studi saranno necessari per determinare se è coinvolta una infezione in buona fede. E sembra probabile che le vie infiammatorie del sistema immunitario innato possano diventare obiettivi potenziali di trattamento. Se saranno validati, i nostri dati giustificano anche la necessità di cautela con le terapie che mirano a rimuovere totalmente le placche di amiloide-beta. Le terapie basate sull'amiloide, volte a ridurre, ma non a spazzare via l'amiloide-beta nel cervello potrebbero essere una strategia migliore".
Tanzi: "Mentre i nostri dati implicano tutti modelli sperimentali, il prossimo passo importante è cercare i microbi nel cervello dei malati di Alzheimer che potrebbero aver innescato la deposizione di amiloide come risposta protettiva, portando poi alla morte delle cellule nervose e alla demenza. Se saremo in grado di identificare i colpevoli - siano essi batteri, virus o lieviti - potremmo puntarli in termini terapeutici per la prevenzione primaria della malattia".
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Moir è assistente professore di neurologia alla Harvard Medical School (HMS) e Tanzi è Professore Ordinario di Neurologia (Neuroscienze) all'HMS e vice-preside di Neurologia al MGH. I coautori della ricerca su Science Translational Medicine sono Deepak K.V. Kumar PhD, Se Hoon Choi PhD e Kevin Washicosky, del MGH-MIND. Hanno collaborato anche William A. Eimer PhD, Stephanie Tucker, Jessica Ghofrani, e Aaron Lefkowitz del MGH-MIND; Gawain McColl PhD dell'Università di Melbourne in Australia, e Lee Goldstein MD dell'Università di Boston. Questo studio è stato finanziato dai National Institutes of Health, dal Cure Alzheimer’s Fund, e dall'Helmsley Charitable Trust.
Fonte: Massachusetts General Hospital (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: D. K. V. Kumar, S. H. Choi, K. J. Washicosky, W. A. Eimer, S. Tucker, J. Ghofrani, A. Lefkowitz, G. McColl, L. E. Goldstein, R. E. Tanzi, R. D. Moir. Amyloid-beta peptide protects against microbial infection in mouse and worm models of Alzheimers disease. Science Translational Medicine, 2016; 8 (340): 340ra72 DOI: 10.1126/scitranslmed.aaf1059
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