L'Aducanumab, un anticorpo sviluppato all'Università di Zurigo, ha dimostrato di provocare una riduzione significativa delle placche nocive di amiloide-beta nei pazienti con Alzheimer in stadio precoce.
Questi depositi di proteine nel cervello sono un segno classico della malattia e contribuiscono alla progressiva degenerazione delle cellule cerebrali.
I ricercatori hanno anche dimostrato in uno studio clinico in fase iniziale che, dopo un anno di trattamento con Aducanumab, si è rallentato notevolmente il declino cognitivo nei pazienti trattati con anticorpi, rispetto al gruppo placebo.
Anche se le cause dell'Alzheimer sono ancora sconosciute, è chiaro che la malattia inizia con la deposizione progressiva di amiloide nel cervello delle persone colpite, tra dieci e quindici anni prima della comparsa dei sintomi clinici iniziali, tipo la perdita di memoria.
I ricercatori sono ora riusciti a dimostrare che l'Aducanumab, un anticorpo monoclonale umano, si lega selettivamente alle placche amiloidi del cervello, consentendo in tal modo alle cellule microgliali di rimuoverle.
Il trattamento di un anno con l'anticorpo, nell'ambito di uno studio di fase Ib, ha determinato la rimozione quasi completa delle placche amiloidi del cervello nei pazienti del gruppo di studio. I risultati, che sono stati realizzati dai ricercatori della UZH insieme con la società biotech Biogen e la spin-off Neurimmune della UZH, sono stati pubblicati sulla rinomata rivista scientifica Nature.
La riduzione delle placche amiloidi dipende dalla durata del trattamento e dal dosaggio
"I risultati di questo studio clinico ci rendono ottimisti sulla possibilità di fare un grande passo avanti nel trattamento dell'Alzheimer", dice Roger M. Nitsch, professore dell'Istituto di Medicina Rigenerativa della UZH. "L'effetto dell'anticorpo è molto impressionante. E il risultato dipende dalla dose e dalla durata del trattamento". Dopo un anno di trattamento, non è stata rilevata praticamente nessuna placca di amiloide-beta nei pazienti che hanno ricevuto la dose più alta del farmaco.
L'anticorpo è stato sviluppato da Neurimmune con l'aiuto di una piattaforma tecnologica. Con sangue raccolto da persone anziane di età fino a 100 anni, che non mostravano alcun deterioramento cognitivo, i ricercatori hanno isolato proprio quelle cellule immunitarie i cui anticorpi possono identificare le placche tossiche di amiloide-beta, ma non la proteina precursore che è presente in tutto il corpo umano e che presumibilmente ha un ruolo importante nella crescita delle cellule nervose.
Il buon profilo di sicurezza dell'Aducanumab nei pazienti potrebbe essere attribuito alla capacità specifica degli anticorpi di legarsi al frammento della proteina amiloide-beta piegato anormalmente, come pure al fatto che l'anticorpo è di origine umana.
Il trattamento sperimentale frena anche il declino cognitivo
Nella sperimentazione clinica di fase 1b sono stati trattati 165 pazienti con Alzheimer di stadio precoce. Anche se non previsto all'inizio come obiettivo primario dello studio, i buoni risultati hanno incoraggiato i ricercatori ad indagare ulteriormente come il trattamento influenza i sintomi della malattia.
Questo è stato valutato mediante questionari standardizzati, per valutare le capacità cognitive e le attività quotidiane dei pazienti. Nitsch riassume così i risultati: "L'Aducanumab ha anche mostrato effetti positivi sui sintomi clinici. Mentre i pazienti nel gruppo placebo hanno mostrato un declino cognitivo significativo, la capacità cognitiva è rimasta nettamente più stabile nei pazienti trattati con l'anticorpo".
Alcuni dei partecipanti alla sperimentazione hanno sofferto di amyloid-related imaging abnormality (ARIA), un effetto negativo che può essere rilevato tramite risonanza magnetica. In una minoranza di casi, questo era accompagnato da temporanei da mal di testa lievi/moderati. I ricercatori della UZH ritengono che ARIA sia un effetto biologico misurabile dell'eliminazione dell'amiloide.
Gli effetti promettenti dell'Aducanumab sono attualmente oggetto di indagine in due grandi studi clinici di fase 3 per valutare ulteriormente la sicurezza e l'efficacia. Coinvolgendo oltre 300 centri in 20 paesi di Nord America, Europa e Asia, questi studi stanno valutando l'efficacia e la sicurezza dell'anticorpo su un totale di 2.700 pazienti con Alzheimer di fase precoce.
Fonte: University of Zurich (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Jeff Sevigny, Ping Chiao, Thierry Bussière, Paul H. Weinreb, Leslie Williams, Marcel Maier, Robert Dunstan, Stephen Salloway, Tianle Chen, Yan Ling, John O’Gorman, Fang Qian, Mahin Arastu, Mingwei Li, Sowmya Chollate, Melanie S. Brennan, Omar Quintero-Monzon, Robert H. Scannevin, H. Moore Arnold, Thomas Engber, Kenneth Rhodes, James Ferrero, Yaming Hang, Alvydas Mikulskis, Jan Grimm, Christoph Hock, Roger M. Nitsch, Alfred Sandrock. The antibody aducanumab reduces Aβ plaques in Alzheimer’s disease. Nature, 2016; 537 (7618): 50 DOI: 10.1038/nature19323
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.