Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Cellule immunitarie potenziate resistono all'Alzheimer e preservano la cognizione dei topi

monocyteUn monocite (Fonte: American Society of Hematology)

Uno studio recente guidato da neuroscienziati del Cedars-Sinai permette di comprendere meglio come si potrebbe potenzialmente usare delle cellule immunitarie alterate per aiutare a preservare la cognizione nei pazienti con morbo di Alzheimer (MA).


Gli investigatori hanno modificato geneticamente delle cellule immunitarie chiamate monociti, che viaggiano nel flusso sanguigno per rispondere ai danni ai tessuti o all'infiammazione. Quando innestate nei topi di laboratorio che hanno caratteristiche del MA, queste cellule immunitarie modificate hanno puntato efficacemente e distrutto frammenti di proteine ​​associate alla malattia.


"Questa ricerca è un passo fondamentale verso la sperimentazione di strategie immunitarie simili negli esseri umani", ha detto Maya Koronyo-Hamaoui PhD, professoressa associata di neurochirurgia e scienze biomediche al Cedars-Sinai, che ha guidato l'indagine.


Il MA è la prima causa di demenza, ed è caratterizzata da perdita di memoria e declino della funzione cognitiva. Anche se gli scienziati non sanno esattamente che cosa lo causa, il MA è fortemente legato all'accumulo di forme tossiche di proteine ​​amiloide-beta nelle sinapsi dei neuroni, i punti in cui i neuroni comunicano tra loro.


La Koronyo-Hamaoui ha messo in guardia che sono necessarie diverse altre fasi di ricerca, compresi studi clinici riusciti, prima che dei trattamenti [basati su questo concetto] possano arrivare ai pazienti. Questi trattamenti, se si riveleranno sicuri ed efficaci negli esseri umani, potrebbero fornire ciò che i medici chiamano 'terapia modificante la malattia', cioè una terapia che rallenta la progressione della malattia.


Negli esperimenti condotti dalla Koronyo-Hamaoui, in collaborazione con Kenneth E. Bernstein MD, i ricercatori hanno migliorato geneticamente dei monociti perché producessero più sostanza chiamata «enzima che converte l'angiotensina» (ACE, angiotensin-converting enzyme), che degrada l'amiloide-beta.


"Le alterazioni che abbiamo fatto, hanno prodotto monociti super che sono riusciti a infiltrarsi nel cervello in gran numero, quasi il triplo, quindi erano in grado di aumentare la loro disponibilità al tessuto cerebrale danneggiato", ha detto la Koronyo-Hamaoui.


I ricercatori hanno poi testato due metodi per trasferire queste cellule immunitarie che enfatizzano l'ACE nei topi da laboratorio con una malattia simile al MA, sia via trapianto di midollo osseo che via trasfusione di sangue. Un terzo gruppo di controllo ha ricevuto cellule immunitarie modificate oppure salina.


Lo studio, pubblicato in Brain, ha scoperto che sia nei topi che hanno ricevuto trapianti di midollo osseo che in quelli che hanno ricevuto trasfusioni di sangue, i monociti enfatizzatori di ACE andavano meglio dei monociti normali nel rompere anche la più tossica delle proteine ​amiloide-beta.


Lo studio ha anche mostrato in modo cruciale che i monociti migliorati riducono l'infiammazione nel cervello e producono di più una certa sostanza, l'«insulin-like growth factor 1», che è importante per la sopravvivenza dei neuroni e per la generazione di nuove sinapsi tra di loro.


Mentre gli studi precedenti avevano dimostrato la capacità delle cellule immunitarie di eliminare l'amiloide-beta dal cervello, questo è il primo studio a dimostrare il ruolo preciso dei monociti nel sangue che enfatizzano l'ACE nella rimozione dell'amiloide-beta, regolando l'infiammazione del cervello e promuovendo la rigenerazione, secondo la Koronyo-Hamaoui.


"Questa è un'area in cui crediamo che l'esito sia stato un aumento della densità sinaptica e una migliore cognizione", ha spiegato.


Con l'invecchiamento della popolazione e con i progressi della medicina che permettono alle persone di vivere più a lungo, stanno crescendo le preoccupazioni per il MA, e si sta espandendo la ricerca di trattamenti. Secondo i Centri Federali per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie, il numero di americani che vivono con il MA è destinato a triplicare, arrivando a quasi 14 milioni entro il 2060.

 

 

 


Fonte: Cedars-Sinai (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Maya Koronyo-Hamaoui, Julia Sheyn, Eric Hayden, Songlin Li, Dieu-Trang Fuchs, Giovanna Regis, Dahabada  Lopes, Keith Black, Kenneth Bernstein, David Teplow, Sebastien Fuchs, Yosef Koronyo, Altan Rentsendorj. Peripherally derived angiotensin converting enzyme-enhanced macrophages alleviate Alzheimer-related disease. Brain, Jan 2020, DOI

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Il ruolo sorprendente delle cellule immunitarie del cervello

21.12.2020 | Ricerche

Una parte importante del sistema immunitario del cervello, le cellule chiamate microglia...

La nostra identità è definita dal nostro carattere morale

24.06.2019 | Esperienze & Opinioni

Ti sei mai chiesto cos'è che ti rende te stesso? Se tutti i tuoi ricordi dovessero svani...

Riprogrammare «cellule di supporto» in neuroni per riparare il cervello adulto…

21.11.2014 | Ricerche

La porzione del cervello adulto responsabile del pensiero complesso, la corteccia cerebrale, non ...

L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

2.03.2023 | Ricerche

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

"Ci...

Il cammino può invertire l'invecchiamento del cervello?

2.09.2021 | Esperienze & Opinioni

Il cervello è costituito principalmente da due tipi di sostanze: materia grigia e bianca...

Il nuovo collegamento tra Alzheimer e inquinamento dell'aria

13.05.2020 | Esperienze & Opinioni

Il mio primo giorno a Città del Messico è stato duro. Lo smog era così fitto che, mentre...

Ricercatori del MIT recuperano con la luce i ricordi 'persi'

29.05.2015 | Ricerche

I ricordi che sono stati "persi" a causa di un'amnesia possono essere richiamati attivando le cel...

Paesi asiatici assistono gli anziani in modo diverso: ecco cosa possiamo impar…

28.10.2020 | Esperienze & Opinioni

A differenza dei paesi occidentali, le culture tradizionali asiatiche mettono un forte a...

Le donne possono vivere meglio con una dieta migliore

22.07.2022 | Ricerche

Mangiare frutta e verdura di colori più brillanti può aiutare i problemi di salute delle donne.

...

Il ciclo dell'urea astrocitica nel cervello controlla la lesione della me…

30.06.2022 | Ricerche

Nuove scoperte rivelano che il ciclo dell'urea negli astrociti lega l'accumulo di amiloide-beta e la...

Preoccupazione, gelosia e malumore alzano rischio di Alzheimer per le donne

6.10.2014 | Ricerche

Le donne che sono ansiose, gelose o di cattivo umore e angustiate in me...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Cosa rimane del sé dopo che la memoria se n'è andata?

7.04.2020 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato da una progressiva perdita di memoria. Nelle...

Aumentano le evidenze di origini alternative delle placche di Alzheimer

13.06.2022 | Ricerche

I risultati di uno studio potrebbero spiegare perché i farmaci progettati per rimuovere i depositi d...

A 18 come a 80 anni, lo stile di vita è più importante dell'età per il ri…

22.07.2022 | Ricerche

Gli individui senza fattori di rischio per la demenza, come fumo, diabete o perdita dell...

Scoperta ulteriore 'barriera' anatomica che difende e monitora il ce…

11.01.2023 | Ricerche

Dalla complessità delle reti neurali, alle funzioni e strutture biologiche di base, il c...

LipiDiDiet trova effetti ampi e duraturi da intervento nutrizionale all'i…

9.11.2020 | Ricerche

Attualmente non esiste una cura nota per la demenza, e le terapie farmacologiche esisten...

36 abitudini quotidiane che riducono il rischio di Alzheimer

2.07.2018 | Esperienze & Opinioni

Sapevi che mangiare carne alla griglia potrebbe aumentare il rischio di demenza? O che s...

Il Protocollo Bredesen: si può invertire la perdita di memoria dell'Alzhe…

16.06.2016 | Annunci & info

I risultati della risonanza magnetica quantitativa e i test neuropsicologici hanno dimostrato dei...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

Seguici su

 
enfrdeites

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.