In un nuovo studio su animali, che ha esaminato il morbo di Alzheimer, i ricercatori hanno scoperto che è stata rallentata la progressione della malattia diminuendo la neuroinfiammazione nel cervello, prima che fossero evidenti i problemi di memoria e il deterioramento cognitivo.
I nuovi risultati puntano all'importanza di sviluppare terapie che hanno come obiettivo le primissime fasi della malattia.
Nel 2011, il National Institute on Aging ha aggiornato i criteri diagnostici del MA per riflettere la sua natura progressiva. I criteri hanno aggiunto una fase preclinica, durante la quale sono in atto cambiamenti nel cervello, ma la persona è ancora asintomatica e, di conseguenza, ignara della sua condizione.
Si possono eventualmente usare i profili biomarcatori per identificare le persone nelle fasi iniziali della malattia che possono trarre vantaggio dai primi trattamenti.
La prima autrice Caterina Scuderi PhD, assistente professoressa di farmacologia e tossicologia all'Università La Sapienza di Roma, ha detto:
"L'avvio di un intervento nelle fasi più precoci della malattia, quando sono già iniziate le alterazioni cellulari e molecolari, ma non ci sono ancora danni gravi al cervello, potrebbe offrire un modo per ridurre il numero di persone che in seguito svilupperanno la piena demenza di MA.
"Tuttavia, ci sono pochi studi su animali che hanno esaminato le strategie terapeutiche che puntano i punti nel tempo che precedono i sintomi".
Era previsto che la Scuderi presentasse questa ricerca alla riunione annuale dell'American Association for Anatomy a San Diego questo mese, in concomitanza con la conferenza Experimental Biology 2020. L'incontro è stato annullato in risposta al COVID-19, però l'abstract (il sunto) del gruppo di ricerca è stato pubblicato nel numero di questo mese di The FASEB Journal.
I ricercatori hanno progettato uno studio su animali per capire più in profondità il ruolo della neuroinfiammazione nella fase pre-sintomatica del MA, che potrebbe rappresentare il momento migliore per un intervento terapeutico. I risultati dello studio suggeriscono che potrebbe essere utile riequilibrare la neuroinfiammazione negli animali che mostrano i parametri neuroinfiammatori alterati.
La Scuderi ha detto:
"I nostri risultati aiutano a dimostrare che la neuroinfiammazione nel MA è un fenomeno estremamente complesso che può cambiare nel corso della progressione della malattia, e varia in base a fattori come la zona del cervello colpita.
"Ci auguriamo che questi risultati portino gli scienziati a indagare ulteriormente sulla neuroinfiammazione nelle prime fasi della malattia, che può rappresentare un importante bersaglio farmacologico".
Fonte: Experimental Biology via EurekAlert! (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Caterina Scuderi, Roberta Facchinetti, Luca Steardo, Marta Valenza. Neuroinflammation in Alzheimer’s Disease: Friend or Foe? The FASEB Journal, 15 Apr 2020, DOI
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