La corteccia visiva memorizza e ricorda le singole immagini, ma quando vengono raggruppate in una sequenza, i topi non possono riconoscerle senza la guida dell'ippocampo.
Un nuovo studio del MIT sul modo in cui il cervello dei mammiferi ricorda ciò che vede, mostra che, mentre le singole immagini sono memorizzate nella corteccia visiva, la capacità di riconoscere una sequenza di immagini dipende in modo cruciale dalla guida dell'ippocampo, una struttura più profonda associata alla memoria, ma con il come tuttora avvolto nel mistero.
Suggerendo che l'ippocampo non è così necessario per lo stoccaggio di base delle immagini da permettere di identificare il rapporto cronologico che potrebbero avere, la nuova ricerca pubblicata in Current Biology può aiutare i neuroscienziati a comprendere come il cervello coordina la memoria visiva a lungo termine nelle regioni chiave.
"Questo [studio] offre l'opportunità di comprendere effettivamente, in modo molto concreto, in che modo l'ippocampo contribuisce all'immagazzinamento della memoria nella corteccia", ha detto l'autore senior Mark Bear, professore di neuroscienze del Picower Institute for Learning and Memory e nel dipartimento di scienze cerebrali e cognitive del MIT.
Essenzialmente, l'ippocampo si attiva per influenzare il modo di memorizzare le immagini nella corteccia, se hanno una relazione sequenziale, ha detto il primo autore Peter Finnie, ex postdottorato del laboratorio di Bear:
"La parte entusiasmante di questo [studio] è che la corteccia visiva sembra essere coinvolta nella codifica sia di stimoli visivi molto semplici, che di loro sequenze temporali, e tuttavia l'ippocampo è coinvolto in modo selettivo nel modo in cui quella sequenza è memorizzata".
Avere e non avere l'ippocampo
Per ottenere questi risultati, i ricercatori, che comprendono l'ex postdottorato Rob Komorowski, hanno addestrato topi con due forme di memoria di riconoscimento visivo scoperte nel laboratorio di Bear.
La prima forma di memoria, chiamata 'plasticità di risposta selettiva allo stimolo' (SRP, stimulus selective response plasticity) prevede di imparare a riconoscere un singolo stimolo visivo non gratificante e non minaccioso dopo che è stato presentato più volte. Quando avviene l'apprendimento, i neuroni della corteccia visiva producono una risposta elettrica sempre più forte e il topo cessa di prestare attenzione all'immagine nuova in precedenza, ma ora decisamente poco interessante.
La seconda forma di memoria, 'plasticità della sequenza visiva' (visual sequence plasticity), comporta imparare a riconoscere e prevedere una sequenza di immagini. Anche qui, la sequenza prima nuova, ma ora familiare e innocua, arriva a evocare una risposta elettrica elevata, ed è molto maggiore di quanto osservato se gli stessi stimoli sono presentati in ordine inverso o ad una velocità diversa.
In studi precedenti Il laboratorio di Bear aveva dimostrato che le immagini in ogni forma di memoria sono memorizzate nella corteccia visiva, e sono anche specifiche di quale occhio le ha viste, se era stato solo uno.
Ma i ricercatori volevano capire se e come l'ippocampo contribuisce a queste forme di memoria e plasticità corticale. Dopotutto, come altre forme di memoria che dipendono dall'ippocampo, la SRP interviene solo dopo un periodo di periodo di 'consolidamento', ad esempio nel sonno notturno. Per verificare se c'è un ruolo dell'ippocampo, hanno rimosso chimicamente grandi porzioni della struttura in un gruppo di topi e hanno cercato le differenze tra i gruppi nella risposta elettrica rivelatrice che dovrebbe evocare ogni tipo di memoria di riconoscimento.
I topi con o senza ippocampo sono andati ugualmente bene nell'apprendimento SRP (misurato non solo elettrofisiologicamente ma anche dal comportamento), suggerendo che l'ippocampo non era necessario per quella forma di memoria. Sembra sorgere, e anche consolidarsi, interamente all'interno della corteccia visiva.
Al contrario, i ricercatori hanno scoperto che non c'era la plasticità della sequenza visiva senza un ippocampo intatto. I topi senza la struttura non hanno mostrato alcuna risposta elettrica elevata alle sequenze durante i test, nessuna capacità di riconoscerle al rovescio o quando differite, e nessuna inclinazione a 'riempire lo spazio vuoto' quando mancava. Era come se la sequenza visiva, e perfino ogni immagine nella sequenza, non fosse familiare.
"Nell'insieme questi risultati sono coerenti con un ruolo specifico dell'ippocampo nella generazione della risposta predittiva durante l'esposizione a modelli temporali familiari di stimolazione visiva", hanno scritto gli autori.
Nuova ricerca da un approccio classico
Gli esperimenti sono nel solco di una lunga tradizione di tentare di comprendere l'ippocampo valutando ciò che accade quando è danneggiato. Per decenni, i neuroscienziati del MIT e altrove sono stati in grado di imparare da un uomo conosciuto come H.M., che aveva subito la rimozione dell'ippocampo per alleviare le convulsioni epilettiche.
La memoria del suo passato prima dell'intervento chirurgico è rimasta intatta, ma mostrava l'incapacità di formare ricordi 'dichiarativi' di nuove esperienze, come incontrare qualcuno o eseguire un'attività. Nel tempo, tuttavia, gli scienziati si sono resi conto che potrebbe essere addestrato ad imparare meglio i compiti motori, anche se non ricorda l'allenamento stesso.
Gli esperimenti hanno contribuito a rivelare che per molte diverse forme di memoria c'è una 'divisione del lavoro' tra le regioni del cervello, che possono o no includere l'ippocampo. Il nuovo studio, hanno detto Bear e Finnie, produce una chiara distinzione attraverso la divisione del lavoro nella memoria visiva tra il semplice riconoscimento delle immagini e il compito più complesso di riconoscere la struttura della sequenza.
"È una bella linea divisoria", ha detto Bear. "È la stessa regione del cervello, lo stesso metodo di un animale che guarda le immagini su uno schermo. Tutto ciò che stiamo cambiando è la struttura temporale dello stimolo".
Valutazione dell'Alzheimer?
La ricerca precedente del laboratorio aveva dimostrato che la plasticità SRP e la sequenza visiva nascono da diversi meccanismi molecolari. La SRP può essere interrotta bloccando i recettori del neurotrasmettitore glutammato sui neuroni coinvolti, mentre la plasticità della sequenza dipende dai recettori dell'acetilcolina.
La prossima domanda che Bear vuole affrontare, allora, è se un circuito produttore di acetilcolina collega l'ippocampo alla corteccia visiva per realizzare l'apprendimento della sequenza. I neuroni che rilasciano l'acetilcolina nella corteccia sono tra i primi ad essere interrotti nell'Alzheimer.
Se il circuito per l'apprendimento della sequenza attraversa realmente tali neuroni, ipotizza Bear, allora valutare le persone nelle differenze nel SRP e nell'apprendimento della sequenza potrebbe diventare un modo per diagnosticare l'insorgenza precoce della demenza.
Fonte: Picower Institute at MIT (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Peter Finnie, Robert Komorowski, Mark Bear. The spatiotemporal organization of experience dictates hippocampal involvement in primary visual cortical plasticity. Current Biology, 2021, DOI
Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.