Si stima che 6,2 milioni di americani over-65 abbiano il morbo di Alzheimer (MA), con una previsione di crescita a 13,8 milioni entro il 2060, in mancanza di scoperte mediche che impediscano, rallentino o curino questa malattia debilitante.
Gli scienziati possono essere vicini a una tale svolta grazie a un modello di computer unico nel suo genere che ha simulato con successo uno studio clinico per valutare l'efficacia di più trattamenti per il MA.
"Definiamo questo uno studio clinico virtuale, perché abbiamo usato dati reali e de-identificanti per simulare gli esiti sanitari", ha affermato Wenrui Hao, professore associato di matematica alla Penn State, primo autore dello studio pubblicato su PLOS Computational Biology. "Ciò che abbiamo trovato si allinea quasi esattamente con i risultati di studi clinici precedenti, ma poiché stavamo usando una simulazione virtuale, abbiamo avuto l'ulteriore vantaggio di confrontare direttamente l'efficacia di diversi farmaci per periodi di test più lunghi".
Usando dati clinici e biomarcatori, i ricercatori hanno creato un modello causale al computer per eseguire studi virtuali sul farmaco aducanumab approvato dalla FDA, nonché su un'altra promettente terapia in fase di valutazione, il donanemab. I due farmaci sono tra i primi trattamenti progettati per funzionare direttamente su ciò che può causare la malattia, invece di trattare i sintomi.
I ricercatori hanno fissato il tempo dell'esperimento su periodi a medio termine (78 settimane) e a lungo termine (10 anni) con regimi a basso (6 mg/kg) e alto (10 mg/kg) dosaggio, per l'aducanumab e con un regime monodose (1400 mg) per il donanemab. Queste sono le stesse dosi usate negli esperimenti umani per l'approvazione della FDA.
I loro risultati hanno confermato ciò che è stato trovato negli studi clinici reali. Entrambi i farmaci hanno avuto un effetto grande e sostenuto sulla rimozione delle placche di amiloide-beta, un peptide presente nel cervello delle persone con MA. Il team ha anche scoperto che entrambi i trattamenti hanno avuto un effetto piccolo sul rallentamento del declino cognitivo nei pazienti, sebbene il donanemab fosse leggermente più efficace dell'aducanumab sul periodo simulato di 10 anni.
"Con oltre 10 terapie anti-amiloide in fase di sviluppo, una domanda importante è quale è la migliore", ha affermato il coautore senior dott. Jeffrey Petrella, professore di radiologia e direttore dell'Alzheimer Imaging Research Laboratory della Duke University. “Spesso ci vogliono decine di milioni di dollari e molti anni per fare un confronto testa-a-testa dei farmaci. Il nostro studio ha dimostrato che l'effetto di questi due farmaci anti-amiloide sul rallentamento del declino cognitivo è in realtà abbastanza modesto, e se somministrato tardi nella vita, a malapena rilevabile".
Petrella ha spiegato che permangono domande all'interno della comunità medica sull'efficacia della rimozione delle placche amiloidi e se il trattamento, che viene eseguito per via endovenosa su base mensile, impedisce o ritarda il declino cognitivo.
“Questa incertezza, combinata con il tasso di fallimento del 99% degli studi di altre classi di trattamenti per MA, è radicata in una comprensione incompleta dei meccanismi complessi derivanti dal MA e come variano da un individuo all'altro la traiettoria della malattia e la risposta al trattamento", scrivono i ricercatori. "È quindi probabile che il trattamento personalizzato dovrà avere un ruolo centrale nella gestione futura e nella consulenza dei pazienti con MA".
I ricercatori hanno anche usato il loro modello per sviluppare piani di trattamento personalizzati per i singoli pazienti virtuali, tenendo conto dei potenziali effetti collaterali della terapia anti-amiloide, come gonfiore del cervello e sanguinamento, mal di testa, vertigini, nausea, confusione e problemi di vista. I risultati del team mostrano che il regime di trattamento ottimale aumenta gradualmente la dose fino a raggiungere un dosaggio massimo e continua in uno stato stazionario.
"Il nostro obiettivo era ridurre al minimo il declino cognitivo, e anche minimizzare il dosaggio del trattamento per limitare gli effetti collaterali corrispondenti", ha affermato Suzanne Lenhart, prof.ssa di matematica all'Università del Tennessee di Knoxville, che ha collaborato allo studio. "Il nostro modello fornirà il livello di trattamento ottimale del farmaco nel tempo, ma forse ancora più importante, fornisce il piano di trattamento personalizzato ottimale per ciascun paziente".
Utilizzando lo schema che hanno sviluppato, i ricercatori cercheranno ora di applicare una modellazione al computer di un trattamento ottimale ad altre terapie di MA, singole e combinate, che sono attualmente in fase di valutazione, e incorporeranno nuovi dati di sperimentazione clinica nel loro modello man mano che saranno disponibili.
I ricercatori hanno riconosciuto che tali studi virtuali incorporano numerosi ipotesi basate sull'evidenza riguardanti la patogenesi della malattia, il meccanismo terapeutico, gli effetti collaterali e una serie di altri fattori che potrebbero influire sugli esiti.
"Nonostante questi limiti, questo è il primo passo verso studi clinici su misura", ha detto Petrella. "Abbiamo dimostrato che questo tipo di modello può funzionare. Me lo immagino usato come strumento di precisione per migliorare gli studi clinici reali, ottimizzando i dosaggi e le combinazioni di farmaci per i singoli pazienti".
Fonte: Adrienne Berard in Penn State (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: W Hao, S Lenhart, JR Petrella. Optimal anti-amyloid-beta therapy for Alzheimer’s disease via a personalized mathematical model. PLOS Comput. Biology, 2 Sep 2022, DOI
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