Oltre ad aumentare il rischio di infarto o ictus, l’ipertensione si sta sempre più rivelando capace di arrecare danni cerebrali subdoli, ma cronici, che possono quindi sfociare nella demenza. Uno dei meccanismi attraverso i quali la pressione arteriosa elevata può danneggiare progressivamente il cervello è stato ora individuato da una collaborazione tra il Centro Max Delbrück di Berlino e il Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS).
La prospettiva aperta da questo studio è quella di un intervento farmacologico di tipo innovativo che punta un obiettivo biologico specifico. La ricerca, pubblicata su Cardiovascular Research, organo della Società Europea di Cardiologia, ha esplorato il ruolo che l’infiammazione può avere sul danno cerebrale legato all’ipertensione. I ricercatori italiani e tedeschi, in particolare, hanno lavorato su due diversi modelli animali: il pesce zebra e il topo.
“Abbiamo potuto evidenziare", dice l’ingegner Lorenzo Carnevale, ricercatore del Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale, "come lo stato infiammatorio causato dall’ipertensione possa provocare cambiamenti sia nelle cellule del sistema immunitario che in quelle endoteliali (le cellule che rivestono la parete interna dei vasi sanguigni, ndr). Questo si traduce in una serie di alterazioni a livello di microcircolo cerebrale, alterazioni che sappiamo essere legate ad un decadimento cognitivo”.
Ma la ricerca ha anche individuato il 'ponte' che lega l’ipertensione ai danni vascolari: l’interferone γ, una molecola che agisce sulle cellule del sistema immunitario. Marialuisa Perrotta, ricercatrice del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università Sapienza di Roma e del Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale, spiega:
“In condizioni di ipertensione, l’interferone γ è un componente cruciale della risposta immuno-infiammatoria, alla base del danno cerebrale che, nel lungo tempo, contribuisce al deterioramento delle funzioni cognitive".
Daniela Carnevale, prof.ssa ordinaria della Facoltà di Farmacia e Medicina dell’Università Sapienza di Roma, responsabile dell’Unità di Ricerca di CardioNeuroImmunologia del Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale del Neuromed, commenta:
“Negli ultimi anni abbiamo imparato che l’ipertensione è un fenomeno molto più complesso di quanto si credesse in passato. Certo, in una buona percentuale di pazienti i farmaci che abbiamo attualmente a disposizione ci aiutano molto nel riportare la pressione arteriosa nei limiti desiderati. Ma rimane comunque difficile limitare il danno agli organi cosiddetti ‘bersaglio’, come il cervello.
"Le nostre ricerche, ora, esploreranno in dettaglio il ruolo dell’interferone γ, con la possibilità di arrivare a nuove strategie terapeutiche innovative che, intervenendo sui meccanismi infiammatori, e specificamente sull’interferone γ, siano in grado di prevenire quei danni che, nel corso del tempo, possono portare allo sviluppo di demenza”.
Fonte: Neuromed - Istituto Neurologico Mediterraneo
Riferimenti: DC Apaydin, ...[+10], S Sawamiphak. Interferon-γ drives macrophage reprogramming, cerebrovascular remodeling, and cognitive dysfunction in a zebrafish and a mouse model of ion imbalance and pressure overload. Cardiovasc Res., 2022, DOI
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