Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Trovato percorso della diffusione dell'Alzheimer

Due nuovi studi sui topi hanno scoperto che l'Alzheimer sembra diffondersi come un'infezione da una cellula cerebrale a un'altra.

Ma invece di virus o batteri, ciò che viene diffuso è una proteina distorta chiamata tau.


La scoperta sorprendente risponde a una questione insuluta da lungo tempo e ha implicazioni immediate per lo sviluppo di trattamenti, hanno detto i ricercatori. E sospettano che altre malattie degenerative del cervello come il morbo di Parkinson possano diffondersi in modo simile.


I ricercatori di Alzheimer sanno da tempo che le cellule piene di tau, che stanno morendo, iniziano a emergere in una piccola area del cervello dove sono formati e conservati i ricordi. La malattia poi si muove lentamente verso l'esterno in aree più ampie che coinvolgono memoria e ragionamento. Ma per più di un quarto di secolo, i ricercatori non sono stati in grado di decidere tra due ipotesi di spiegazione. Una è che la diffusione avviene da neurone a neurone, forse lungo i percorsi che le cellule nervose utilizzano per comunicare tra loro. Oppure potrebbe semplicemente significare che alcune aree del cervello sono più forti di altre e resistono più a lungo alla malattia.


I nuovi studi forniscono una risposta. E indicano che potrebbe essere possibile presto portare l'Alzheimer ad una brusca fermata, impedendo la trasmissione cellula-cellula, magari con un anticorpo che blocca la tau. Gli studi, fatti indipendentemente da ricercatori della Columbia e di Harvard, hanno coinvolto topi geneticamente modificati a cui hanno introdotto proteine anormali di tau umano (che predominano nella corteccia entorinale) in un frammento di tessuto dietro le orecchie, verso la metà del cervello, dove le prime cellule iniziano a morire nell'Alzheimer. Come previsto, è apparsa la tau in quel punto. E, come pure previsto, le cellule della corteccia entorinale nei topi hanno cominciato a morire, piene di fili aggrovigliati di tau, tipo spaghetti.


Nei successivi due anni, si è diffusa la morte cellulare e la distruzione verso l'esterno su altre cellule lungo la stessa rete. Poiché tali ultime cellule non avrebbero potuto produrre tau umano, l'unico modo di aver ottenuto la proteina è stato la trasmissione da una cellula nervosa a un'altra. E questo, ha detto il dottor Samuel E. Gandy, direttore associato del Centro Ricerca Alzheimer della Scuola di Medicina Mount Sinai di New York, è stato "tanto inaspettato e interessante".


Anche se gli studi sono stati nei topi, i ricercatori dicono di aspettarsi che lo stesso fenomeno si verifica negli esseri umani, perché i topi hanno ricevuto un gene tau umano e l'onda mortale progressiva delle cellule corrisponde a quello che vedono nelle persone con Alzheimer.


Da sinistra, Li Liu, Scott A. Small e Karen Duff esaminano un
cervello di topo, che hanno utilizzato topi per studiare l'Alzheimer.
(Foto: Chang W. Lee/The New York Times)


Il primo studio di Karen Duff e del Dr. Scott A. Small e rispettivi colleghi dell'Istituto Taub per la Ricerca sull'Alzheimer e l'Invecchiamento Cerebrale al Columbia University Medical Center, è stato pubblicato Mercoledì sulla rivista PLoS One. L'altro, del Dott. Bradley T. Hyman, direttore del Centro di Ricerca Alzheimer al Massachusetts General Hospital, e colleghi, è pubblicato sulla rivista Neuron.


Entrambi i gruppi di ricercatori sono stati ispirati dalle osservazioni precedenti che affermavano che l'Alzheimer inizia nella corteccia entorinale e si diffonde. Ma, ha detto il dottor Small, "che cosa intendiamo per 'si diffonde'?'". I ricercatori sapevano che qualcosa innesca l'Alzheimer. Il candidato più probabile è una proteina nota come beta amiloide, che si accumula nel cervello dei pazienti di Alzheimer, formando placche dure e a forma di balani. Ma la beta amiloide è molto diversa dalla tau. E' secreta e si raggruma fuori delle cellule. Anche se i ricercatori l'hanno esaminata, non hanno mai visto la prova che l'amiloide si diffonda da una cella all'altra in una rete.


Eppure l'amiloide crea ciò che equivale a un brutto quartiere in aree di memoria del cervello. Poi interviene la tau (che alcuni ricercatori chiamano "il boia") che si accumula all'interno delle cellule e le uccide. Se alcune cellule richiedessero più tempo di altre a soccombere al quartiere cattivo, questo spiegherebbe la diffusione della malattia nel cervello, e non ci sarebbe alcun bisogno di incolpare qualcosa di strano, come la diffusione della tau da cellula a cellula.


Gli studi sugli esseri umani, però, non sono riusciti a stabilire se tale ipotesi era corretta. Coinvolgevano autopsie e studi di scansione cerebrale e erano "indiretti e inconcludenti," ha detto il Dott. Small. Guardare il cervello delle persone che sono morte della malattia, dice il Dott. Duff, è come guardare una macchina distrutta e cercare di capire la causa dell'incidente. Freni difettosi? Puntoni rotti?


La domanda su quale ipotesi fosse corretta (la diffusione delle tau tra cellula e cellula, o un brutto quartiere nel cervello e cellule con diverse vulnerabilità ad esso) è rimasta senza risposta. Il dottor Hyman ha detto che ha cercato per 25 anni di trovare un buon modo per affrontarlo. Una delle sue idee era di trovare un paziente o due che avevano avuto un ictus o altre lesioni che avevano reciso la corteccia entorinale dal resto del cervello. Se il paziente ha sviluppato l'Alzheimer nella corteccia entorinale - ed è rimasta contenuta lì - avrebbe avuto la prova che la malattia si era diffusa come un contagio. Ma non ha mai trovato uno di questi pazienti.


La soluzione è arrivata quando i ricercatori sono stati in grado di sviluppare topi geneticamente modificati che hanno espresso tau umana anormale, ma solo nella corteccia entorinale. Quei topi hanno offerto il modo più pulito per ottenere una risposta, ha dichiarato John Hardy, ricercatore di Alzheimer all'University College di Londra che non è coinvolto nei due nuovi studi. C'è anche un altro vantaggio, ha detto il dottor Hyman. I topi gli hanno dato uno strumento per testare i modi per bloccare la diffusione della tau e questo, ha aggiunto, "è una delle cose che ci hanno soddisfatto".


Ma se la tau si diffonde da neurone a neurone, dice il Dott. Hardy, per arrestare l'Alzheimer può essere necessario bloccare sia la produzione di beta amiloide (che sembra far progredire la malattia), che la diffusione della tau, che la continua. Lui e gli altri chiedono anche se altre malattie degenerative si diffondono nel cervello perché le proteine passano da una cellula nervosa all'altra.


Il Dr. Hardy pensava di aver visto una evidenza umana provocatoria che questo possa accadere nel morbo di Parkinson. A due malati di Parkinson in cura da un collega sono state impiantate cellule cerebrali fetali per sostituire i neuroni morti e moribondi. Quando i pazienti sono morti, anni dopo, l'autopsia ha mostrato che avevano ancora le cellule fetali, ma condentro le palle di proteine del Parkinson (sinucleina). Il modo più ovvio che questo possa accadere, hanno motivato i ricercatori, era se la proteina tossica si fosse diffusa a partire da cellule malate del paziente nelle cellule sane fetali. Ma non hanno potuto escludere l'ipotesi del cattivo quartiere.


Ora, dice il Dott. Hardy, con gli studi sul topo, la questione del brutto quartiere è risolta. La risposta nell'Alzheimer, ha detto, "è che non è possibile". "Qui sta la differenza tra questi studi e tutti gli altri", ha detto il Dott. Hardy. "Non è a causa del cattivo quartiere. Si tratta di contagio da un neurone all'altro".

 

 

 

 


Cosa pensi di questo articolo? Ti è stato utile? Hai rilievi, riserve, integrazioni? Conosci casi o ti è successo qualcosa che lo conferma? o lo smentisce? Puoi usare il modulo dei commenti sotto per dire la tua opinione. Che è importante e unica.

 

 

 


Pubblicato in New York Times il 2 febbraio 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X.
I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare a informarti. Clicca qui a destra:

Notizie da non perdere

Stimolazione dell'onda cerebrale può migliorare i sintomi di Alzheimer

15.03.2019 | Ricerche

Esponendo i topi a una combinazione unica di luce e suono, i neuroscienziati del Massach...

Identificazione dei primi segnali dell'Alzheimer

7.03.2022 | Ricerche

Un team multidisciplinare di ricerca, composto da ricercatori del progetto ARAMIS, dell...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Studio rivela dove vengono memorizzati i frammenti di memoria

22.07.2022 | Ricerche

Un momento indimenticabile in un ristorante può non essere esclusivamente il cibo. Gli o...

Nuovo metodo di selezione farmaci spiega perché quelli di Alzheimer falliscono…

31.01.2022 | Ricerche

Analizzando i meccanismi di malattia nei neuroni umani, dei ricercatori dell'Università del...

Effetti della carenza di colina sulla salute neurologica e dell'intero si…

23.01.2023 | Ricerche

Assorbire colina a sufficienza dall'alimentazione è cruciale per proteggere il corpo e il cervello d...

Interleuchina3: la molecola di segnalazione che può prevenire l'Alzheimer…

20.07.2021 | Ricerche

Una nuova ricerca su esseri umani e topi ha identificato una particolare molecola di seg...

Trovato legame tra amiloide-beta e tau: è ora possibile una cura per l'Al…

27.04.2015 | Ricerche

Dei ricercatori hanno assodato come sono collegate delle proteine che hanno un ruolo chiave nell...

La consapevolezza di perdere la memoria può svanire 2-3 anni prima della compa…

27.08.2015 | Ricerche

Le persone che svilupperanno una demenza possono cominciare a perdere la consapevolezza dei propr...

Chiarito il meccanismo che porta all'Alzheimer e come fermarlo

30.08.2017 | Ricerche

Nel cervello delle persone con Alzheimer ci sono depositi anomali di proteine ​​amiloide-beta e ​...

L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

2.03.2023 | Ricerche

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

"Ci...

Un singolo trattamento genera nuovi neuroni, elimina neurodegenerazione nei to…

1.07.2020 | Ricerche

Xiang-Dong Fu PhD, non è mai stato così entusiasta di qualcosa in tutta la sua carriera...

Il sonno resetta i neuroni per i nuovi ricordi del giorno dopo

11.09.2024 | Ricerche

Tutti sanno che una buona notte di sonno ripristina l'energia di una persona; ora un nuo...

Colpi in testa rompono i 'camion della spazzatura' del cervello acce…

5.12.2014 | Ricerche

Un nuovo studio uscito ieri sul Journal of Neuroscience dimostra che un...

LipiDiDiet trova effetti ampi e duraturi da intervento nutrizionale all'i…

9.11.2020 | Ricerche

Attualmente non esiste una cura nota per la demenza, e le terapie farmacologiche esisten...

L'Alzheimer inizia all'interno delle cellule nervose?

25.08.2021 | Ricerche

Uno studio sperimentale eseguito alla Lund University in Svezia ha rivelato che la prote...

Scoperta importante sull'Alzheimer: neuroni che inducono rumore 'cop…

11.06.2020 | Ricerche

I neuroni che sono responsabili di nuove esperienze interferiscono con i segnali dei neu...

Cerca il tuo sonno ideale: troppo e troppo poco legati al declino cognitivo

28.10.2021 | Ricerche

Come tante altre cose buone della vita, il sonno fa meglio se è moderato. Uno studio plu...

Perché le cadute sono così comuni nell'Alzheimer e nelle altre demenze?

4.09.2020 | Esperienze & Opinioni

Le cadute hanno cause mediche o ambientali

Una volta che si considerano tutte le divers...

Rivelato nuovo percorso che contribuisce all'Alzheimer ... oppure al canc…

21.09.2014 | Ricerche

Ricercatori del campus di Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)