La rapamicina, un farmaco usato per prevenire il rigetto nei trapianti, potrebbe ritardare l'insorgenza di malattie neurodegenerative come l'Alzheimer e il Parkinson.
Questa è la conclusione principale di uno studio pubblicato su Nature, in cui ha collaborato il ricercatore Isidro Ferrer, responsabile del gruppo di Neuropatologia dell'Istituto di Ricerca Biomedica Bellvitge (IDIBELL) e del Bellvitge University Hospital e Professore Ordinario di Anatomia Patologica all'Università di Barcellona. La ricerca è stata condotta da ricercatori della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste in Italia.
La collaborazione del gruppo di ricerca guidato dal Dr. Ferrer con i ricercatori della SISSA è iniziata cinque anni fa, quando hanno osservato che i malati di Parkinson mostrano un deficit della proteina UCHL1. A quel tempo, i ricercatori non sapevano quale meccanismo producesse questo deficit. Per scoprirlo è stato lanciato un progetto europeo. E' stato coordinato dai ricercatori italiani e hanno partecipato altri gruppi di ricerca europei, tra cui il gruppo guidato dal Dr. Ferrer. Il progetto, chiamato Dopaminet, si è concentrato sul modo in cui sono coinvolti i neuroni dopaminergici (cellule cerebrali il cui neurotrasmettitore è la dopamina) nel Parkinson.
Contrariamente alle ipotesi più comuni, che un frammento di DNA codifichi una proteina attraverso una molecola di RNA messaggero, i ricercatori hanno scoperto che funziona anche in senso inverso. Hanno trovato un equilibrio tra la proteina e la sua proteina specchio, configurata al contrario, e si controllano reciprocamente. Se la proteina specchio è localizzata nel nucleo della cellula, non interagisce con la proteina, mentre se è nel citoplasma, allora entrambe interagiscono.
Nel caso del Parkinson, la proteina UCHL1 appare ridotta e inoltre la sua proteina specchio è localizzata nel nucleo e nel citoplasma. Quindi i ricercatori hanno cercato un metodo per estrarre la proteina specchio dal nucleo e farla interagire con la proteina UCHL1 originale. Gli autori hanno scoperto che la rapamicina è in grado di estrarle dal nucleo. Il farmaco consente a due proteine, la UCHL1 e il suo specchio, di stare insieme nel citoplasma, fatto che correggerebbe gli errori che avvengono nel morbo di Parkinson.
Questa ricerca in vitro ha permesso di descrivere un nuovo meccanismo prima sconosciuto. È necessario che la proteina UCHL1 specchio si accumuli nel nucleo ed esca dal citoplasma e si unisca alla proteina UCLH1. La combinazione di entrambe le azioni fa funzionare il sistema. "La rapamicina non può curare il Parkinson, ma può ritardare l'insorgenza di malattie neurodegenerative come l'Alzheimer e il Parkinson stesso. La rapamicina é in grado di proteggere e ritardare l'inizio di queste malattie. Può completare il trattamento, ma dovrebbe essere combinata con altri trattamenti esistenti", spiega Isidro Ferrer.
Comunque, siamo ancora lontani dalla applicazione nei pazienti. Il passo successivo è convalidare questi risultati in modelli animali e studiare gli effetti della rapamicina in combinazione con altri farmaci.
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Fonte: Materiale del IDIBELL-Bellvitge Biomedical Research Institute.
Riferimento: Claudia Carrieri, Laura Cimatti, Marta Biagioli, Anne Beugnet, Silvia Zucchelli, Stefania Fedele, Elisa Pesce, Isidre Ferrer, Licio Collavin, Claudio Santoro, Alistair RR Forrest, Piero Carninci, Stefano Biffo, Elia Stupka, Stefano Gustincich. Long non-coding antisense RNA controls Uchl1 translation through an embedded SINEB2 repeat. Nature, 2012; DOI: 10.1038/nature11508
Pubblicato in ScienceDaily il 14 Ottobre 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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