Un team di ricercatori del Weill Cornell Medical College ha scoperto che i peptidi amiloidi sono dannosi per i vasi sanguigni che alimentano di sangue il cervello nell'Alzheimer e quindi accelerano il declino cognitivo, limitando il sangue ricco di ossigeno e sostanze nutritive.
Nel loro studio sugli animali, i ricercatori rivelano come l'amiloide-β si accumula nei vasi sanguigni e come potrebbe essere impedito in ultima analisi tale accumulo e danno.
Il loro studio, pubblicato online nell'edizione del 4 Febbraio di Proceedings of National Academy of Sciences (PNAS), è il primo a identificare il ruolo del recettore immunitario innato CD36 nel danneggiare i vasi sanguigni cerebrali e nel promuovere l'accumulo di depositi di amiloide in questi vasi, condizione nota come angiopatia amiloide cerebrale (CAA). È importante sottolineare che lo studio fornisce le basi razionali per puntare il CD36 e rallentare o invertire alcuni dei deficit cognitivi dell'Alzheimer impedendo la CAA.
"I nostri risultati suggeriscono con forza che l'amiloide, oltre a danneggiare i neuroni, minaccia anche la fornitura ematica cerebrale e aumenta la suscettibilità del cervello ai danneggiamenti a causa della carenza di ossigeno", scrive il ricercatore senior dello studio, il dottor Costantino Iadecola (foto), Professore "Anne Parrish Titzell" di Neurologia al Weill Cornell Medical College e direttore del Brain and Mind Research Institute del Weill Cornell Medical College e del Presbyterian Hospital di NewYork. "Se potessimo fermare l'accumulo di amiloide in questi vasi sanguigni, potremmo migliorare significativamente la funzione cognitiva dei pazienti con Alzheimer. Inoltre, potremmo migliorare l'efficacia della immunoterapia dell'amiloide, che avviene negli studi clinici ma è stata finora ostacolata dall'accumulo di amiloide nei vasi sanguigni cerebrali".
Sempre più prove scientifiche dimostrano che i cambiamenti nella struttura e nella funzione dei vasi sanguigni cerebrali contribuiscono alla disfunzione cerebrale sottostante l'Alzheimer, ma fino ad ora nessuno ha veramente capito come ciò avvenga. Nel presente studio, il team di ricerca - che comprende anche ricercatori della Mayo Clinic in Florida, del McLaughlin Research Institute del Montana e della Rockefeller University - ha usato topi geneticamente modificati per sviluppare amiloide nel cervello e nei vasi sanguigni, ma ai quali è stato eliminato il recettore CD36.
Essi hanno dimostrato che i topi privi di CD36 hanno meno accumulo di amiloide nelle arterie cerebrali (CAA), anche se hanno un accumulo massiccio di amiloide nel tessuto cerebrale (placche amiloidi). "Sorprendentemente, i topi senza CD36, con solo CAA ridotta, ottengono risultati nettamente migliori nei test cognitivi dei topi con CD36 intatto", scrive il primo autore dello studio, il Dott. Laibaik Park, assistente professore di neuroscienze al Brain and Mind Research Institute.
"In sostanza, un carico ridotto di amiloide nei vasi sanguigni cerebrali (CAA), è in grado di preservare le funzioni cognitive, nonostante l'accumulo di placche amiloidi nel tessuto cerebrale", scrive il Dott. Iadecola, che è anche neurologo al NewYork-Presbyterian Hospital / Weill Cornell Medical Center. "Questi risultati indicano che rimuovere l'amiloide dai vasi sanguigni cerebrali potrebbe essere di enorme beneficio per i pazienti con Alzheimer. Queste conclusioni sono basate su studi sui topi e i topi non sono esseri umani, naturalmente, ma abbiamo una direzione molto interessante da esplorare nella ricerca di terapie per l'Alzheimer".
La risposta delle molecole-spazzino danneggia i vasi sanguigni
La CAA è già nota per essere una delle principali cause di disfunzione cerebrale e di emorragia dalle deboli arterie cerebrali danneggiate in alcuni pazienti anziani, ma nessuno ha capito come avviene. Inoltre non è altrettanto chiaro quanti anziani soffrono di CAA, perché non c'è modo di fare una diagnosi chiara della condizione, se non con sofisticati studi di visualizzazione cerebrale. Ma si ritiene che questa condizione sia diffusa e che la CAA, sia in associazione con l'Alzheimer che indipendentemente da esso, sia una delle principali cause di declino cognitivo negli anziani.
Il cervello umano produce normalmente il peptide amiloide nell'ambito della funzionalità neuronale, ma questi peptidi vengono regolarmente rimossi dal cervello, in gran parte attraverso i vasi sanguigni. Tuttavia, nella maggior parte dei pazienti di Alzheimer, è compromessa la capacità del cervello per eliminare l'amiloide-β e, di conseguenza, un tipo di amiloide-β (l'Aβ42) si accumula in placche amiloidi e un altro tipo (l'Aβ40) si raccoglie nelle arterie cerebrali, causando la CAA.
Il gruppo di ricerca ha scoperto che la CD36, una proteina localizzata sulla superficie delle cellule immunitarie e nei vasi sanguigni, è fondamentale per l'accumulo di Aβ40 nei vasi sanguigni. La proteina è parte del sistema immunitario innato; la sua funzione è di agire come sensore per rilevare molecole che rappresentano un pericolo per l'ospitante. Alcune di queste molecole derivano da organismi invasori (come gli agenti infettivi), ma alcune sono prodotte dal corpo, come i peptidi amiloidi che, in quantità eccessiva, potrebbe diventare tossici.
"La CD36 è una proteina-spazzino che si lega alle molecole di minaccia e attiva una serie di risposte cellulari progettate per eliminare la minaccia", spiega il Dott. Iadecola. "Tali risposte comprendono l'aumento dell'infiammazione e la produzione di radicali liberi, entrambe volte a neutralizzare gli invasori. Tuttavia nel caso dell'amiloide-β, l'infiammazione e i radicali liberi danneggiano i vasi sanguigni cerebrali ed impediscono l'eliminazione efficace del peptide attraverso questi vasi. Questo a sua volta crea un circolo vizioso che favorisce l'accumulo vascolare del peptide amiloide-β e promuove la CAA".
Il Dr. Iadecola e i suoi colleghi dicono che potrebbe essere possibile progettare nuovi farmaci che si legano alla CD36 sul punto preciso della struttura della proteina dove si attacca l'amiloide-β, bloccando così gli effetti deleteri dell'attivazione del recettore. "Ora sappiamo come avviene, e così ora abbiamo un nuovo obiettivo", dice.
Questo studio di ricerca è stato finanziato dal National Institutes of Health, dall'American Heart Association e dall'Alzheimer's Association. Hanno collaborato: Dr. Laibaik Park, Joan Zhou, Dr. Ping Zhou, Dr. Sleiman El Jamal, Dr. Joseph Pierce, Andrea Arreguin, e Dr. Josef Anrather del Weill Cornell Medical College; Rose Pistick e Dr. George A. Carlson del McLaughlin Research Institute di Great Falls in Montana; Linda Younkin e Dr. Steven G. Younkin della Mayo Clinic di Jacksonville in Florida; e Dr. Bruce S. McEwen della The Rockefeller University.
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Fonte: Materiale della Weill Cornell Medical College.
Riferimento: L. Park, J. Zhou, P. Zhou, R. Pistick, S. El Jamal, L. Younkin, J. Pierce, A. Arreguin, J. Anrather, SG Younkin, GA Carlson, BS McEwen, C. Iadecola. Innate immunity receptor CD36 promotes cerebral amyloid angiopathy. Proceedings of the National Academy of Sciences, 2013; DOI: 10.1073/pnas.1300021110.
Pubblicato in Science Daily il 4 Febbraio 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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