Un team di ricercatori della UNC ha recentemente condotto uno studio che potrebbe essere utile nella ricerca di una cura per l'Alzheimer, e, anche se la malattia è di solito associata agli anziani, il loro lavoro si è svolto sul cervello umano ad una età molto più giovane.
L'assistente professore di psichiatria e coautore dello studio Rebecca Knickmeyer della UNC dice che i cambiamenti del cervello rilevabili durante l'infanzia possono aumentare significativamente il rischio di sviluppare l'Alzheimer in età più avanzata, e potrebbero essere più vulnerabili in particolare i bambini con sezione mediale del lobo temporale più piccola.
"Sappiamo da molto tempo che una particolare variante è associata al rischio di Alzheimer, ma vogliamo sapere cosa modifica tale variante nel cervello e quando emerge l'effetto", dice. "Ci sono stati studi su specifici adulti per visualizzare questa particolare variante, che hanno dimostrato effetti sul volume del cervello, e noi, naturalmente, abbiamo esaminato i neonaio e abbiamo visto modifiche simili. Questo suggerisce un effetto molto anticipato".
Il lobo temporale mediale è molto coinvolto nel processo della memoria umana. Lo studio suggerisce che gli individui con sezione mediale del lobo temporale più piccola sono vulnerabili alla perdita di volume del cervello e questo induce in seguito uno sviluppo precoce dei sitomi attivi dell'Alzheimer.
Però, dice la Knickmeyer, non tutti quelli che hanno la variante genetica hanno la garanzia di sviluppare l'Alzheimer. "Per esempio, supponiamo di prendere due persone, entrambi portatori della variante di rischio, entrambi magari con piccoli lobi temporali mediali", dice. "Uno di loro potrebbe avere altri fattori che mantengono ciò che già hanno, mentre l'altro potrebbe avere fattori genetici o ambientali che favoriscono una perdita più veloce rispetto alla popolazione generale. Queste due persone avranno esiti molto diversi".
E la Knickmeyer aggiunge che, anche se questo studio da solo non sarà sufficiente per stabilire la diagnosi precoce di Alzheimer, potrebbe essere un passo in più verso quell'obiettivo. "Qualsiasi variante genetica comune singola non può essere un buon predittore", dice lei. "Ma se saremo in grado di ottenere previsioni da una serie molto più ampia di varianti in combinazione con informazioni aggiornate sulla traiettoria di sviluppo del cervello, questo, credo, sia promettente per una identificazione e un intervento precoci".
Lo studio della Knickmeyer è stato pubblicato online sul numero di Gennaio 2013 della rivista Cerebral Cortex.
of this article is here.
Riferimento: Rebecca C. Knickmeyer, Jiaping Wang, Hongtu Zhu, Xiujuan Geng, Sandra Woolson, Robert M. Hamer, Thomas Konneker, Weili Lin, Martin Styner, John H. Gilmore. Common Variants in Psychiatric Risk Genes Predict Brain Structure at Birth. Cereb. Cortex (2013). doi:10.1093/cercor/bhs401
Pubblicato da Anne Brenner e Abraham Jaroszewski in Chapelboro.com il 24 Febbraio 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.
Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra: |