Il Journal of Neuroscience ha pubblicato uno studio condotto da ricercatori del Max Planck Institute for Neuroscience della Florida (prima e unica filiale USA della Max Planck Society), che potrebbe costituire una svolta sorprendente negli sforzi per curare l'Alzheimer.
Lo studio individua una causa potenziale dell'Alzheimer (sulla base della recente scoperta di un percorso di segnalazione nei modelli cellulari del morbo) e apre le porte a nuovi trattamenti di successo attraverso il blocco di questo percorso.
L'Istituto, aperto in Dicembre 2012, si concentra esclusivamente sulla ricerca di base nelle neuroscienze, e si propone di analizzare, mappare, e decodificare il cervello umano - l'organo più importante, e quello meno capito, del corpo. "Questo studio trasforma la comprensione della causa diretta dell'Alzheimer", scrive il dottor Ryohei Yasuda, ricercatore principale. "Con ulteriori ricerche, si può aprire una strada completamente nuova per curare questa malattia".
La comunità scientifica finora ha ampiamente accettato che l'Alzheimer è causato da un accumulo di un peptide chiamato amiloide-beta. Quando il amiloide-beta è applicato ai neuroni, la morfologia neuronale diventa anormale ed è compromessa la funzione sinaptica. Tuttavia non si sa come l'amiloide-beta causa la disfunzione. La ricerca del MPFI indica che la presenza di amiloide-beta provoca un aumento del livello di una proteina di segnalazione, chiamata centaurin-alpha1 (CentA1), che sembra causare la disfunzione neuronale; una scoperta potenzialmente rivoluzionaria che svela un passo intermedio importante nella progressione della malattia.
Nell'ambito della ricerca, gli scienziati sono riusciti ad identificare la CentA1 e a misurare i suoi effetti negativi sui neuroni. Con una tecnica di silenziamento dell'RNA, hanno interrotto la produzione cellulare di CentA1, e hanno dimostrato che i neuroni colpiti, esposti all'amiloide-beta e che presentano i sintomi correlati all'Alzheimer, tornano alla normale morfologia e funzione sinaptica, anche con la presenza continua di amiloide-beta. Hanno inoltre scoperto che l'aumento di CentA1 attiva una serie di proteine, e queste proteine formano un percorso di segnalazione dalla CentA1 alla disfunzione neuronale. Quindi l'inibizione di altre proteine nel percorso ha anche "curato" i neuroni colpiti.
I test iniziali riferiti sono stati condotti su fettine di cervello di topo. Il MPFI ha già iniziato a espandere i propri studi a modelli murini di Alzheimer e gli esperimenti preliminari mostrano risultati promettenti. In definitiva, puntare ai componenti di questa via di segnalazione appena identificata può aprire potenzialmente la porta a nuove terapie farmacologiche e geniche per il trattamento dell'Alzheimer.
Il dottor Yasuda riferisce anche, in termini aneddotici, che gli effetti dell'abbattimento della CentA1 si sono mantenuti per diverse settimane e uno dei filoni della ricerca futura sarà esaminare per quanto tempo permangono gli effetti positivi sui neuroni, per indicare il potenziale impatto di trattamenti derivati da questa ricerca.
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Fonte: Max Planck Florida Institute for Neuroscience.
Riferimento: EM Szatmari, AF Oliveira, EJ Sumner, R. Yasuda. Centaurin-α1-Ras-Elk-1 Signaling at Mitochondria Mediates β-Amyloid-Induced Synaptic Dysfunction. Journal of Neuroscience, 2013; 33 (12): 5367 DOI: 10.1523/JNEUROSCI.2641-12.2013.
Pubblicato in Science Daily il 19 Marzo 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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