Quando si guardano le lancette di un orologio o le strade su una mappa, il nostro cervello esegue senza sforzo calcoli che stabiliscono l'orientamento di questi oggetti.
Una nuova ricerca di scienziati dell'University College di Londra ha dimostrato che questi calcoli possono essere effettuati dai rami microscopici dei neuroni conosciuti come dendriti, gli elementi di ricezione dei neuroni.
Lo studio, pubblicato il 27 Ottobre su Nature e condotto da ricercatori dell'Istituto per la Ricerca Biomedica Wolfson dell'UCL, del Laboratorio di Biologia Molecolare MRC di Cambridge e dell'Università della North Carolina di Chapel Hill, ha esaminato i neuroni in zone del cervello di topo responsabili dell'elaborazione degli input visivi degli occhi.
Gli scienziati sono arrivati ad una svolta importante: sono riusciti a fare registrazioni elettriche ed ottiche incredibilmente impegnative direttamente sui minuscoli dendriti dei neuroni nel cervello intatto, mentre il cervello stava elaborando le informazioni visive.
Queste registrazioni hanno rivelato che la stimolazione visiva produce segnali elettrici specifici nei dendriti (impulsi di picchi) che sono sintonizzati sulle proprietà dello stimolo visivo. I risultati mettono in discussione l'opinione diffusa che questo tipo di calcolo avviene solo con il lavoro congiunto di un gran numero di neuroni, e dimostrano come i componenti di base del cervello sono dispositivi computazionali eccezionalmente potenti, ognuno per conto proprio.
L'autore senior, il professor Michael Hausser, ha commentato: "Questo lavoro mostra che i dendriti, da sempre considerati incaricati di convogliare semplicemente, come un 'imbuto', i segnali in arrivo verso il soma, hanno invece un ruolo chiave nel selezionare ed interpretare l'enorme mole di stimoli ricevuti dal neurone. I dendriti quindi agiscono come dispositivi di elaborazione in miniatura per rivelare ed amplificare specifici tipi di input". "Questa nuova proprietà dei dendriti aggiunge un importante elemento alla "cassetta degli attrezzi" della computazione nel cervello. Questo tipo di elaborazione dendritica probabilmente è diffusa in molte aree del cervello e in molte specie animali diverse, incluso l'uomo".
Il finanziamento per questo studio è stato fornito dalla Gatsby Charitable Foundation, dal Wellcome Trust, e dal Consiglio Europeo della Ricerca, così come dallo Human Frontier Science Program, dalla Fondazione Klingenstein, da Helen Lyng White, dalla Royal Society, e dal Medical Research Council.
***** Questa è invece la descrizione dello stesso studio pubblicata dalla Università della Nord Carolina *****
Neuroscienziati della UNC scoprono nuovo 'mini computer-neurali' nel cervello
I dendriti, le proiezioni simili a rami dei neuroni, erano finora considerati un cablaggio passivo nel cervello. Ma ora i ricercatori della University of North Carolina di Chapel Hill hanno dimostrato che questi dendriti fanno molto più che trasmettere informazioni da un neurone all'altro. Essi elaborano attivamente le informazioni, moltiplicando la potenza di calcolo del cervello.
"E' come se improvvisamente la potenza di elaborazione del cervello fosse molto più grande di quanto si pensava prima", ha detto Spencer Smith, PhD, professore assistente della Scuola di Medicina dell'UNC. I risultati del suo gruppo, pubblicati il 27 ottobre sulla rivista Nature, potrebbero cambiare il modo in cui gli scienziati pensano ai modelli scientifici consolidati sul funzionamento dei circuiti neurali nel cervello, ma anche aiutare i ricercatori a comprendere meglio le malattie neurologiche.
Gli assoni sono il luogo dove si ritiene convenzionalmente che i neuroni generino i picchi elettrici, ma molte delle stesse molecole che supportano gli impulsi assonali sono presenti anche nei dendriti. Ricerche precedenti, che utilizzavano tessuto cerebrale sezionato, avevano dimostrato che i dendriti possono utilizzare quelle molecole per generare impulsi elettrici da se stessi, ma non è chiaro se l'attività cerebrale normale usi quegli impulsi dendritici. Ad esempio, potrebbero tali impulsi essere coinvolti nel modo in cui vediamo?
La risposta, ha verificato il gruppo di Smith, è sì. I dendriti effettivamente agiscono come mini-computer neurali, elaborando attivamente i segnali stessi di input neuronale. Dimostrare tutto questo direttamente ha richiesto una serie di esperimenti complessi durati anni ed eseguiti su due continenti, partendo dal laboratorio dell'autore senior Michael Hausser all'University College di Londra, per essere completati dopo che Smith e Ikuko Smith, PhD, DVM, hanno organizzato il proprio laboratorio all'Università della North Carolina.
Hanno usato l'elettrofisiologia patch-clamp per collegare un microscopico elettrodo fatto a pipetta di vetro, riempito con una soluzione fisiologica, ad un dendrite neuronale nel cervello di un topo. L'idea era di "ascoltare" direttamente il processo di segnalazione elettrica.
"Attaccare la pipetta ad un dendrite, in termini tecnici, è tremendamente difficile", ha detto Smith. "Non si può affrontare il dendrite da qualsiasi direzione. E non si può vedere il dendrite. Quindi si deve farlo alla cieca. E' come la pesca, ma tutto quello che si può vedere è la traccia elettrica di un pesce". E non è possibile utilizzare esche. "Si deve andare per tentativi, cercando di colpire un dendrite", ha detto. "La maggior parte delle volte non riesce". Ma Smith ha costruito il proprio sistema di microscopio a due fotoni per rendere le cose più facili.
Una volta che la pipetta è stata collegata a un dendrite, il gruppo di Smith ha preso le registrazioni elettriche da singoli dendriti nel cervello dei topi anestetizzati e svegli. Mentre i topi ricevevano stimoli visivi sullo schermo di un computer, i ricercatori hanno visto un insolito modello di segnali elettrici -scoppi di impulsi- nel dendrite. Il gruppo di Smith ha poi scoperto che gli impulsi dendritici avvenivano selettivamente, a seconda dello stimolo visivo, indicando che i dendriti elaborano informazioni su ciò che l'animale stava vedendo.
Per fornire la prova visiva della loro scoperta, il team di Smith ha riempito i neuroni con un colorante di calcio, che ha fornito una lettura ottica degli impulsi. Ciò ha rivelato che i dendriti sparano impulsi mentre le altre parti del neurone non lo fanno, nel senso che l'attività è il risultato dell'elaborazione locale all'interno dei dendriti.
Il co-autore dello studio Tiago Branco (PhD) ha creato un modello matematico biofisico dei neuroni e ha scoperto che questi meccanismi potrebbero sostenere lo spiking dendritico (generazione di picchi di impulsi) registrato elettricamente, convalidando ulteriormente l'interpretazione dei dati. "Tutti i dati puntano alla stessa conclusione", ha detto Smith. "I dendriti non sono integratori passivi degli input guidati dai sensori; essi sembrano essere anche unità di calcolo".
Il suo team ha in programma di esplorare il ruolo che potrebbe avere questa funzione dendritica appena scoperta nei circuiti cerebrali e soprattutto nelle condizioni come la sindrome di Timothy, in cui potrebbe essere compromessa l'integrazione dei segnali dendritici.
Fonte: University College London - UCL, via AlphaGalileo e University of North Carolina School of Medicine.
Riferimenti: Spencer L. Smith, Ikuko T. Smith, Tiago Branco, Michael Häusser. Dendritic spikes enhance stimulus selectivity in cortical neurons in vivo. Nature, 2013; DOI: 10.1038/nature12600
Pubblicato in alphagalileo.org (> English version) e unchealthcare.org (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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