Gli anziani con deterioramento cognitivo che alla dimissione dall'ospedale vanno in una casa di cura hanno meno probabilità di essere ri-ospedalizzati entro 30 giorni di chi torna a casa propria o da un famigliare, secondo uno studio del Regenstrief Institute della Indiana University.
La destinazione dopo la dimissione, al termine di una degenza ospedaliera, e lo stato cognitivo sono fattori codipendenti, secondo lo studio, che ha seguito 976 uomini e donne over-65. I risultati dello studio sono pubblicati nel numero di Novembre del Journal of the American Geriatrics Society.
"Perché gli ospiti nelle casa di cura, cognitivamente compromessi, vengono riammessi all'ospedale più raramente rispetto a quelli che erano tornati in un ambiente domestico? Ci possono essere diverse spiegazioni", ha detto il primo autore Arif Nazir, MD, assistente professore di medicina clinica alla Facoltà di Medicina dell'UI, componente del consiglio di amministrazione della American Medical Association. "La casa di cura garantisce la costanza con i farmaci, che può essere molto difficile per chi vive a casa con deterioramento cognitivo, nonostante a volte ci sia anche il sostegno della famiglia. E a casa potrebbero non essere riconosciuti i problemi fisici del deterioramento cognitivo. Si tratta di problemi di salute che, se riconosciuti, li rispedirebbero in ospedale".
Oltre ad avere meno probabilità di essere riammessi in ospedale rispetto ai loro omologhi che tornano a casa, lo studio ha rilevato che gli ospiti nelle case di cura con deterioramento cognitivo hanno anche meno probabilità degli ospiti sani di essere riammessi in ospedale entro 30 giorni dalla dimissione. E se gli anziani vengono mandati a casa piuttosto che in un istituto succede che i soggetti con deterioramento cognitivo hanno maggiori probabilità di essere riammessi in ospedale rispetto a quelli con un cervello sano.
"I pazienti di Alzheimer e altri deficit cognitivi dimessi e inviati ad una casa di cura possono stare meno male fisicamente di quelli che si trovano in una casa di cura a causa di puri disturbi fisici come l'insufficienza cardiaca o un'infezione. Gli individui con deterioramento cognitivo, che alla dimissione vengono inviati ad un'istituzione come una casa di cura, in genere hanno problemi sociali e comportamentali che queste strutture sanno come gestire", ha detto il dottor Nazir.
Lo studio dimostra che il deterioramento cognitivo è associato direttamente alle ri-ospedalizzazioni e che questo rapporto viene modificato dalla destinazione dopo la dimissione. I risultati forniscono spunti unici e utili per quanto riguarda l'interazione di due importanti fattori di rischio per l'ospedalizzazione della popolazione anziana, lo stato mentale e la destinazione post-dimissione.
Sia nelle case di cura che nell'ambiente domestico potrebbero non essere riconosciuti i problemi fisici del deterioramento cognitivo. "In alcuni casi le famiglie rifiutano le cure aggressive per i loro cari, ma tali cure potrebbero essere più difficili da attuare quando l'anziano vive in casa", ha detto l'autore senior dello studio Malaz Boustani, MD, MPH, ricercatore del Regenstrief, professore associato di medicina alla Scuola di Medicina della IU e direttore associato del Centro Ricerca sull'Invecchiamento della IU. Egli dirige anche l'Healthy Aging Brain Center al Wishard-Eskenazi Health. "E quando l'individuo con deterioramento cognitivo viene curato a casa, piuttosto che in una struttura, la famiglia (come quella del paziente malato fisicamente con un cervello sano) potrebbe semplicemente sentirsi incapaci di gestire l'onere dopo la dimissione dall'ospedale".
"Per quanto ne sappiamo", ha detto il dottor Nazir, "questo è il primo studio che indagare se la destinazione post-dimissione degli anziani fa la differenza nel tasso di ri-ospedalizzazione. I risultati - che hanno conseguenze - sono un altro fattore che famiglie e amministratori ospedalieri, nonché responsabili dello stato e politici nazionali, dovranno prendere in considerazione per molte ragioni".
"Il fatto che la probabilità di riospedalizzazione siano più alte se l'individuo con deterioramento cognitivo viene mandato a casa dall'ospedale, piuttosto che in una casa di cura, suggerisce con forza l'importanza dello sviluppo di un modello di cura di transizione personalizzato, basato sulla salute del cervello degli anziani, così come sulla gravità della loro malattia", ha detto il dottor Boustani, responsabile dell'innovazione e dell'attuazione alla UI Health.
Hanno collaborato allo studio, oltre ai Dott. Nazir e Boustani, i ricercatori del Regenstrief Institute Michael LaMantia, MD, MPH, e Babar Khan MD, MS, entrambi professori assistenti di medicina alla UI; Noll Campbell, Pharm.D, della Purdue University; Siu Hui, Ph . D., professore di statistica alla IU; e Joshua Chodosh, MD, MSHS, della David Geffen School of Medicine e del VA Greater Los Angeles Healthcare System. Il lavoro è stato finanziato da Health Resources and Services Administration, dal National Institute on Aging dei National Institutes of Health, e dal John A. Hartford Foundation Center for Excellence in Geriatric Medicine.
Fonte: Indiana University.
Riferimenti: Arif Nazir, M.D. et al. Interaction Between Cognitive Impairment and Discharge Destination and Its Impact on Rehospitalizations. Journal of the American Geriatrics Society, Volume 61, Issue 11, pages 1958–1963, November 2013, DOI: 10.1111/jgs.12501
Pubblicato in news.medicine.iu.edu (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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