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Antidepressivo può rallentare l'Alzheimer

Un antidepressivo comunemente prescritto è in grado di ridurre la produzione del principale ingrediente nelle placche cerebrali di Alzheimer, secondo una nuova ricerca della School of Medicine della Washington University di St. Louis e dell’Università della Pennsylvania.


I risultati, replicati sia nei topi che nelle persone, sono stati pubblicati ieri 14 maggio su Science Translational Medicine. Essi sostengono degli studi preliminari sui topi, che hanno valutato una serie di antidepressivi.


Le placche cerebrali sono strettamente legate a problemi di memoria e altri disturbi cognitivi causati dall'Alzheimer; fermare l’accumulo di placca può arrestare il declino mentale disastroso causato dal disordine.


Gli scienziati hanno scoperto che l'antidepressivo citalopram blocca lo sviluppo di placche in un modello di topo di Alzheimer. E nei giovani adulti che erano cognitivamente sani, una dose singola di antidepressivo abbassa del 37 per cento la produzione di amiloide-beta, l’ingrediente primario delle placche. Anche se i risultati sono incoraggianti, gli scienziati avvertono che sarebbe prematuro che le persone prendano antidepressivi solo per rallentare lo sviluppo dell'Alzheimer.


“Gli antidepressivi sembrano ridurre in modo significativo la produzione di amiloide-beta, e questo è interessante”, ha detto l’autore senior John Cirrito, PhD, assistente professore di neurologia all’Università di Washington. “Ma mentre gli antidepressivi sono generalmente ben tollerati, portano anche rischi ed effetti collaterali. Fino a quando non riusciremo a dimostrare più definitivamente che questi farmaci aiutano a rallentare o fermare l’Alzheimer negli esseri umani, i rischi non valgono la pena. C’è ancora molto lavoro da fare”.


L'amiloide-beta è una proteina prodotta da una normale attività cerebrale. I livelli di questa proteina aumentano nel cervello dei pazienti con Alzheimer, inducendola a raggrupparsi in placche, che a volte sono presenti anche nel cervello di persone cognitivamente normali. Le precedenti ricerche di Cirrito avevano dimostrato che la serotonina, un messaggero chimico nel cervello, riduce la produzione di amiloide-beta.


Il primo autore Yvette Sheline, MD, ha anche collegato il trattamento con antidepressivi a livelli di placca ridotti in individui cognitivamente sani. La maggior parte dei farmaci antidepressivi tengono la serotonina in circolazione nel cervello, quindi questo ha portato Cirrito e Sheline a chiedersi se i farmaci possano bloccare l’aumento dei livelli di amiloide-beta e rallentare la progressione dell'Alzheimer.


Nel 2011, i ricercatori hanno testato diversi farmaci antidepressivi in topi giovani, geneticamente modificati per sviluppare l'Alzheimer quando invecchiano. In questi topi, che non avevano ancora sviluppato le placche cerebrali, gli antidepressivi riducono la produzione di amiloide-beta in media del 25 per cento dopo 24 ore.


Per il nuovo studio, il team ha dato citalopram a topi anziani con placche cerebrali. Jin-Moo Lee, MD, PhD, professore di neurologia, ha usato una tecnica chiamata «imaging a due fotoni» per monitorare la crescita delle placche di tipo Alzheimer nei topi, per 28 giorni. L'assunzione dell’antidepressivo ha bloccato nei topi lo sviluppo delle placche esistenti e ha ridotto la formazione di nuove placche del 78 per cento.


In un secondo esperimento, gli scienziati hanno dato una singola dose di citalopram a 23 persone da 18 a 50 anni che non erano cognitivamente deteriorati o depressi. I campioni di liquido spinale prelevati dai partecipanti nel corso delle 24 ore successive hanno mostrato un calo del 37 per cento nella produzione di amiloide-beta.


Ora i ricercatori stanno cercando di capire i dettagli molecolari del modo in cui la serotonina influenza la produzione di amiloide-beta nei topi. “Abbiamo in programma anche di studiare degli anziani, che saranno trattati per due settimane con antidepressivi”, ha detto Sheline, che ora è all’Università della Pennsylvannia. “Se vediamo un calo nei livelli di amiloide-beta nel liquido spinale dopo due settimane, allora sapremo che tale riduzione, benefica per l'amiloide-beta, è sostenibile”.


Lo studio è stato finanziato dal National Institutes of Health; dall'Hope Center for Neurological Diseases dalla Washington University e dalla Biomedical Mass Spectrometry Resource della Washington University.

 

 

 

 

 


Fonte:  Michael C. Purdy in Washington University in St. Louis  (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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