Una nuova analisi basata su due studi a lungo termine dell'invecchiamento, uno di suore cattoliche, e l'altro di uomini nippo-americani, offre la prova, forse la più convincente ottenuta finora, che la demenza di solito è il risultato di una miscela di disturbi cerebrali, piuttosto che di una singola patologia. Questo è spesso il caso, anche quando la diagnosi di Alzheimer è già stata effettuata, dicono i ricercatori.
Un team guidato dal Dr. Lon White, dell'Università delle Hawaii e del Pacific Health Research and Education Institute affiliato al VA, ha analizzato i dati di più di 1.100 persone che avevano preso parte al Nun Study o all'Honolulu-Asia Aging Study. Entrambi gli studi hanno seguito centinaia di adulti mentre invecchiavano e includono le autopsie cerebrali alla loro morte.
L'analisi del team di White è apparsa on-line su Neurology il 17 febbraio 2016. "L'impatto sulla demenza clinica e sul deterioramento è in gran parte indipendente dal tipo di lesione, o dal tipo di combinazione di lesioni", ha detto White in un'intervista via e-mail. "Piuttosto, il fattore trainante sembra essere solo il carico totale di patologia".
Lo studio conferma osservazioni precedenti
Sulla base dei diversi studi degli ultimi anni, gli esperti hanno cominciato a riconoscere la demenza come "patologia mista", un modello rilevante per spiegare le perdite cognitive delle persone anziane. White osserva che "anche i non addetti ai lavori sembrano ora percepire che la demenza spesso non risulta da un singolo processo di malattia, ma da una combinazione".
Ma il nuovo studio condotto dal team delle Hawaii offre la documentazione di vasta scala più completa vista finora del trend.
Lo studio includeva i dati di 334 suore e di 774 uomini nippo-americani, che hanno completato molteplici valutazioni cognitive mentre invecchiavano, e il cui cervello è stato sottoposto ad autopsia dopo la morte. L'età media al momento della morte era di circa 90 anni per le suore e 88 per gli uomini.
In base alle autopsie, il team di White ha trovato i tassi prevedibili di cinque diverse patologie cerebrali, ognuna delle quali può portare alla demenza. Tra queste, l'Alzheimer, i corpi di Lewy, la sclerosi ippocampale, i microinfarti, e un peso basso del cervello.
I ricercatori hanno scoperto segni di Alzheimer in circa la metà dei cervelli. Ma solo in circa la metà di questi casi era la lesione principale. Tra i 279 partecipanti che avevano una patologia grave di Alzheimer, più di tre quarti avevano almeno un altro tipo di lesione.
Insieme a questo, i ricercatori hanno osservato che la maggior parte dei partecipanti che mostravano livelli significativi di deterioramento cognitivo durante gli ultimi anni aveva poche, se non nessuna, anomalia di tipo Alzheimer.
Combinazioni di patologie hanno un impatto 'drammatico' sul cervello
In generale, era la combinazione di malattie, piuttosto che una singola condizione, a correlarsi con più forza al deterioramento cognitivo. Tali combinazioni hanno avuto un impatto "drammatico" sul rischio di demenza, hanno scritto i ricercatori.
Le suore con il livello più alto di comorbilità (il maggior numero di tipi di lesione, e la gravità complessiva più grande), avevano una probabilità 99 volte più alta di avere deficit cognitivo, rispetto a quelle senza alcuna patologia.
Lo studio ha documentato molte combinazioni diverse, ma non c'erano modelli globali. "C'è un numero enorme di possibili combinazioni di tipi di lesione, che riflette quello che sembra un legame quasi casuale tra i tipi", ha detto White. "La probabilità di ciascuna di esse è in gran parte estranea alla probabilità delle altre".
White, che è neuroepidemiologo, ha detto che l'effetto della comorbidità sembra essere moltiplicativo, piuttosto che additivo. Questo significa, per esempio, se un tipo di lesione di norma alza il rischio di deterioramento cognitivo di un fattore 3, e un altro della stessa misura, l'aumento del rischio combinato delle due lesioni non è 3+3, ma 3x3. In altre parole, l'anziano che ha entrambi i tipi di lesione avrebbe un rischio 9 volte superiore di deterioramento cognitivo, rispetto a chi non ha alcuna patologia.
Dice White: "Credo che dipenda dal fatto che tutti questi tipi di lesione sembrano essere distribuiti capillarmente in tutto il cervello, ognuno di essi coinvolge diversi tipi di neuroni e settori. Perciò il risultato della loro somma riflette la ripulitura di vari e diversi sistemi all'interno del cervello, ognuno di essi necessario per una cognizione ottimale. La cattiva notizia è che è molto peggio avere lesioni concomitanti che non avere un unico tipo di lesione".
Controllare l'ipertensione può essere cruciale
Per lo stesso motivo, dice White, quello che deriva da queste scoperte è che la possibilità di scongiurare la demenza può essere più ampia di quanto si pensa attualmente.
"La buona notizia è che prevenire ognuna delle patologie darà benefici al declino cognitivo legato all'invecchiamento. Possiamo prevenire le malattie attualmente diagnosticate, come l'Alzheimer, impedendo gli altri 4 tipi di lesioni, anche se non possiamo evitare direttamente le lesioni dell'Alzheimer".
White ammette che non ci sono attualmente strategie cliniche o di stile di vita che dimostrino di poterlo fare. Ma egli sottolinea l'importanza di mantenere ottimale la pressione del sangue. La pressione alta è implicata nella maggior parte dei tipi di lesione che il suo gruppo ha studiato.
"A questo punto", dice White, "l'unico approccio solido sembra essere la prevenzione attraverso un efficace trattamento dell'ipertensione nella mezza età".
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Hanno collaborato allo studio il National Institute on Aging, la University of California di San Diego, l'Università del Minnesota, il Geriatric Research, Education, and Clinical Center del VA Health Care System di Minneapolis, l'Università di Washington, l'Università della California del Sud, la University of Utah, il VA Pacific Islands, e il Kuakini Medical Center di Honolulu. Il finanziamento per il lavoro è stato fornito dal VA, dai National Institutes of Health, dalla Hawaii Community Foundation, e dal Nancy and Buster Alvord Endowment.
Fonte: Veterans Affairs Research Communications (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: L. R. White, S. D. Edland, L. S. Hemmy, K. S. Montine, C. Zarow, J. A. Sonnen, J. H. Uyehara-Lock, R. P. Gelber, G. W. Ross, H. Petrovitch, K. H. Masaki, K. O. Lim, L. J. Launer, T. J. Montine. Neuropathologic comorbidity and cognitive impairment in the Nun and Honolulu-Asia Aging Studies. Neurology, 2016; 86 (11): 1000 DOI: 10.1212/WNL.0000000000002480
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