Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Pazienti di Alzheimer possono morire prima se il caregiver è mentalmente stressato

Ricercatori dell'Università della California di Berkeley hanno monitorato dal 2007 al 2016 la mortalità di 176 pazienti con malattie neurodegenerative che sono corrosive per la funzione cerebrale. Hanno misurato anche la salute mentale dei familiari che si occupavano di loro.


I loro risultati, che saranno pubblicati su Proceedings of the National Academy of Sciences, indicano che i pazienti assistiti da caregiver con depressione, ansia e altri sintomi di malattia mentale, di solito muoiono prima di quelli che vengono curati da caregiver in buona salute mentale: in media circa 14 mesi prima.


"Questa scoperta del forte rapporto tra la sopravvivenza del paziente e la salute mentale del caregiver sottolinea la profonda interconnessione tra la vita e il benessere dei caregiver e dei pazienti, occupati in una delle relazioni più impegnative e intime della vita", ha affermato l'autore senior Robert Levenson, professore di psicologia alla UC Berkeley.


Sebbene lo studio non fornisca prove causali o direzionali definitive per la morte prematura dei pazienti i cui caregiver sono in cattiva salute mentale, "esso evidenzia l'influenza reciproca che gli stati mentali e fisici di entrambe le parti hanno l'una sull'altra e la partecipazione straordinariamente alta che è coinvolta", ha detto Levenson.


Lo studio è il primo a collegare la salute mentale dei caregiver alla mortalità dei pazienti che soffrono di una vasta gamma di malattie neurodegenerative, hanno detto i ricercatori. "Questi risultati ci dicono in modo convincente che contribuire a preservare la salute mentale dei caregiver può anche aiutare i pazienti di cui si occupano", ha detto uno dei primi autori dello studio Brett Ford, assistente professore di psicologia all'Università di Toronto, che ha lavorato allo studio mentre era studente in dottorato di psicologia a Berkeley.


Le 176 coppie caregiver-paziente sono state esaminate dai ricercatori del Laboratorio Psicofisiologico di Levenson. I caregiver hanno segnalato la propria salute e il loro benessere sociale ed emotivo, e i pazienti sono stati valutati durante gli appuntamenti di follow-up annuale e gli aggiornamenti telefonici attraverso il Centro Memoria e Invecchiamento dell'Università della California di San Francisco.


Dei caregiver, l'85 per cento erano coniugi, l'8 per cento erano figli adulti e il 6 per cento erano fratelli. "Siamo riusciti a incontrare e parlare con un certo numero di caregiver, molti dei quali hanno parlato delle sfide di occuparsi del loro coniuge o del loro caro che perde lentamente il senso di sé e la capacità di vivere in modo indipendente", ha detto il co-autore dello studio Sandy Lwi , studente di dottorato di ricerca in psicologia a Berkeley.


La longevità del paziente si è basata sul numero di giorni dalla loro valutazione iniziale al Laboratorio Psicofisiologico di Berkeley fino al momento della morte o, se non erano morti, fino alla data di scadenza dello studio in maggio 2016. Tra i 176 pazienti, 76 sono morti durante lo studio.


Nel complesso, i risultati hanno mostrato che il rischio di mortalità per i pazienti è maggiore quando il loro caregiver ha scarsa salute mentale, anche quando si tratta di fattori di genere, età, gravità della malattia e salute mentale.


Si stima che oltre 7 milioni di americani soffrano di disturbi neurodegenerativi come Alzheimer, demenza frontotemporale, Parkinson, sclerosi multipla, Lou Gehrig (ALS) e Huntington, che portano a cali graduali nel funzionamento cognitivo, emotivo e motorio. La progressione ininterrotta di queste malattie - con un tasso di sopravvivenza che va dai 3 ai 10 anni dopo la diagnosi iniziale - implica che i pazienti vengono spesso curati a casa da parenti o amici stretti che non vengono pagati per il loro lavoro.


"I famigliari e gli altri che forniscono la cura critica a questi pazienti fanno un lavoro eroico ed estremamente impegnativo", ha detto Levenson. Anche se i caregiver potrebbero trovare questo lavoro gratificante e necessario, lo stress quotidiano può porre un pedaggio sul loro benessere mentale. Fino al 40% dei caregiver di demenza soffre di depressione. Essi inoltre riferiscono livelli superiori alla media di ansia, isolamento sociale e frustrazione.


Lo studio osserva che la scarsa salute mentale dei caregiver può influenzare la vita dei pazienti in diversi modi. Può ridurre la qualità della cura del paziente, aumentando il rischio di trascuratezza o abuso, indebolendo il sistema immunitario dei pazienti, compromettendo i legami sociali tra il caregiver e il paziente o trasmettendo direttamente le emozioni negative ai pazienti attraverso un fenomeno noto come 'contagio emozionale', in cui una persona in una relazione assorbe le risposte emotive dell'altro.


I ricercatori hanno dichiarato che continueranno a controllare i rapporti tra i caregiver e i pazienti sopravvissuti nel loro studio, per approfondire le dinamiche in gioco. Nel frattempo, i risultati dello studio sono tempestivi di fronte alle crescenti esigenze sanitarie dei baby boom che stanno invecchiando, ha detto Levenson.


Entro il 2030, si prevede che più di 8 milioni di americani avranno una qualche forma di demenza.
"I tassi di demenza e di altre malattie neurodegenerative costituiscono una delle sfide più urgenti per la salute pubblica dell'epoca attuale, e questo diventerà sempre più impegnativo visto che la popolazione invecchia", ha detto Levenson.

 

 

 


Fonte: Yasmin Anwar in University of California - Berkeley (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Ricerca in corso di pubblicazione.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023 | Ricerche

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

Il sonno resetta i neuroni per i nuovi ricordi del giorno dopo

11.09.2024 | Ricerche

Tutti sanno che una buona notte di sonno ripristina l'energia di una persona; ora un nuo...

Scoperta inaspettata: proteine infiammatorie possono rallentare il declino cog…

5.07.2021 | Ricerche

Finora la ricerca aveva collegato l'infiammazione al morbo di Alzheimer (MA), però scien...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024 | Annunci & info

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee guida...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

Perché dimentichiamo? Nuova teoria propone che 'dimenticare' è in re…

17.01.2022 | Ricerche

Mentre viviamo creiamo innumerevoli ricordi, ma molti di questi li dimentichiamo. Come m...

Nuovo farmaco previene le placche amiloidi, un segno specifico di Alzheimer

8.03.2021 | Ricerche

Le placche di amiloide sono caratteristiche patologiche del morbo di Alzheimer (MA): son...

L'esercizio fisico genera nuovi neuroni cerebrali e migliora la cognizion…

10.09.2018 | Ricerche

Uno studio condotto dal team di ricerca del Massachusetts General Hospital (MGH) ha scop...

Fruttosio prodotto nel cervello può essere un meccanismo che guida l'Alzh…

29.09.2020 | Ricerche

Una nuova ricerca rilasciata dalla University of Colorado propone che il morbo di Alzhei...

Riprogrammare «cellule di supporto» in neuroni per riparare il cervello adulto…

21.11.2014 | Ricerche

La porzione del cervello adulto responsabile del pensiero complesso, la corteccia cerebrale, non ...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

I ricordi potrebbero essere conservati nelle membrane dei tuoi neuroni

18.05.2023 | Ricerche

Il cervello è responsabile del controllo della maggior parte delle attività del corpo; l...

Il 'Big Bang' dell'Alzheimer: focus sulla tau mortale che cambi…

11.07.2018 | Ricerche

Degli scienziati hanno scoperto un "Big Bang" del morbo di Alzheimer (MA) - il punto pre...

Laser a infrarossi distrugge le placche di amiloide nell'Alzheimer

7.08.2020 | Ricerche

L'aggregazione di proteine ​​in strutture chiamate 'placche amiloidi' è una caratteristi...

Rete nascosta di enzimi responsabile della perdita di sinapsi nell'Alzhei…

8.12.2020 | Ricerche

Un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA) eseguito da scienziati dello Scripps Researc...

Studio rivela dove vengono memorizzati i frammenti di memoria

22.07.2022 | Ricerche

Un momento indimenticabile in un ristorante può non essere esclusivamente il cibo. Gli o...

Perché il diabete tipo 2 è un rischio importante per lo sviluppo dell'Alz…

24.03.2022 | Ricerche

Uno studio dell'Università di Osaka suggerisce un possibile meccanismo che collega il diabete all'Al...

Districare la tau: ricercatori trovano 'obiettivo maneggiabile' per …

30.01.2019 | Ricerche

L'accumulo di placche di amiloide beta (Aβ) e grovigli di una proteina chiamata tau nel ...

Nuovo metodo di selezione farmaci spiega perché quelli di Alzheimer falliscono…

31.01.2022 | Ricerche

Analizzando i meccanismi di malattia nei neuroni umani, dei ricercatori dell'Università del...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.