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Il ricambio di proteine può essere la chiave per vivere più a lungo

Il ricambio di proteine può essere la chiave per vivere più a lungoNucleoli nel nucleo delle cellule (macchie magenta e ciano su fondo viola del nucleo) sono più grandi nella cellula della progeria (destra) rispetto a quella normale (a sinistra). Fonte: Istituto Salk

Può sembrare paradossale, ma studiare ciò che è errato nelle malattie rare può dare informazioni utili per la salute normale. Dei ricercatori che esaminano la progeria, il disordine precoce dell'invecchiamento o sindrome di Hutchinson-Gilford, hanno scoperto un processo proteico errante nella malattia che potrebbe aiutare le persone sane, così come i malati di progeria, a vivere più a lungo.


Gli scienziati dell'Istituto Salk hanno scoperto che la sintesi proteica è troppo attiva nelle persone con progeria. Il lavoro, descritto in Nature Communications il 30 agosto 2017, si aggiunge al crescente numero di evidenze che ridurre la sintesi proteica può prolungare la durata della vita e quindi offrire un obiettivo terapeutico utile per contrastare sia l'invecchiamento prematuro che quello normale.


"Per le cellule, la produzione di proteine è un processo a uso estremamente intenso di energia", afferma Martin Hetzer, vice presidente e responsabile scientifico dell'Istituto Salk e autore senior della ricerca. "Quando una cellula dedica risorse preziose alla produzione di proteine, altre importanti funzioni possono essere trascurate. Il nostro lavoro suggerisce che un fattore dell'invecchiamento sia anomalo che normale potrebbe essere il ricambio accelerato delle proteine".


La progeria di Hutchinson-Gilford è una malattia genetica molto rara che induce le persone a invecchiare 8-10 volte più velocemente di noi e che conduce ad una morte precoce. La rara mutazione si verifica in una delle proteine ​​strutturali del nucleo cellulare (la lamina A), ma non è chiaro come una singola proteina difettosa nel nucleo possa causare la miriade di caratteristiche del rapido invecchiamento osservate nella malattia.


Abigail Buchwalter, scienziata del Salk e prima autrice della ricerca, era inizialmente interessata a sapere se la mutazione stava rendendo meno stabile, e con vita più corta, la proteina lamina A. Dopo aver misurato il ricambio delle proteine ​nelle cellule in coltura provenienti da biopsie cutanee sia di malati di progeria che di persone sane, ha scoperto che non era solo la lamina A ad essere colpita dalla malattia.


"Abbiamo analizzato tutte le proteine ​​del nucleo e, invece di vedere un rapido ricambio solo nella lamina A mutante e forse in alcune proteine ​​associate ad essa, abbiamo visto un avvicendamento veramente ampio nella stabilità proteica globale delle cellule della progeria", afferma la Buchwalter. "Questo ha indicato un cambiamento nel metabolismo delle proteine ​​che non ci aspettavamo".

Può essere rilevante perché:

L'età è il fattore di rischio più importante della demenza.


Insieme al rapido ricambio delle proteine, il team ha scoperto che il nucleolo, che produce le strutture di assemblaggio di proteine ​​chiamate ribosomi, è più grande nelle cellule che invecchiano prematuramente rispetto alle cellule sane.


Ancora più intrigante, il team ha rilevato che nelle cellule sane la dimensione del nucleolo aumenta con l'età, suggerendo che la dimensione del nucleolo potrebbe essere non solo un utile biomarcatore di invecchiamento, ma potenzialmente un obiettivo di terapie per contrastare sia l'invecchiamento prematuro che quello normale.


Il lavoro supporta altre ricerche apparse nello stesso numero della rivista, che dimostrano che la diminuzione della sintesi proteica estende la durata della vita nei lombrichi e nei topi. Il laboratorio di Hetzer prevede di continuare a studiare come la dimensione del nucleolo potrebbe diventare un biomarcatore affidabile per l'invecchiamento.


"Si presume sempre che l'invecchiamento sia un processo lineare, ma non lo sappiamo con certezza", dice Hetzer. "Un biomarcatore come questo, che traccia l'invecchiamento, sarebbe molto utile e potrebbe aprire la strada a nuovi modi di studiare e comprendere l'invecchiamento negli esseri umani".

 

 


Fonte: Salk Institute (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Abigail Buchwalter, Martin W. Hetzer. Nucleolar expansion and elevated protein translation in premature aging. Nature Communications, 2017; 8 (1) DOI: 10.1038/s41467-017-00322-z

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali colelgamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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