Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Il cervello può riconoscere oggetti in parte nascosti ... ma con l'Alzheimer no.

Il cervello può riconoscere oggetti in parte nascosti ... ma con l'Alzheimer no.Riconoscere le forme diventa sempre più difficile quanto più è nascosta l'immagine, e richiede che parti del cervello lavorino insieme per decifrarla. (Fonte: Pasupathy ShapeLAB/UW Medicine)

Come fa il cervello di un guidatore a capire che c'è un segnale di stop dietro un cespuglio, quando vede solo un bordo rosso? O come può una scimmia sospettare che il frammento giallo tra le foglie è un pezzo di frutto rotondo?


Il cervello dei primati umani (e non umani) è notevole nel riconoscere gli oggetti, quando la vista è quasi bloccata. Questa abilità ha permesso ai nostri antenati di trovare cibo e di evitare pericoli, e continua ad essere fondamentale per dare un senso al nostro ambiente.


Gli scienziati della University of Washington stanno conducendo ricerche per scoprire i modi in cui opera il cervello quando individua delle forme, da quelle completamente visibili a quelle che sono per lo più nascoste. Anche se i computer possono battere i migliori giocatori di scacchi del mondo, gli scienziati non hanno ancora progettato l'intelligenza artificiale che ottiene le stesse prestazioni della persona media nel distinguere forme semi-oscurate.


Gli studi sui segnali generati dal cervello aiutano a formare il quadro su ciò che accade quando si guarda e poi si cerca di riconoscere le forme. Tale ricerca dimostra anche perché nessun tentativo è riuscito a replicare meccanicamente la capacità degli esseri umani e dei primati di individuare oggetti parzialmente nascosti.


I risultati più recenti di questo lavoro sono pubblicati dal ​​19 settembre sulla rivista scientifica eLife. La ricercatrice senior è Anitha Pasupathy, professoressa associata di struttura biologica all'Università di Washington di Seattle e che fa parte del Washington National Primate Research Center. Nel centro c'è un gioco di computer che chiede se due forme sono uguali o differenti. Ogni risposta corretta vince un premio. Con l'apparizione di punti sulle forme, il compito diventa sempre più difficile.


I ricercatori hanno imparato che, durante la parte più semplice del gioco, il cervello genera segnali in determinate aree della corteccia visiva: la parte della vista. I neuroni, o le cellule nervose del cervello, in quella sezione rispondono con più forza alle forme scoperte. Tuttavia, quando le forme iniziano a scomparire dietro i punti, alcuni neuroni nella parte del cervello che governa funzioni come la memoria e la pianificazione (corteccia prefrontale ventrolaterale) rispondono più intensamente.


I ricercatori hanno anche osservato che molti dei neuroni della corteccia visiva avevano due picchi rapidi di risposta. Il secondo appariva dopo l'insorgenza della risposta nella sezione pensante del cervello. Questo sembrava migliorare la risposta dei neuroni nella corteccia visiva alle forme parzialmente nascoste. I risultati, secondo la Pasupathy, suggeriscono il modo in cui potrebbero interagire i segnali delle due diverse aree del cervello - pensiero e visione -  per aiutare a riconoscere le forme che non sono completamente visibili.


I ricercatori credono che altre aree del cervello, oltre a quelle che hanno studiato, probabilmente partecipano al riconoscimento degli oggetti.  "Per sapere che forma è, quando è parzialmente coperta, non è importante solo l'informazione che fluisce dagli occhi nella posizione sensoriale del cervello", ha detto. "Anche le risposte provenienti da altre aree del cervello aiutano a determinarla".


Basarsi solo sull'immagine di un oggetto che appare sulla retina dell'occhio rende difficile capire ciò che è, perché quella immagine potrebbe avere molte interpretazioni. Il riconoscimento deriva non solo dall'aspetto fisico dell'oggetto, ma anche dalla scena, dal contesto, dal grado di copertura e dall'esperienza di chi lo vede, hanno spiegato i ricercatori.


Lo studio aiuta a migliorare la conoscenza sul modo in cui funziona di solito il cervello per risolvere questo puzzle percettivo incontrato di frequente. "I meccanismi neurali che mediano le capacità percettive, come questa, sono ancora in gran parte sconosciuti, per questo ci interessa studiarli", osserva la Pasupathy.


Le scoperte recenti del team fanno anche nascere negli scienziati la questione se le disfunzioni in questo e altri tipi di comunicazione tra le parti cognitive e sensoriali del cervello, potrebbero avere un ruolo in determinate difficoltà che incontrano le persone con autismo o con Alzheimer.


La Pasupathy ha detto che, ad esempio, alcune persone con autismo hanno una profonda incapacità di funzionare in ambienti ingombri o disordinati, hanno problemi ad elaborare le informazioni sensoriali, e possono diventare confuse e disturbate. Molti pazienti con Alzheimer sperimentano quella che viene chiamata agnosia visiva. Non hanno problemi a vedere oggetti, ma non riescono a capire cosa sono.


"Quindi è di fondamentale importanza sapere come comunicano le aree sensoriali e cognitive nel cervello,  per capire in ultima analisi cosa va male nel sistema nervoso, a causare questi deficit", ha detto la Pasupathy.

 

 

 


Fonte: University of Washington (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Amber M Fyall, Yasmine El-Shamayleh, Hannah Choi, Eric Shea-Brown, Anitha Pasupathy. Dynamic representation of partially occluded objects in primate prefrontal and visual cortex. eLife, 2017; 6 DOI: 10.7554/eLife.25784

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali colelgamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

'Tau, disfunzione sinaptica e lesioni neuroassonali si associano di più c…

26.05.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) comporta il deperimento caratteristico di alcune regioni del ...

Il sonno resetta i neuroni per i nuovi ricordi del giorno dopo

11.09.2024 | Ricerche

Tutti sanno che una buona notte di sonno ripristina l'energia di una persona; ora un nuo...

Alzheimer e le sue proteine: bisogna essere in due per ballare il tango

21.04.2016 | Ricerche

Per anni, i neuroscienziati si sono chiesti come fanno le due proteine ​​anomale amiloid...

Colpi in testa rompono i 'camion della spazzatura' del cervello acce…

5.12.2014 | Ricerche

Un nuovo studio uscito ieri sul Journal of Neuroscience dimostra che un...

Trovato legame tra amiloide-beta e tau: è ora possibile una cura per l'Al…

27.04.2015 | Ricerche

Dei ricercatori hanno assodato come sono collegate delle proteine che hanno un ruolo chiave nell...

Studio rivela dove vengono memorizzati i frammenti di memoria

22.07.2022 | Ricerche

Un momento indimenticabile in un ristorante può non essere esclusivamente il cibo. Gli o...

Un singolo trattamento genera nuovi neuroni, elimina neurodegenerazione nei to…

1.07.2020 | Ricerche

Xiang-Dong Fu PhD, non è mai stato così entusiasta di qualcosa in tutta la sua carriera...

Laser a infrarossi distrugge le placche di amiloide nell'Alzheimer

7.08.2020 | Ricerche

L'aggregazione di proteine ​​in strutture chiamate 'placche amiloidi' è una caratteristi...

Scoperto perché l'APOE4 favorisce l'Alzheimer e come neutralizzarlo

10.04.2018 | Ricerche

Usando cellule di cervello umano, scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto la ...

L'Alzheimer inizia all'interno delle cellule nervose?

25.08.2021 | Ricerche

Uno studio sperimentale eseguito alla Lund University in Svezia ha rivelato che la prote...

Il caregiving non fa male alla salute come si pensava, dice uno studio

11.04.2019 | Ricerche

Per decenni, gli studi nelle riviste di ricerca e la stampa popolare hanno riferito che ...

Subiamo un 'lavaggio del cervello' durante il sonno?

4.11.2019 | Ricerche

Una nuova ricerca eseguita alla Boston University suggerisce che questa sera durante il ...

Sintomi visivi bizzarri potrebbero essere segni rivelatori dell'Alzheimer…

1.02.2024 | Ricerche

Un team di ricercatori internazionali, guidato dall'Università della California di San F...

Paesi asiatici assistono gli anziani in modo diverso: ecco cosa possiamo impar…

28.10.2020 | Esperienze & Opinioni

A differenza dei paesi occidentali, le culture tradizionali asiatiche mettono un forte a...

Stimolazione dell'onda cerebrale può migliorare i sintomi di Alzheimer

15.03.2019 | Ricerche

Esponendo i topi a una combinazione unica di luce e suono, i neuroscienziati del Massach...

Dott. Perlmutter: Sì, l'Alzheimer può essere invertito!

6.12.2018 | Ricerche

Sono spesso citato affermare che non esiste un approccio farmaceutico che abbia un'effic...

Nuovo metodo di selezione farmaci spiega perché quelli di Alzheimer falliscono…

31.01.2022 | Ricerche

Analizzando i meccanismi di malattia nei neuroni umani, dei ricercatori dell'Università del...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

La consapevolezza di perdere la memoria può svanire 2-3 anni prima della compa…

27.08.2015 | Ricerche

Le persone che svilupperanno una demenza possono cominciare a perdere la consapevolezza dei propr...

Dosi basse di radiazioni possono migliorare la qualità di vita nell'Alzhe…

6.05.2021 | Ricerche

Individui con morbo di Alzheimer (MA) grave hanno mostrato notevoli miglioramenti nel co...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.