Dallo zafferano un'arma contro il ladro di ricordi. L'estratto di questa spezia, infatti, secondo uno studio italiano agisce un po' come un abile spazzino, "favorendo la degradazione della proteina beta-amiloide, la proteina tossica principale indiziata di causare la malattia di Alzheimer, almeno nel nostro studio condotto su cellule di pazienti in provetta".
A spiegarlo all'AdnKronos Salute è Antonio Orlacchio, direttore del Laboratorio di Neurogenetica del Centro europeo di ricerca sul cervello (Cerc) dell'Irccs Santa Lucia di Roma e professore di Genetica medica all'Università di Perugia, autore di uno studio pubblicato sul Journal of the Neurological Sciences.
"Questo tipo di studio, effettuato per ora a livello cellulare, potrebbe essere alla base di nuovi farmaci mirati contro questa malattia che colpisce nel mondo una persona ogni tre secondi", dice il neurologo e genetista. L'estratto "è risultato in grado di attivare uno specifico enzima degradativo, catepsina B, rendendolo più efficiente" nel contrastare la proteina beta-amiloide.
Ma perché si è scelto di indagare sulle virtù dello zafferano? "Precedenti studi ne hanno messo in luce l'enorme potenziale neuroprotettivo - spiega Orlacchio - Questo perché la spezia contiene potenti antiossidanti e molecole bioattive, quali crocine e crocetine. Così nel nostro studio abbiamo trattato cellule immunitarie di 22 pazienti, uomini e donne con la forma più diffusa di Alzheimer e un quadro di declino cognitivo, con un componente attivo dello zafferano, la trans-crocetina".
"Questa sostanza si è rivelata un 'potenziatore' per degradare la proteina tossica amiloide-beta, attraverso l'attività di un enzima di degradazione cellulare chiamato 'catepsina B'. Il tutto - continua Orlacchio - senza che a livello cellulare sia emersa alcuna forma di tossicità. I nostri dati suggeriscono che dallo zafferano si potrebbe dunque ricavare un farmaco anti-Alzheimer. Il prossimo step - spiega ancora - sarà quello di allargare lo studio a livello cellulare prima di passare, spero a breve, a un trial clinico sull'uomo. Un lavoro sui pazienti, per verificare l'effetto di questo approccio".
"Naturalmente occorrerà evitare anche i possibili effetti collaterali, ma i risultati visti a livello laboratoristico ci fanno ben sperare. Si tratta di un filone che viene esplorato anche negli Usa", conclude il ricercatore.
Fonte: ADNKronos
Riferimenti: Roberto Tiribuzi, Lucia Crispoltoni, Valerio Chiurchiù, Antonella Casella, Celeste Montecchiani, Alberto Marco Del Pino, Mauro Maccarrone, Carlo Alberto Palmerini, Carlo Caltagirone, Toshitaka Kawarai, Aldo Orlacchio. Trans-crocetin improves amyloid-β degradation in monocytes from Alzheimer's Disease patients. Journal of the Neurological Sciences, Vol. 372, p408–412. DOI: 10.1016/j.jns.2016.11.004
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