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Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hôpital Maisonneuve-Rosemont e professore associato all'Università di Montréal, ha fatto scoperte promettenti sull'origine della forma più comune e prevalente di morbo di Alzheimer (MA), che sperano aiuteranno un giorno a mitigare o persino invertire il progresso della malattia. I risultati del team sono pubblicati sulla rivista scientifica Cell Reports.


Una persona su due dopo i 90 anni soffre in certa misura di MA. Con l'invecchiamento della popolazione, il MA e le condizioni correlate stanno diventando una vera e propria epidemia, con apparentemente nessuna cura in vista. L'origine della malattia, che è genetica in una piccola percentuale di persone (quelle con MA precoce), è sconosciuta nel 95% dei casi; l'età è il principale fattore di rischio.


Molti ricercatori stanno cercando di capire meglio i fattori di rischio genetici e patofisiologici del MA, ma pochi studi si sono concentrati sull'origine della malattia e sulla sua relazione con l'invecchiamento del cervello.


Partendo dal presupposto che le cause della forma più diffusa di MA non sono genetiche ma piuttosto epigenetiche (cioè c'è un cambiamento nella funzione dei geni), il Dr. Bernier e il suo team hanno condotto un'estesa indagine scientifica per comprendere meglio il ruolo di un gene specifico (il BMI1), nell'insorgenza e nello sviluppo della malattia.

 

Seguire il gene BMI1, passo dopo passo

In uno studio pubblicato nel 2009, i ricercatori hanno scoperto nei topi che la mutazione del gene BMI1 innesca un invecchiamento accelerato e patologico del cervello e degli occhi. Sulla base di questa scoperta, il team del Dr. Bernier ha dedotto che se il gene BMI1 smette di funzionare in un essere umano, causerebbe anche un invecchiamento accelerato del cervello e lo sviluppo di condizioni correlate al MA.


Confrontando il cervello di pazienti deceduti con MA (prelevati da campioni della Douglas Bell Canada Brain Bank) con quelli di pazienti deceduti senza AD della stessa età, il team ha osservato una marcata diminuzione del gene BMI1 solo nei pazienti deceduti con MA.


Per verificare che questa diminuzione non fosse semplicemente una conseguenza della malattia, i ricercatori hanno ripetuto il processo con i pazienti deceduti con MA a esordio precoce, una forma genetica e molto più rara della malattia che colpisce prima dei 50 anni e talvolta anche prima dei 40 anni. I ricercatori hanno scoperto che non c'era alcun cambiamento nell'espressione del gene BMI1 in questi casi.


In una terza fase, il team ha esaminato il cervello di individui deceduti con altre demenze legate all'invecchiamento e ancora una volta non ha osservato alcun cambiamento nell'espressione del gene BMI1. Infine, usando un metodo complesso, i ricercatori sono riusciti a ricreare in laboratorio i neuroni presenti nei pazienti con MA e negli individui sani. Ancora una volta, l'espressione del gene BMI1 è diminuita solo nei neuroni dei pazienti con MA.


Il team ha concluso che la perdita dell'espressione genica di BMI1 nel cervello e nei neuroni di pazienti con la forma comune di MA non era una conseguenza della malattia e potrebbe quindi essere la causa.

 

Riprodurre l'Alzheimer in laboratorio

I ricercatori hanno quindi voluto testare la loro ipotesi che la perdita di BMI1 ha un ruolo diretto nello sviluppo del MA. Per fare ciò, hanno creato neuroni umani sani in laboratorio. Una volta che i neuroni hanno raggiunto la maturità, hanno disattivato il gene BMI1 usando un metodo genetico.


I risultati sono stati davvero spettacolari. Tutti i marcatori neuropatologici di MA si sono riprodotti in laboratorio. I ricercatori hanno concluso che la perdita della funzione BMI1 nei neuroni umani era sufficiente per innescare il MA.


Incoraggiati dalle loro scoperte inaspettate, i ricercatori hanno anche condotto studi molecolari per capire come la perdita di BMI1 inneschi il MA. Questi studi hanno rivelato che la perdita di BMI1 provoca un aumento della produzione di proteine amiloide-​beta e tau e una diminuzione della capacità naturale dei neuroni di eliminare le proteine ​​tossiche.

 

Speranza per il futuro

Incoraggiati dai loro risultati, i ricercatori hanno buone ragioni per ritenere che ripristinare l'espressione genica del BMI1 nei neuroni dei pazienti con MA nelle prime fasi potrebbe mitigare o persino invertire il progresso della malattia.


Nel 2016, i ricercatori hanno fondato un'azienda (StemAxonTM) che mira a sviluppare un farmaco per curare il MA.

 

 

 


Fonte: Université de Montréal (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Anthony Flamier, Jida El Hajjar, James Adjaye, Karl J. Fernandes, Mohamed Abdouh, Gilbert Bernier. Modeling Late-Onset Sporadic Alzheimer’s Disease through BMI1 Deficiency. Cell Reports, Vol. 23, Issue 9, p2653–2666, Published in issue: 29 May 2018, DOI: 10.1016/j.celrep.2018.04.097

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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