Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


I geni legati all'Alzheimer contribuiscono al danno in modi diversi

I geni legati all'Alzheimer contribuiscono al danno in modi diversiFattori di rischio genetico dell'Alzheimer: per la forma a insorgenza precoce (<5% dei casi) e per quella a insorgenza tarda. (Fonte: National Institute on Aging)

Diversi geni sono implicati nel morbo di Alzheimer (MA): alcuni sono legati alla forma ad esordio precoce, una condizione che si sviluppa dai 30 ai 60 anni, mentre altri sono associati alla forma più comune di insorgenza tardiva della malattia.


Alla fine, tutti i malati di MA sviluppano la demenza e le loro cellule cerebrali muoiono. Ma non tutti i geni legati alla malattia contribuiscono al danno nello stesso modo, e la comprensione dei vari modi in cui i geni specifici portano al danno è importante per sviluppare potenziali trattamenti per prevenire o fermare il MA.


A tal fine, scienziati della Washington University di St. Louis hanno scoperto che i tipi di cellule cerebrali danneggiate dalla malattia variano a seconda dei geni coinvolti. Le loro scoperte sono state pubblicate l'8 giugno sulla rivista Genome Medicine.


"Diversi geni contribuiscono al danno del MA in modi diversi, e stiamo lavorando per identificare bersagli terapeutici per prevenire quel danno", ha detto il ricercatore Carlos Cruchaga PhD, professore associato di psichiatria. "Il MA porta sempre alla morte neuronale, ma potremmo identificare bersagli migliori come terapia, se sappiamo come vari geni contribuiscono al danno".


I ricercatori hanno analizzato campioni di cervello di pazienti deceduti con forme rare e comuni di MA. Le banche dei tessuti includevano anche campioni di persone che non avevano il disturbo.


Come previsto, il cervello dei pazienti di MA conteneva generalmente meno neuroni e un numero maggiore di cellule cerebrali chiamate astrociti. Ma uno sguardo più attento ha mostrato che le "firme" cellulari nel cervello a volte differivano, a seconda dei geni che contribuivano alla malattia.


"Il nostro metodo informatico ha determinato le proporzioni di ogni tipo di cellula - neuroni, astrociti, oligodendrociti, microglia - e ha scoperto che varianti genetiche specifiche erano legate a diverse proporzioni di questi tipi di cellule", ha detto il co-autore Oscar Harari PhD, assistente professore di psichiatria.


Usando un metodo computerizzato, i ricercatori hanno tentato di differenziare gli effetti dei geni e di identificare percorsi che potrebbero essere bersagli terapeutici.


Harari, Cruchaga e i loro colleghi hanno analizzato campioni postmortem ottenuti dalla Mayo Clinic Brain Bank, della Mount Sinai Brain Bank e del Knight Alzheimer's Disease Research Center della Washington University, nonché dai partecipanti deceduti nello studio osservazionale Dominant Inherited Alzheimer Network (DIAN) di persone con mutazioni genetiche che hanno portato al MA ad esordio precoce.


Le mutazioni nei geni APP, PSEN1 e PSEN2 causano il MA ereditato. I campioni di tali pazienti hanno mostrato un numero inferiore di neuroni e un numero più alto di astrociti rispetto ai campioni di persone che avevano il MA, ma non avevano mutazioni in nessuno di questi geni.


I ricercatori hanno trovato modelli simili (più astrociti e meno neuroni) nei pazienti con APOE4, un gene noto per aumentare il rischio di MA ad esordio tardivo. Ma nei portatori di una variante genetica chiamata TREM2, la perdita neuronale non era così pronunciata. Invece, la mutazione TREM2 ha danneggiato le cellule gliali nel cervello.


"Sono in corso molti sforzi per identificare nuovi geni per il MA", ha detto Cruchaga. "Ma una volta identificato un gene, dobbiamo sapere cosa fa nel cervello per capire come provoca la malattia. Dobbiamo anche tenere conto delle proporzioni dei vari tipi di cellule se vogliamo sapere che cosa dovremmo mirare con le terapie".


Usando metodi computerizzati per identificare quali tipi di cellule cerebrali sono presenti nei campioni di tessuto di pazienti deceduti, i ricercatori hanno scoperto che le popolazioni di vari tipi di cellule cerebrali sono diverse, a seconda di quali geni hanno portato allo sviluppo del MA.

 

 

 


Fonte: Jim Dryden in Washington University St. Louis (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Zeran Li, Jorge L. Del-Aguila, Umber Dube, John Budde, Rita Martinez, Kathleen Black, Qingli Xiao, Nigel J. Cairns, Joseph D. Dougherty, Jin-Moo Lee, John C. Morris, Randall J. Bateman, Celeste M. Karch, Carlos Cruchaga and Oscar Harari. Genetic variants associated with Alzheimer’s disease confer different cerebral cortex cell-type population structure. Genome Medicine, Published 8 June 2018, DOI: 10.1186/s13073-018-0551-4

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Il gas da uova marce potrebbe proteggere dall'Alzheimer

15.01.2021 | Ricerche

La reputazione dell'[[acido solfidrico]] (o idrogeno solforato), di solito considerato v...

Il girovita può predire il rischio di demenza?

6.11.2019 | Ricerche

Il primo studio di coorte su larga scala di questo tipo ha esaminato il legame tra il girovita in...

I dieci fattori legati a un aumento del rischio di Alzheimer

27.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Anche se non c'è ancora alcuna cura, i ricercatori stanno continuando a migliorare la co...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

Ritmi cerebrali non sincronizzati nel sonno fanno dimenticare gli anziani

18.12.2017 | Ricerche

Come l'oscillazione della racchetta da tennis durante il lancio della palla per servire un ace, l...

Alzheimer e le sue proteine: bisogna essere in due per ballare il tango

21.04.2016 | Ricerche

Per anni, i neuroscienziati si sono chiesti come fanno le due proteine ​​anomale amiloid...

Scoperto il punto esatto del cervello dove nasce l'Alzheimer: non è l…

17.02.2016 | Ricerche

Una regione cruciale ma vulnerabile del cervello sembra essere il primo posto colpito da...

Dana Territo: 'La speranza può manifestarsi da molte fonti nella cerchia …

14.01.2025 | Esperienze & Opinioni

Come trovi speranza nel nuovo anno con una diagnosi di Alzheimer?

Avere speranza...

36 abitudini quotidiane che riducono il rischio di Alzheimer

2.07.2018 | Esperienze & Opinioni

Sapevi che mangiare carne alla griglia potrebbe aumentare il rischio di demenza? O che s...

Con l'età cala drasticamente la capacità del cervello di eliminare le pro…

31.07.2015 | Ricerche

Il fattore di rischio più grande per l'Alzheimer è l'avanzare degli anni. Dopo i 65, il rischio r...

L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

2.03.2023 | Ricerche

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

"Ci...

Dott. Perlmutter: Sì, l'Alzheimer può essere invertito!

6.12.2018 | Ricerche

Sono spesso citato affermare che non esiste un approccio farmaceutico che abbia un'effic...

Scoperta inaspettata: proteine infiammatorie possono rallentare il declino cog…

5.07.2021 | Ricerche

Finora la ricerca aveva collegato l'infiammazione al morbo di Alzheimer (MA), però scien...

La lunga strada verso la demenza inizia con piccoli 'semi' di aggreg…

20.11.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) si sviluppa nel corso di decenni. Inizia con una reazione a c...

Smontata teoria prevalente sull'Alzheimer: dipende dalla Tau, non dall�…

2.11.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca che altera drasticamente la teoria prevalente sull'or...

Che speranza hai dopo la diagnosi di Alzheimer?

25.01.2021 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia che cambia davvero la vita, non solo per la pe...

Perché il diabete tipo 2 è un rischio importante per lo sviluppo dell'Alz…

24.03.2022 | Ricerche

Uno studio dell'Università di Osaka suggerisce un possibile meccanismo che collega il diabete all'Al...

L'esercizio fisico genera nuovi neuroni cerebrali e migliora la cognizion…

10.09.2018 | Ricerche

Uno studio condotto dal team di ricerca del Massachusetts General Hospital (MGH) ha scop...

Districare la tau: ricercatori trovano 'obiettivo maneggiabile' per …

30.01.2019 | Ricerche

L'accumulo di placche di amiloide beta (Aβ) e grovigli di una proteina chiamata tau nel ...

Acetil-L-carnitina può aiutare la memoria, anche insieme a Vinpocetina e Huper…

27.03.2020 | Esperienze & Opinioni

Demenza grave, neuropatie (nervi dolorosi), disturbi dell'umore, deficit di attenzione e...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)