Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Lavoro fisico duro aumenta in modo significativo il rischio di demenza

Gli uomini che hanno un lavoro fisico duro hanno un rischio maggiore di sviluppare la demenza rispetto a quelli che hanno un lavoro sedentario, secondo quanto rivela una nuova ricerca eseguita all'Università di Copenhagen. I ricercatori perciò esortano le autorità sanitarie a comunicare in modo più specifico le raccomandazioni in materia di attività fisica.


I muscoli e le articolazioni non sono le uniche parti del corpo ad essere usurate dal lavoro fisico. Anche il cervello e il cuore ne soffrono. Questo nuovo studio dimostra che le persone che fanno un lavoro fisico duro hanno un rischio più alto del 55% di sviluppare la demenza rispetto a quelli con un lavoro sedentario. I dati sono stati rettificati per i fattori di stile di vita e per l'intera vita, tra le altre cose.


La visione generale è che l'attività fisica riduce normalmente il rischio di demenza, così come un altro studio dell'Università di Copenaghen ha dimostrato di recente che uno stile di vita sano può ridurre della metà il rischio di demenza.


Qui la forma dell'attività fisica è fondamentale, però, dice la prof.ssa associata Kirsten Nabe-Nielsen del Dipartimento di sanità pubblica dell'Università di Copenaghen, che ha guidato lo studio insieme con il Centro Nazionale di Ricerca sull'Ambiente di Lavoro e con l'aiuto del Bispebjerg-Frederiksberg Hospital:

“Prima dello studio si presumeva che un lavoro fisico duro fosse associato ad un rischio più alto di demenza. È qualcosa che altre ricerche hanno cercato di dimostrare, ma il nostro è il primo a collegare le due cose in modo convincente.

“Per esempio, la guida OMS per prevenire la demenza e le malattie nel complesso, menziona l'attività fisica come un fattore importante. Ma il nostro studio suggerisce che deve essere una forma ‘buona’ di attività fisica, il lavoro fisico duro non lo è. Le linee guida delle autorità sanitarie devono pertanto distinguere tra l'attività fisica del tempo libero e l'attività fisica sul posto di lavoro, in quanto c'è ragione di credere che le due forme di attività fisica hanno effetti opposti.

”Anche quando si prende in considerazione il fumo, la pressione arteriosa, il sovrappeso, l'assunzione di alcol e l'attività fisica nel proprio tempo libero, il lavoro fisico duro è associato ad un aumento dell'incidenza di demenza".


Uno dei coautori dello studio è il prof. MSO Andreas Holtermann dal Centro Nazionale di Ricerca sull'Ambiente di Lavoro. Egli spera che lo studio sulla demenza dell'Università di Copenhagen possa contribuire a puntare i riflettori sull'importanza della prevenzione, perché i cambiamenti nel cervello cominciano molto prima che la persona lasci il mercato del lavoro:

“Molti posti di lavoro hanno già adottato misure per migliorare la salute del personale. Il problema è che solo la parte più istruita e intraprendente della popolazione usa queste iniziative. Quelli con una formazione più breve, spesso lottano con il sovrappeso, il dolore e la scarsa forma fisica, anche se fanno più passi durante il giorno e usano in misura maggiore il loro corpo come uno strumento.

"Per i lavoratori maschi, non è sufficiente per esempio evitare sollevamenti pesanti se desiderano rimanere al lavoro fino ai 70 anni. Le persone con una formazione più breve, con un lavoro manuale, devono anche adottare misure di prevenzione, rafforzando la capacità del corpo attraverso, ad esempio, l'esercizio fisico e l'allenamento di forza”.


Lo studio si basa sui dati del Copenhagen Male Study (CMS), che comprende 4.721 uomini danesi, che nel 1970 hanno riferito i dati sul tipo di lavoro che facevano ogni giorno. Lo studio include 14 grandi società con sede a Copenhagen, le più grandi sono DSB, Danish Defence, KTAS, le Poste e il comune di Copenhagen. Nel corso degli anni, i ricercatori hanno raccolto dati sanitari su questi uomini, compresi i dati sullo sviluppo delle condizioni di demenza.


Secondo la Kirsten Nabe-Nielsen, studi precedenti avevano suggerito che un lavoro fisico duro può avere un effetto negativo sulla circolazione sanguigna del cuore e quindi anche sulla fornitura di sangue al cervello. Questo può portare ad esempio,  allo sviluppo di malattie cardiovascolari come l'ipertensione arteriosa, coaguli di sangue nel cuore, crampi cardiaci e insufficienza cardiaca.


Il Centro Nazionale di Ricerca sull'Ambiente di Lavoro continuerà ad esaminare i risultati per individuare modi più sani di fare un lavoro fisico duro. Ha quindi iniziato a raccogliere dati da assistenti sociali e sanitari, da operatori di assistenza all'infanzia e da magazzinieri, tra gli altri, al fine di produrre interventi destinati a organizzare il lavoro fisico duro in modo che abbia un ‘effetto esercizio’.


Si spera così di vedere le aziende cambiare con successo le procedure di lavoro, assicurando per esempio che i sollevamenti pesanti abbiano un effetto positivo piuttosto che usurare gli operai. I risultati saranno pubblicati in modo continuativo.

 

 

 


Fonte: University of Copenhagen (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Kirsten Nabe‐Nielsen, Andreas Holtermann, Finn Gyntelberg, Anne Helene Garde, Sabrina Islamoska, Eva Prescott, Peter Schnohr, Åse Marie Hansen. The effect of occupational physical activity on dementia: Results from the Copenhagen Male Study. Scand J Med Sci Sport, 10 Oct 2020, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Fruttosio prodotto nel cervello può essere un meccanismo che guida l'Alzh…

29.09.2020 | Ricerche

Una nuova ricerca rilasciata dalla University of Colorado propone che il morbo di Alzhei...

Cibo per pensare: come la dieta influenza il cervello per tutta la vita

7.10.2024 | Esperienze & Opinioni

Una quantità di ricerche mostra che ciò che mangiamo influenza la capacità del corpo di ...

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

Identificazione dei primi segnali dell'Alzheimer

7.03.2022 | Ricerche

Un team multidisciplinare di ricerca, composto da ricercatori del progetto ARAMIS, dell...

Trovato legame tra amiloide-beta e tau: è ora possibile una cura per l'Al…

27.04.2015 | Ricerche

Dei ricercatori hanno assodato come sono collegate delle proteine che hanno un ruolo chiave nell...

Alzheimer, Parkinson e Huntington condividono una caratteristica cruciale

26.05.2017 | Ricerche

Uno studio eseguito alla Loyola University di Chicago ha scoperto che delle proteine ​​a...

L'esercizio fisico dà benefici cognitivi ai pazienti di Alzheimer

29.06.2015 | Ricerche

Nel primo studio di questo tipo mai effettuato, dei ricercatori danesi hanno dimostrato che l'ese...

Scoperto nuovo colpevole del declino cognitivo nell'Alzheimer

7.02.2019 | Ricerche

È noto da tempo che i pazienti con morbo di Alzheimer (MA) hanno anomalie nella vasta re...

L'Alzheimer è composto da quattro sottotipi distinti

4.05.2021 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato dall'accumulo anomale e dalla diffusione del...

Scoperto un fattore importante che contribuisce all'Alzheimer

22.08.2022 | Ricerche

Una ricerca guidata dai dott. Yuhai Zhao e Walter Lukiw della Luisiana State University ...

Scoperto perché l'APOE4 favorisce l'Alzheimer e come neutralizzarlo

10.04.2018 | Ricerche

Usando cellule di cervello umano, scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto la ...

Proteine grumose induriscono i capillari del cervello: nuovo fattore di rischi…

11.09.2020 | Ricerche

I depositi di una proteina chiamata 'Medin', che è presente in quasi tutti gli anziani, ...

Il ruolo sorprendente delle cellule immunitarie del cervello

21.12.2020 | Ricerche

Una parte importante del sistema immunitario del cervello, le cellule chiamate microglia...

Nuova teoria sulla formazione dei ricordi nel cervello

9.03.2021 | Ricerche

Una ricerca eseguita all'Università del Kent ha portato allo sviluppo della teoria MeshC...

Rivelato nuovo percorso che contribuisce all'Alzheimer ... oppure al canc…

21.09.2014 | Ricerche

Ricercatori del campus di Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Scoperta nuova causa di Alzheimer e di demenza vascolare

21.09.2023 | Ricerche

Uno studio evidenzia la degenerazione delle microglia nel cervello causata dalla tossicità del ferro...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

Nuova terapia che distrugge i grovigli di tau si dimostra promettente

30.09.2024 | Ricerche

Degli scienziati hanno sviluppato potenziali terapie che rimuovono selettivamente le proteine ​​t...

Scoperta importante sull'Alzheimer: neuroni che inducono rumore 'cop…

11.06.2020 | Ricerche

I neuroni che sono responsabili di nuove esperienze interferiscono con i segnali dei neu...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.