Secondo ricercatori della Duke Medicine, l'uso combinato di test da scansione e biomarcatori migliora la capacità dei medici di predire l'Alzheimer nei pazienti con decadimento cognitivo lieve.
I risultati del loro studio, che appaiono oggi 11 Dicembre 2012, nella rivista Radiology, forniscono nuovi indizi su come individuare con precisione l'Alzheimer prima della comparsa completa della malattia.
I ricercatori della Duke hanno studiato tre test [risonanza magnetica (MRI), tomografia ad emissione di positroni con fluoro 18 fluorodesossiglucosio (FDG-PET), e analisi del liquido cerebrospinale] per determinare se la combinazione aumenta la precisione, rispetto a ciascun test in sè stesso. I test sono stati aggiunti agli esami clinici di routine, che comprendono i test neuropsicologici attualmente utilizzati per diagnosticare l'Alzheimer.
"Questo studio è stata la prima occasione ad utilizzare questi test diagnostici insieme, per aiutare a prevedere la progressione dell'Alzheimer. Se si usano tutti e tre i biomarcatori, si ottiene un beneficio superiore a quello dei test neuropsicologici con carta e penna utilizzati dai medici oggi" ha detto Jeffrey Petrella, MD, professore associato di radiologia alla Duke Medicine e autore dello studio. "Ognuno di questi test aggiunge nuove informazioni esaminando l'Alzheimer da diverse angolazioni".
L'Alzheimer colpisce più di 30 milioni di persone in tutto il mondo, e il numero è destinato a triplicare entro il 2050. La ricerca suggerisce che la malattia inizia anni/decenni prima di essere diagnosticata, e i pazienti sperimentano una fase con una certa perdita di memoria, o decadimento cognitivo lieve, prima della comparsa completa della malattia. I pazienti con decadimento cognitivo lieve hanno un rischio più elevato di passare all'Alzheimer, ma non tutti lo faranno.
Anche se non c'è alcuna cura per l'Alzheimer, i nuovi trattamenti in fase di studio non potranno che essere più efficaci nelle prime fasi della malattia. I ricercatori stanno lavorando per migliorare la diagnosi precoce dell'Alzheimer, anche prima che i pazienti sperimentino i sintomi, ma la malattia rimane difficile da diagnosticare e i pazienti sono spesso classificati erroneamente. "La diagnosi errata nelle fasi molto precoci dell'Alzheimer è un problema rilevante, in quanto vi sono più di 100 condizioni che possono simulare la malattia. Nelle persone con disturbi di memoria lievi, la nostra precisione è appena migliore del caso. Dato che l'esame standard definitivo per la diagnosi di Alzheimer è l'autopsia, abbiamo bisogno di un modo migliore per guardare nel cervello", ha detto P. Murali Doraiswamy, MBBS, professore di psichiatria e medicina alla Duke e autore dello studio. "I test usati dai medici per la diagnosi e la prognosi dei problemi lievi di memoria sono molto variabili, fatto che a sua volta influenza le decisioni riguardanti il lavoro, la famiglia, il trattamento e la pianificazione del futuro".
Il team della Duke ha analizzato i dati provenienti da 97 anziani con decadimento cognitivo lieve provenienti dall'Alzheimer Disease Neuroimaging Initiative, uno studio nazionale che raccoglie i dati di centinaia di pazienti anziani con diversi livelli di compromissione cognitiva. I partecipanti hanno preso parte a test cognitivi clinici, così come a tre esami diagnostici: MRI, FDG-PET, e analisi del liquido cerebrospinale. Poi sono stati controllati dai medici fino a quattro anni.
Il tasso di errori della classificazione basata esclusivamente su test neuropsicologici e su altri dati clinici è stato relativamente alto, il 41,3 per cento. L'aggiunta di ciascuno dei test diagnostici ha ridotto il numero di diagnosi errate, così che, con tutti e tre i test combinati, i ricercatori hanno ottenuto il più basso tasso di errata classificazione del 28,4%. Dei tre singoli test diagnostici, il FDG-PET ha aggiunto la maggior parte delle informazioni ai test clinici per individuare l'Alzheimer precocemente nei pazienti con decadimento cognitivo lieve.
I ricercatori notano che, anche se i test combinati hanno fornite in modo chiaro più informazioni di diagnostica, sono necessari ulteriori studi per comprendere meglio il loro ruolo in un contesto clinico. "Lo studio ha usato un unico algoritmo di esplorazione dei dati per analizzare le immagini MRI e PET e trovare informazioni 'silenziose' che possono non essere evidenti ad occhio nudo. Pertanto, i dati non vanno interpretati nel senso che le scansioni dovrebbero essere eseguite in ogni paziente; anzi, si è cercato di catturare il maggior numero di informazioni potenzialmente disponibili nelle immagini", ha detto Petrella.
"Sono necessari ulteriori studi, compresi quelli per esaminare il rapporto costo-efficacia di questi test, anche per portare i biomarcatori più utili nella pratica clinica".
All'inizio di quest'anno, uno studio multicentrico condotto da Doraiswamy ha scoperto che un altro tipo di scansione PET, che etichetta le placche amiloidi nel cervello dei malati di Alzheimer, ha contribuito a predire l'insorgenza della malattia nei pazienti con decadimento cognitivo lieve. L'aggiunta di immagini della placca amiloide negli studi futuri potrebbe integrare i test utilizzati in questa ricerca, fornendo ancora più informazioni diagnostiche.
Oltre a Petrella e Doraiswamy, hanno collaborato allo studio Jennifer L. Shaffer, MD; Forest C. Sheldon, BS; Kingshuk Roy Choudhury, PhD; e R. Edward Coleman, MD (morto in Giugno 2012) del Department of Radiology del Medical Center della Duke University; Vince D. Calhoun, PhD, del Mind Research Network e del Department of Electrical and Computer Engineering della University of New Mexico.
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Fonte: Radiology
Riferimento: "Predicting Cognitive Decline in Subjects at Risk for Alzheimer Disease by Using Combined Cerebrospinal Fluid, MR Imaging, and PET Biomarkers". Radiology, 2012.
Pubblicato in MedicalXpress il 11 Dicembre 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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