Un ampio studio condotto alla Lund University in Svezia ha dimostrato che le persone con morbo di Alzheimer (MA) possono ora essere identificate prima di sperimentare eventuali sintomi. Ora è anche possibile prevedere chi si deteriorerà negli anni successivi. Lo studio è pubblicato su Nature Medicine ed è molto tempestivo alla luce del recente sviluppo di nuovi farmaci per la malattia.
È noto da tempo che ci sono due proteine legate al MA, l'amiloide-beta (Aβ), che forma placche nel cervello, e la tau, che in una fase successiva si accumula all'interno delle cellule cerebrali. Finora la base per la diagnosi di MA era basata sui livelli elevati di queste proteine in combinazione con il deterioramento cognitivo.
“I cambiamenti si verificano nel cervello tra dieci e venti anni prima che il paziente sperimenti eventuali sintomi chiari, ed è solo quando la tau inizia a diffondersi che le cellule nervose muoiono e la persona in questione sperimenta i primi problemi cognitivi. Questo è il motivo per cui il MA è così difficile da diagnosticare nelle fasi iniziali”, spiega Oskar Hansson, medico neurologo all'ospedale universitario di Skåne e professore della Lund University.
Ora ha condotto un grande studio con 1.325 partecipanti da Svezia, Stati Uniti, Paesi Bassi e Australia, che non avevano alcun deterioramento cognitivo all'inizio dello studio. Usando le scansioni PET, i ricercatori hanno visualizzato la presenza di tau e Aβ nel cervello dei partecipanti. Le persone in cui sono state scoperte le due proteine hanno avuto un rischio 20-40 volte maggiore di sviluppare la malattia alcuni anni dopo, rispetto ai partecipanti che non avevano cambiamenti biologici.
“Quando sia l'Aβ che la tau sono presenti nel cervello, non può più essere considerato un fattore di rischio, ma piuttosto una diagnosi. Un patologo che esamina campioni di un cervello come questo, dovrebbe diagnosticare immediatamente il MA al paziente”, afferma Rik Ossenkoppele, primo autore dello studio e ricercatore senior alla Lund University e al centro medico dell'Università di Amsterdam.
Egli spiega che i ricercatori di MA appartengono a due scuole di pensiero: da un lato, coloro che credono che il morbo non possa essere diagnosticato fino all'inizio della compromissione cognitiva. E il gruppo, a cui appartiene lui stesso e i suoi colleghi, che affermano che una diagnosi può essere basata meramente sulla biologia e su ciò che puoi vedere nel cervello.
“Puoi, ad esempio, confrontare i nostri risultati con il cancro alla prostata. Se esegui una biopsia e trovi cellule tumorali, la diagnosi sarà il cancro, anche se la persona in questione non ha ancora sviluppato sintomi”, afferma Rik Ossenkoppele.
Sono emersi di recenti risultati positivi negli studi clinici di un nuovo farmaco contro l'Alzheimer, il lecanemab, che è stato valutato nei pazienti di MA. Sulla base di questo, lo studio dell'Università di Lund è particolarmente interessante, come conclude Oskar Hansson:
“Se potessimo diagnosticare la malattia prima che appaiano le difficoltà cognitive, potremmo usare il farmaco per rallentare la malattia in una fase molto precoce. In combinazione con attività fisica e buona alimentazione, si avrebbero quindi maggiori possibilità di prevenire o rallentare il danno cognitivo futuro. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche prima che il trattamento possa essere raccomandato alle persone che non hanno ancora sviluppato la perdita di memoria”.
Fonte: Lund University (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: R Ossenkoppele, ...[+22], O Hansson. Amyloid and tau PET-positive cognitively unimpaired individuals are at high risk for future cognitive decline. Nature Medicine, 10 Nov 2022, DOI
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