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I benefici per l'Alzheimer della cromoterapia

Un ricercatore della Wayne State University ha scoperto che l'esposizione alla luce sembra avere effetti terapeutici sui pazienti con Alzheimer.

In uno studio pubblicato recentemente sul Western Journal of Nursing Research, LuAnn Nowak Etcher, Ph.D., professoressa assistente di infermieristica, ha riferito che, chi assiste i pazienti trattati con luce blu-verde, li considera migliorati nel funzionamento globale.

I relativi caregivers hanno dichiarato che i pazienti che hanno ricevuto il trattamento sembrano più svegli e vigili, più competenti verbalmente e hanno mostrato una migliore capacità di riconoscere, ricordare e coordinazione motoria. Hanno anche detto che i pazienti sembrano ri-acquistare la loro personalità e sono più impegnati nell'ambiente. Anche lo stato d'animo dei pazienti è stato descritto come "migliorato".

Il lavoro della Etcher è ispirato dal suo interesse per un fenomeno noto come "Sundowning", quando i malati di Alzheimer dormono durante il giorno, so svegliano tardi e possono restare svegli tutta la notte. Parte della sua ricerca di dottorato è stata utilizzare la luce, un intervento comune per i disturbi circadiani, per regolare i modelli attività-riposo delle donne affette da Alzheimer. Questo studio, dice la Etcher, ha cercato di affrontare il disaccordo tra i ricercatori sugli effetti terapeutici della luce nella regolazione deimodelli di attività-riposo nei pazienti con Alzheimer.

Lo studio ha coinvolto 20 donne di età oltre 65 anni con demenza di Alzheimer provenienti da case di cura nel sud-est del Michigan. A ogni paziente è stato inserito, in modo casuale, in un gruppo sperimentale sottoposto a trattamenti di luce blu-verde o in un gruppo di controllo sottoposto a luce fioca rossa. E' stata usata una visiera, venduta per trattare disturbi affettivi stagionali e il jet lag, per somministrare la luce ai pazienti. Ai caregivers (familiari dei pazienti e personale della struttura di cura) non è stato detto che tipo di luce, nelle ipotesi, avesse effetti fisiologici.

Sebbene i destinatari di luce blu-verde comprendesse il gruppo sperimentale attivo, la Etcher ha detto che è stata sorpresa quando sono stati segnalati miglioramenti anche in alcuni destinatari di luce rossa (il gruppo placebo), i cui caregivers dicevano che i loro pazienti erano più calmi e avevano ridotto la resistenza alle cure. Il livello degli effetti è diverso, dice la Etcher, notando che, mentre il gruppo dei destinatari della luce blu-verde hanno dimostrato ampi miglioramenti, secondo i caregivers, alcuni hanno mostrato poco o nessun effetto dai trattamenti. "Alcuni delle interruzioni dei modelli attività-riposo che vediamo associati alla demenza di Alzheimer non devono essere necessariamente basati sui ritmi circadiani", ha detto la Etcher. "Potrebbero essere dovuti a bisogni insoddisfatti, dolore o altri fenomeni, e quindi non avrebbero risposto ad un intervento finalizzato alla regolazione del sistema circadiano".

Chiamando il suo studio "preliminare", ha detto che deve ora essere replicato con un campione più ampio e con altri parametri demografici. Oltre a verificare quali comportamenti sono basati sui ritmi circadiani, è necessario capire quali sono i metodi più appropriati per analizzare i dati come quelli di Etcher, ha detto. Sta proponendo ulteriore studio che utilizza due diversi metodi di analisi non lineari per esaminare la sensibilità e la specificità per determinare il cambio nei modelli circadiani, con un obiettivo a lungo termine di interventi di sviluppo per regolamentare tali schemi a beneficio della funzione complessiva dei pazienti.

"Se dormono meglio la notte, e sono più svegli durante il giorno, possono mangiare, possono interagire con altre persone e possono usufruire di altri stimoli nell'ambiente", ha detto. "Oltre alla luce di giorno e il buio di notte, gli odori durante i pasti, l'assunzione di cibo, le interazioni; tutte queste cose insieme aiutano a regolare il nostro giorno".

 

 

 


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Fonte: Wayne State University - Office of the Vice President for Research

Pubblicato in ScienceCodex il 11 gennaio 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.

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