Integratori di vitamina D e calcio presi insieme e a basse dosi non hanno offerto alcuna protezione contro la demenza in un ampio studio statunitense su donne anziane, ma gli scienziati hanno ancora speranze per la vitamina D da sola. Ricerche precedenti hanno suggerito che la vitamina D potrebbe proteggere dalla perdita di memoria e in generale dal declino funzionale nel cervello che invecchia.
Ma più di 2.000 donne nel nuovo studio che hanno assunto 400 unità internazionali di vitamina D e di 1.000 mg di calcio al giorno per una media di otto anni, hanno sviluppato disturbi cognitivi nelle stesse proporzioni di un gruppo di confronto che assumeva pillole di placebo.
Durante i molti anni di attività dello studio, tuttavia, gli esperti hanno acquisito una migliore comprensione dei possibili effetti contrastanti di calcio e vitamina D, e quindi la combinazione dei due potrebbe spiegare i risultati deludenti, dicono gli autori dello studio. "Penso che lo studio definitivo esaminerà solo gli effetti della vitamina D", ha detto l'autore principale Dott. Rebecca Rossom (foto), del HealthPartners Institute for Education and Research, una branca no-profit di un'organizzazione di mantenimento della salute (HMO) di Minneapolis. Ma questo studio è importante perché "si avvicina al modo in cui le donne prendono la vitamina D ora", per aumentare la densità ossea, ha aggiunto la Rossom.
La relazione del suo gruppo, che è pubblicato sul Journal of Geriatrics Society, è anche il primo ad utilizzare l'approccio rigoroso conosciuto come studio randomizzato, in doppio cieco con un gruppo placebo, per esaminare i possibili effetti della vitamina D e del calcio nel declino cognitivo. La Rossom e i suoi colleghi hanno analizzato i dati di 4.100 donne iscritte contemporaneamente in due studi, il Women's Health Initiative (WHI), esperimento di calcio e vitamina D concluso nel 2005, e uno studio del WHI sulla memoria.
Tutte le donne, di 71 anni in media all'inizio degli studi, erano anche prive di problemi cognitivi all'inizio. Metà di queste sono state assegnate al gruppo che prendeva gli integratori e le altre hanno avuto pillole placevo che sembravano identiche. Alla fine, circa 100 donne, il 5 per cento, in ciascun gruppo ha sviluppato deterioramento cognitivo lieve.
I ricercatori fanno notare che dal momento in cui si è concluso lo studio sono cambiate le linee guida in materia di assunzione di vitamine e minerali. Attualmente l'US Institute of Medicine suggerisce di assumere 600 IU al giorno di vitamina D per gli uomini e le donne fino a 70 anni, e 800 IU per gli anziani. La quantità di calcio consigliata va da 700 mg a 1.300 mg al giorno, in base all'età, con un limite massimo di 3.000 mg. In entrambi i casi, le raccomandazioni dell'assunzione riguardano sia il cibo che gli integratori. Quindi gli autori sottolineano che le loro scoperte sono specifiche solo per le quantità assegnate di vitamina D e calcio assunte dalle donne nello studio - che sono relativamente bassi per gli standard odierni.
Più di 16 milioni di americani soffrono di qualche forma di deterioramento cognitivo, secondo gli US Centers for Disease Control and Prevention, e il problema è destinato a crescere, con l'invecchiamento di più baby-boomers.
La vitamina D potrebbe ancora essere considerata potenzialmente una misura di protezione contro una condizione senza alcun trattamento formale, se i suoi effetti potessero essere dimostrati definitivamente. "La somma di informazioni presenta segnali in conflitto", ha detto Katherine Tucker della Northeastern University, che non è stata coinvolta in questo studio. "Alcuni studi recenti suggeriscono che troppo calcio potrebbe avere effetti negativi. La preponderanza delle prove mostra che la vitamina D è protettiva, ma alcuni studi hanno dimostrato che non c'era alcun effetto", ha detto a Reuters Health. Ma la Tucker aggiunge che "questo studio non chiude in alcun modo la porta sulla necessità di ulteriori ricerche per chiarire gli effetti della vitamina D".
Il gruppo di Rossom riconosce i limiti dello studio. Oltre alle dosi degli integratori nello studio, i risultati sono strettamente limitati alle donne, che erano per lo più bianche. Inoltre, l'età è un fattore di rischio significativo per la demenza e le partecipanti allo studio, in confronto, erano relativamente giovani. "Il passo successivo è quello di testare una dose più elevata di vitamina D", ha detto il coautore dello studio JoAnn Manson della Harvard Medical School. "Dosi più elevate porteranno la popolazione dello studio a raggiungere un livello ematico, che è stato associato a un minore rischio di declino cognitivo da studi precedenti". La Manson sta attualmente conducendo un ampio studio clinico progettato principalmente per esaminare gli effetti della vitamina D e dell'omega-3 sul rischio di cancro, ma lo studio monitorerà anche le funzioni cognitive. I risultati sono attesi nel 2017.
Uno studio francese, la cui fine è prevista per il prossimo anno, sta esaminando gli effetti cognitivi della vitamina D rispetto a un placebo in pazienti che hanno già l'Alzheimer. "La realtà è che ancora non sappiamo", dice la Tucker a Reuters Health. "Stiamo raccogliendo altre prove scientifiche e dovremo continuare a farlo fino a quando altri studi puntano una certa direzione".
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Fonte: Journal of Geriatrics Society.
Pubblicato da Kathleen Raven in Reuters.com il 6 Dicembre 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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