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Danni al DNA sono parte della normale attività cerebrale, scoprono gli scienziati

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che un certo tipo di danno al DNA, ritenuto finora particolarmente dannoso per le cellule del cervello, può in realtà essere parte di un processo normale, non nocivo.

Il team ha anche scoperto che questo processo è deteriorato nei modelli di topo di Alzheimer, e ha individuato due strategie terapeutiche in grado di ridurre tali disturbi.


Neuroni. Scienziati hanno scoperto che un certo tipo
di danno al DNA, ritenuto a lungo particolarmente
dannoso per le cellule del cervello, può in realtà
essere parte di un processo regolare, non nocivo.
(Credit: © Roberto Robuffo / Fotolia)

Gli scienziati sanno da tempo che in ogni cellula avviene un danno al DNA, che si accumula con l'età. Ma un particolare tipo di danno al DNA, conosciuto come rottura del doppio filamento (DSB, double-strand break), è da tempo considerato una delle forze principali che stanno dietro a malattie legate all'età, come l'Alzheimer.


Oggi, i ricercatori del laboratorio di Lennart Mucke, MD, dei Gladstone, informa su Nature Neuroscience che le DSB nelle cellule neuronali del cervello possono anche essere parte di normali funzioni cerebrali come l'apprendimento, purchè le DSB siano strettamente controllate e riparate in tempo utile.


Inoltre, l'accumulo della proteina amiloide-beta nel cervello (largamente ritenuta una delle principali cause dell'Alzheimer) aumenta il numero di neuroni con DSB e ne ritarda la riparazione.


"La scoperta del team che l'accumulo e la riparazione delle DSB può essere parte del
normale apprendimento, è sia innovativa che intrigante", dichiara Fred H. Gage, PhD, del Salk Institute, che non era coinvolto in questo studio. "La loro scoperta che i topi di Alzheimer mostrano DSB di base più elevate, non riparate, aumenta la rilevanza di questi risultati e ci fa capire meglio i meccanismi alla base di questa malattia mortale".


In esperimenti di laboratorio, due gruppi di topi hanno esplorato un nuovo ambiente pieno di luoghi non familiari, odori e strutture. Un gruppo è stato geneticamente modificato per simulare aspetti chiave dell'Alzheimer, e l'altro era un gruppo sano di controllo. Mentre i topi erano intenti ad esplorare, i loro neuroni si stimolavano elaborando nuove informazioni. Dopo due ore, i topi sono ritornati nel loro ambiente familiare. I ricercatori hanno quindi esaminato i neuroni dei topi per individuare i marcatori di DSB.


Il gruppo di controllo evidenziava un aumento delle DSB subito dopo aver esplorato il nuovo ambiente, ma i livelli di DSB sono caduti dopo il ritorno al loro ambiente domestico. "Siamo stati sorpresi inizialmente di trovare DSB neuronali nel cervello dei topi sani", dice Elsa Suberbielle, DVM, PhD, post-dottorato al Gladstone e autrice principale dello studio. "Ma lo stretto legame tra stimolazione neuronale e DSB, e la constatazione che queste DSB venivano riparate dopo che i topi tornavano al loro ambiente domestico, suggeriscono che le DSB sono parte integrale della normale attività cerebrale. Pensiamo che questo schema di danno-e-riparazione possa aiutare gli animali a imparare, agevolando rapidi cambiamenti nella conversione del DNA neuronale nelle proteine coinvolte nella formazione dei ricordi".


Il gruppo di topi modificati per simulare l'Alzheimer invece avevano livelli più alti di DSB all'inizio, livelli che si alzavano ancora di più durante la stimolazione neuronale. Inoltre i ricercatori hanno notato in loro un notevole ritardo nel processo di riparazione del DNA.


Per contrastare l'accumulo di DSB, il gruppo ha inizialmente usato un approccio terapeutico basato su due recenti studi (uno dei quali è stato condotto dal team del Dott. Mucke) che hanno dimostrato che il farmaco antiepilettico levetiracetam, largamente impiegato, può migliorare la comunicazione neuronale e la memoria sia nei modelli murini di Alzheimer che negli esseri umani nelle fasi iniziali della malattia. I topi trattati con questo farmaco, approvato dalla FDA, avevano meno DSB.


Con la seconda strategia, hanno modificato geneticamente dei topi in modo che non avessero la proteina tau nel cervello, un'altra proteina implicata nell'Alzheimer. Anche questa manipolazione, che avevano precedentemente trovato essere in grado di prevenire l'attività anomala nel cervello, ha impedito l'accumulo eccessivo di DSB.


Le scoperte del team suggeriscono che il ripristino di una corretta comunicazione neuronale è importante per allontanare gli effetti dell'Alzheimer, forse perchè si mantiene il delicato equilibrio tra danno e riparazione del DNA.


"Attualmente, non abbiamo trattamenti efficaci per rallentare, impedire o interrompere l'Alzheimer, di cui sono affette più di 5 milioni di persone solo negli Stati Uniti", scrive il Dott. Mucke, che dirige la ricerca neurologica ai Gladstone ed è professore di neuroscienze e neurologia all'Università di California di San Francisco, con la quale sono affiliati i Gladstone. "Non è mai stata così importante e urgente la necessità di decifrare le cause dell'Alzheimer e di trovare migliori soluzioni terapeutiche. Questi risultati suggeriscono che dei farmaci già disponibili potrebbero aiutare a proteggere i neuroni da alcuni dei danni di questa malattia. Continueremo in futuro ad esplorare queste strategie terapeutiche. Speriamo anche di ottenere una più profonda comprensione del ruolo che svolgono le DSB nell'apprendimento e nella memoria, e nell'interrompere funzioni cerebrali importanti nell'Alzheimer".


Questa ricerca dei Gladstone, finanziata dal National Institutes of Health e dalla SD Bechtel, Jr. Foundation, ha visto la partecipazione anche di Pascal Sanchez, PhD, Alexxai Kravitz, PhD, Xin Wang, Kaitlyn Ho, Kirsten Eilertson, PhD, Nino Devidze, PhD, e Anatol Kreitzer, PhD.

 

 

 

 


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Fonte: Gladstone Institutes, via EurekAlert!, un servizio di AAAS.

Riferimento: Elsa Suberbielle, Pascal E Sanchez, Alexxai V Kravitz, Xin Wang, Kaitlyn Ho, Kirsten Eilertson, Nino Devidze, Anatol C Kreitzer, Lennart Mucke. Physiologic brain activity causes DNA double-strand breaks in neurons, with exacerbation by amyloid-β. Nature Neuroscience, 2013; DOI: 10.1038/nn.3356.

Pubblicato in Science Daily il 24 Marzo 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.

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