Cosa succede alla nostra capacità cognitiva con l'età?
Se si pensa che il nostro cervello subisca un declino costante, questa idea potrebbe essere smentita da una ricerca riportata questa settimana in Journal Topics in Cognitive Science.
Il lavoro, guidato dal Dr. Michael Ramscar della Tübingen University, guarda in modo critico alle misure che di solito si pensa che dimostrino che le nostre capacità cognitive declinano nel corso di tutta l'età adulta.
Invece di trovare prove del declino, il team ha scoperto che è errata la maggior parte delle misurazioni cognitive standard, che risalgono ai primi anni del XX secolo. "Il cervello umano funziona più lentamente nella vecchiaia", dice Ramscar, "ma solo perché abbiamo accumulato più informazioni nel tempo".
Dei computer sono stati programmati, come gli esseri umani, a leggere una certa quantità di informazioni ogni giorno, e ad imparare cose nuove. Quando i ricercatori hanno limitato le "letture" del computer, le sue prestazioni nei test cognitivi assomigliavano a quelle di un giovane adulto. Ma se lo stesso computer era esposto alle esperienze che possiamo incontrare nel corso della vita - con la simulazioni delle letture di decenni - le sue prestazioni sembravano quelle di un anziano. Spesso era più lento, ma non perché la sua capacità di elaborazione fosse diminuita. Piuttosto, la maggiore "esperienza" aveva provocato un aumento della banca dati del computer, dandogli più dati da elaborare - cosa che richiede tempo.
La tecnologia ora permette ai ricercatori di fare stime quantitative del numero di parole che un adulto può aspettarsi di imparare in tutta una vita, consentendo al team della Tübingen di separare la sfida posta alla memoria dall'aumento della conoscenza, dalle prestazioni effettive della memoria stessa. "Immaginiamo qualcuno che conosce il compleanno di due persone e può richiamarle quasi perfettamente. Si potrebbe davvero dire che quella persona ha una memoria migliore di chi conosce la data di nascita di 2.000 persone, ma può abbinare 'solo' nove volte su dieci una persona con il suo compleanno corretto?", chiede Ramscar. La risposta sembra essere "no".
Quando il team di Ramscar ha addestrato i loro modelli computerizzati con enormi insiemi di dati linguistici, hanno scoperto che i test di vocabolario standardizzati, che vengono usati per tenere conto della crescita della conoscenza negli studi sull'invecchiamento, sottovalutano massicciamente la dimensione del vocabolario degli adulti.
Al computer serve più tempo per cercare le parole nel database, quando cresce la sua dimensione, fatto non sorprendente, ma che può avere importanti implicazioni per capire i rallentamenti legati all'età. I ricercatori hanno scoperto che per indurre i loro computer a replicare le prestazioni umane nei test di riconoscimento di parole nel corso dell'intera età adulta, dovevano mantenere inalterate le loro capacità. "Non è una questione di dimenticare", ha spiegato Peter Hendrix, ricercatore della Tübingen, "se voglio che il computer assomigli ad un anziano, devo fare in modo che tenga in memoria tutte le parole apprese e far sì che competa nell'attenzione".
La ricerca dimostra che anche gli studi sui problemi che hanno gli anziani con il richiamo dei nomi soffrono di un simile punto cieco: c'è una varietà di nomi dati oggi di gran lunga maggiore di quella di due generazioni fa. Questo cambiamento culturale verso una maggiore diversità dei nomi implica che il numero di nomi diversi che una persona deve imparare durante la vita è aumentato drasticamente. Il lavoro dimostra che individuare un nome in memoria è diventato di gran lunga più difficile di quanto non lo fosse prima. Anche per i computer.
Il lavoro di Ramscar e dei suoi colleghi fornisce più di una spiegazione del perché, alla luce di tutte le informazioni supplementari che si devono elaborare, dobbiamo aspettarci che il cervello più anziano sembri più lento e più smemorato del cervello più giovane. Il loro lavoro mostra anche come i cambiamenti nelle prestazioni dei test, che sono stati presi come prova del calo delle abilità cognitive, in realtà dimostrano una maggiore padronanza delle conoscenze acquisite dagli anziani.
Su prenda ad esempio il «paired-associated learning», un test cognitivo di uso comune che implica la conoscenza a connettere in memoria parole come "alto" con "basso" o "cravatta" con "bigodino". Usando grandi basi di dati per quantificare la frequenza con cui parole diverse appaiono insieme nella lingua, il team della Tuebingen dimostra che gli adulti più giovani vanno meglio quando viene loro chiesto di imparare ad accoppiare "alto" con "basso", rispetto a "cravatta" e "bigodino", perché "alto" e "basso" appaiono una vicina all'altra con maggiore frequenza.
Tuttavia, mentre gli anziani capiscono anche quali parole di solito non vanno insieme, i giovani adulti lo notano di meno. Quando i ricercatori hanno esaminato le prestazioni su questo test in una serie di coppie di parole che vanno insieme più e meno in inglese, hanno trovato che i punteggi degli anziani sono di gran lunga più strettamente sintonizzate sulle informazioni effettive di centinaia di milioni di parole di inglese, rispetto ai loro colleghi più giovani.
Come dice il Prof. Harald Baayen, che dirige il gruppo di ricerca «Alexander von Humboldt Quantitative Linguistics» che ha svolto il lavoro, "se si pensa che l'abilità linguistica coinvolga qualcosa come essere in grado di scegliere una parola, data un'altra, i giovani adulti sembrano andare meglio in questo compito. Ma è naturale che una corretta comprensione del linguaggio coinvolga più di questo. Si devono mettere insieme non solo coppie di parole plausibili, ma anche sbagliate. Il fatto che gli anziani trovino più difficile da imparare coppie senza senso - ma non collegate - rispetto ai giovani adulti dimostra semplicemente la comprensione molto migliore degli anziani del linguaggio. Devono fare uno sforzo maggiore per imparare coppie di parole indipendenti, perché, a differenza dei giovani, sanno molto su quali parole non si abbinano".
La ricerca della Tübingen conclude che abbiamo bisogno di diversi test sulle capacità cognitive degli anziani, che tengano conto della natura e della quantità di informazioni che elabora il nostro cervello. "Il cervello delle persone anziane non si indebolisce", dice Michael Ramscar. "Al contrario, semplicemente ne sa di più".
Fonte: Universitaet Tübingen.
Riferimenti: Michael Ramscar, Peter Hendrix, Cyrus Shaoul, Petar Milin, Harald Baayen. The Myth of Cognitive Decline: Non-Linear Dynamics of Lifelong Learning. Topics in Cognitive Science, 2014; DOI: 10.1111/tops.12078
Pubblicato in uni-tuebingen.de (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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