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Placche, grumi e il mistero dell'Alzheimer



Placche, grovigli e il mistero dell'AlzheimerA sinistra una rappresentazione semplificata di un neurone malato di Alzheimer con placche (plaques) all'esterno, e grumi (tangles) all'interno del corpo neuronale. A destra un neurone sano.Un medico e anatomista bavarese si è incuriosito dalla panoplia di sintomi della sua paziente 50-enne: paranoia, disturbi del sonno, confusione, perdita di memoria e aggressività. Dopo la sua morte, ha riferito che il suo cervello conteneva un "processo di malattia grave e particolare della corteccia cerebrale".


Pochi, a quel tempo, hanno colto l'importanza delle placche e dei grovigli neurologici descritti da Alois Alzheimer, che è morto molto tempo prima che il suo nome diventasse collegato, in modo popolare, alla malattia che aveva identificato nel 1906. Purtroppo, più di un secolo dopo, e con un ultimo importante studio clinico di un farmaco di demenza che si è risolto in un fallimento, la malattia neurodegenerativa che ha scoperto sembra non meno misteriosa.


Questo è spaventoso per un mondo in cui sono previsti 131 milioni di persone con la demenza entro il 2050. Il termine demenza si riferisce ad un gruppo di sintomi neurologici, come la perdita di memoria e il declino cognitivo, che può avere diverse cause: l'Alzheimer è la principale, rappresentando circa tre casi su cinque di demenza. Il Rapporto Mondiale sull'Alzheimer 2015, messo insieme da organizzazioni di tutto il mondo, stima che la demenza sarà una malattia da miliardi di dollari entro il 2018.


Ecco perché gli scienziati sono alla ricerca di una cura per l'Alzheimer, o almeno una terapia per ritardarne l'insorgenza. Esiste una classe di farmaci, gli inibitori della colinesterasi, che possono migliorare i sintomi, ma funzionano solo in alcuni pazienti e, dopo un periodo di miglioramento, i sintomi possono peggiorare.


L'anno scorso si è parlato molto di un composto sperimentale chiamato solanezumab. Il farmaco è stato progettato per puntare e sciogliere le placche amiloidi, che sono accumuli appiccicosi di proteine ​​misfolded [mal-ripiegate] che spesso si trovano post mortem nel cervello dei malati di Alzheimer, e sono ritenute tossiche per i neuroni. Uno studio iniziale del 'sola' ha mostrato un modesto successo con un sottogruppo di pazienti che avevano sintomi lievi; la Eli Lilly ha progettato un nuovo esperimento, più grande, con più di 2.000 pazienti.


E' proprio questo studio più grande che ha fatto flop. I pazienti trattati con il 'sola' non sono migliorati in termini di declino cognitivo, rispetto ai pazienti trattati con placebo. La Lilly ha annunciato che non cercherà l'approvazione come trattamento per l'Alzheimer lieve. Il valore delle azioni di Lilly è caduto e le increspature si sono fatte sentire altrove; osservatori di mercato hanno alzato il rating di rischio per la Biogen, altra azienda che sta testando un farmaco anti-placca.


Se mai ci fosse stato bisogno di una ricerca di Alzheimer post-mortem, è ora. E, con il senno di poi, il fallimento del 'sola' comincia ad apparire prevedibile:

  • In primo luogo, il legame tra placche amiloidi e Alzheimer è di correlazione piuttosto che di causalità. Visto che i due sono visti insieme, è nato il presupposto che le placche causano la malattia, una cosa che non è mai stata definitivamente provata. Questo è il motivo per cui Peter Roberts, professore emerito di farmacologia dell'Università di Bristol, ha detto che non è affatto sorpreso del fallimento del 'sola'. In effetti aveva annunciato il suo scetticismo ben prima dell'inizio dell'esperimento più ampio.
  • In secondo luogo, la Lilly ha costruito le sue speranze - e progettato i suoi esperimenti - sulla base di promesse labili. Nelle prime prove, il farmaco è stato solo marginalmente efficace nel ritardare il declino cognitivo, e solo in un sottoinsieme limitato di pazienti. Le sue speranze di 'filare oro' farmaceutico da tali benefici inizialmente flebili sembrano ora costosamente fuori luogo. Un canale promettente, che si restringeva con ogni esperimento, ha dato luogo a una visione a tunnel.


Gli scienziati devono ora riconsiderare la loro conoscenza di base dell'Alzheimer. Così come le placche, i cervelli colpiti contengono anche grovigli di un'altra proteina, chiamata tau. Le placche sono state a lungo una stella-guida; forse i riflettori si accenderanno sulla districazione della tau. O c'è un altro fattore invisibile in agguato, che sta dietro sia alle placche che ai grovigli, mentre queste caratteristiche tangibili semplicemente emanano il profumo?


Resta il fatto, però, che l'Alzheimer è una vecchia malattia di cui abbiamo poche nuove idee. La stragrande maggioranza degli esperimenti sui farmaci di Alzheimer condotti negli ultimi dieci anni sono finiti in un fallimento. Una nuova classe di farmaci chiamati 'inibitori BACE' potrebbe dare qualche speranza; piuttosto che abbattere le placche, ne impediscono l'accumulo. Lilly e Astra Zeneca stanno collaborando su uno di loro, chiamato in codice AZD3293. Un altro inibitore della Lilly, però, è già stato abbandonato a causa della tossicità epatica.


Può sembrare un lusso vivere abbastanza a lungo da preoccuparsi della demenza, ma, poiché molti di quelli che abitano nei paesi a basso e medio reddito vivono sempre più a lungo, questo dubbio privilegio si diffonderà. Una malattia che ha sollevato appena un mormorio quando è stata segnalata la prima volta 110 anni fa dal Dr. Alzheimer è sul punto di diventare un'epidemia globale inarrestabile.

 

 

 


Fonte: Anjana Ahuja in Financial Times (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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